Nella chiesa cattolica e ora di smetterla di confondere l’omosessualità con la pedofilia
Testo tratto dal libro LGBTQ Catholics: A Guide to Inclusive Ministry di Yunuen Trujillo (Paulist Press, 2022), capitolo 2, pagine 12-14, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Un falsa idea molto diffusa è l’identificazione dell’omosessualità con la pedofilia. L’abuso sessuale dei minori è un crimine che va eradicato da tutti gli ambienti in cui è presente, in modo particolare nella Chiesa (cattolica), che è un luogo in cui le persone vulnerabili dovrebbero essere maggiormente protette.
La cattiva gestione, da parte della Chiesa (cattolica), dei casi di abuso sui minori ha creato un’ondata di ostilità che non favorisce l’annuncio del Vangelo e che continuerà a far allontanare molte persone dalla Chiesa. Va comunque detto che la pedofilia è un tratto presente in ogni gruppo etnico e in ogni orientamento sessuale.
Negli ultimi anni, nell’ambito dell’arcidiocesi (cattolica) di Los Angeles, ho condotto un corso in lingua spagnola sulla dottrina sociale della Chiesa, che fa parte di un programma di formazione rivolto ai giovani (Pastoral Juvenil). Ultimamente ho cominciato a parlare anche della questione degli abusi, proponendo la seguente attività: per prima cosa, chiedo ai partecipanti di chiudere gli occhi, poi chiedo di alzare la mano (mantenendo gli occhi chiusi) se sanno di qualcuno, all’interno del loro ambito famigliare allargato, che da bambino sia stato toccato in maniera inappropriata e/o abusato da un membro della famiglia.
Quasi ogni volta molte mani si alzano, di solito quasi la metà. Chiedo poi di tenere alzata la mano, sempre con gli occhi chiusi, se la persona abusatrice era eterosessuale: la maggior parte delle mani rimane alzata.
Anche se questo test è più empirico che scientifico, due cose sempre mi colpiscono. Per prima cosa, il problema della pedofilia non solo è più comune di quanto si pensi, ma è profondamente radicato in molte famiglie. Tuttavia, sembra siano più che altro le donne a esserne consapevoli, o disponibili a riconoscerlo e a parlarne, in quanto durante questa attività, la maggior parte delle mani alzate sono mani di donna.
Forse le loro madri le avevano messe in guardia contro uno specifico parente molestatore, o forse l’hanno scoperto da sole. Questo non vuol dire che i maschi non siano vittime dei molestatori: sembra più che altro che siano meno disposti a parlarne, il che non aiuta la consapevolezza degli altri maschi. In secondo luogo, i pedofili sono di tutti gli orientamenti sessuali, come del resto le loro vittime.
Qualsiasi vescovo o sacerdote abbastanza vicino alla sua comunità (che è il Corpo di Cristo) per ascoltare nel confessionale le dolorose storie di abusi da parte di parenti sa bene che questo è un problema ricorrente nell’ambito famigliare, e che una persona pedofila può avere qualsiasi orientamento sessuale.
Gli abusi nell’ambito della Chiesa hanno caratteristiche proprie, che li rendono diversi da quelli consumati in ambito famigliare, ma gli elementi base della pedofilia sono sempre gli stessi. Fin quando i sacerdoti pedofili e i sostenitori del clericalismo continueranno a dare la colpa ai sacerdoti gay, il problema non si risolverà mai.
Facciamo notare qui che la teologia cattolica riguardante l’omosessualità non considera peccaminoso l’orientamento omosessuale; nonostante questo, i sacerdoti gay che rispettano il celibato e la castità continuano a temere il giudizio della gente e sono spesso incapaci di difendersi, in quanto i nostri vescovi non parlano abbastanza dei doni divini di gay e lesbiche, o della nostra intrinseca dignità di figlie e figli di Dio, per non parlare dell’incapacità di distinguere tra orientamento omosessuale e pedofilia.
Abbiamo però la speranza di decostruire questo mito. Se vogliamo essere fedeli alla nostra missione di cattolici, dobbiamo smetterla di identificare gli orientamenti e le identità LGBTQ con la pedofilia, la quale non può avere nessun posto nella Chiesa.