Letture possibili. Non serve il sacrificio se non è mosso dall’Amore (Giov 1, 29-34)
Riflessioni di Massimo de Il ramo del Mandorlo, gruppo di cristiani LGBT+ di Roma
“Facendosi volontariamente agnello, Gesù scardina il meccanismo su cui si regge ogni società. Quello di produrre costantemente vittime“.
Dopo aver celebrato la rivelazione di Gesù al mondo nel Suo Battesimo, che è immersione nell’umano, il Vangelo di Giovanni 1, 29-34 restituisce la parola, nuovamente a Giovanni il Battista che ora è nella “schiera dei testimoni” a cui tutto il primo capitolo del Vangelo di Giovanni stesso è dedicato.
Come racconto di origine di una nuova creazione e di una nuova società, il primo capitolo del Vangelo di Giovanni restituisce la parola a tutti coloro che “credono perché hanno visto con i propri occhi“.
Grande atto di serietà, parlare perché si è visto, che in greco vuol dire anche contemplare, cioè trovarsi di fronte ad un mistero così grande da non avere parole all’altezza della situazione.
Cosa ha visto Giovanni da esserne rimasto così ammirato?
I Vangeli sono scritti a ritroso, a partire dalla risurrezione, evento che per il suo impatto, ha il potere di far riconsiderare alla chiesa nascente l’operato e l’azione di un “Uomo che si è reso ma non è stato reso agnello” da una società che non può “tenersi in piedi se non producendo vittime“.
Gesù, agnello di Dio, ha intaccato il sistema vittimario su cui ogni società e gruppo si fondano. Mica poco.
Nel sacrificio di Cristo, il cristianesimo avrebbe smantellato la prassi per cui ogni società si regge sul considerare qualcuno un nemico.
Cosa accadrebbe se non avessimo nemici? Può reggersi una società, una comunità, un gruppo, una coppia, una ecclesia se non avesse al suo interno qualcuno da considerare come nemico?
Cosa accadrebbe se fossimo in grado di fare fiducia anche a chi consapevolmente o meno ci sta facendo del male? Quale strumento la nostra umanità ci fornisce per convincere le persone di Amore?
Abbiamo una statura umana, umana tanto radicata in Cristo, a tal punto da non vedere come nemico chiunque la pensi diversamente da noi o anche solo chi più semplicemente sia portatore di un bisogno, di una necessità, di una unicità (non uso la parola diversità che ha un significato escludente) che fatichiamo ad includere perché abbiamo categorie troppo strette, legate unicamente al nostro vissuto?
Gesù ha incarnato questa libertà, che si assapora solo se si mollano i freni delle nostre difese e delle nostre convinzioni.
Questo è il salto, la metanoia, la conversione che ha vissuto Giovanni. Ha visto un uomo che di colpo gli ha fatto scoprire che tutto quello che lui aveva predicato e incarnato era poca cosa. Perché il sacrificio mosso da un’ideale non basta. Giovanni di fronte alla sublimità di Cristo scopre che non serve il sacrificio se non è mosso dall’Amore, e testimonia ciò che lo ha affascinato.
Vedere un uomo talmente libero da andare verso tutti, sapere dialogare con tutti, mangiare e stare alla presenza di tutti e per questa sua libertà essere messo a morte, perché si sa, qualsiasi gruppo sociale non può vivere se non sei dei nostri e di un Gesù che era di tutti, sadducei e romani, credenti e chiesa tutta forse non ha saputo allora e forse anche oggi sa che farsene.
Eppure Giovanni ha visto e testimonia, pur scambiando solo qualche parola con Gesù. Ma quelle poche parole sono sufficienti, perché si sa, l’unica e vera forma di evangelizzazione è e resterà sempre l’attrazione.