Mons. Philippe Bordeyne: «Nessuno può essere privato della benedizione»
Articolo pubblicato su Noi in Famiglia, n.334, supplemento domenicale del quotidiano Avvenire del 15 Gennaio 2023, pag.VII
«La benedizione non mira a riconoscere un particolare stile di vita, ma è piuttosto un modo di manifestare il bene che Dio vuole per l’umanità. A spiegarlo è monsignor Philippe Bordeyne, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II in un’intervista a La Croix.
«La benedizione – spiega tra l’altro – è una preghiera indirizzata a Dio, per lodare Dio, per chiedere a Dio aiuto e protezione. Riguarda le persone… Ma il suo compito non è quello di approvare una pratica. Benedire, invece, significa manifestare il bene che Dio “dice” delle persone, che Dio vuole per loro. Nel linguaggio quotidiano dire “è giusto” o “è sbagliato” significa giudicare. Ma nella Bibbia, quello che è buono viene prima di quello che è giusto».
E la questione delle unioni omosessuali? Certo, ammette il preside del “Giovanni Paolo “, talvolta la richiesta di una benedizione «può contenere una richiesta di riconoscimento rivolta alla comunità o all’istituzione.
In questo caso, assume la dimensione di un appello, una protesta, o addirittura di una rivendicazione. Si chiede a Dio quello che non si è riusciti a ottenere dalla Chiesa. Dietro la richiesta di una benedizione, c’è spesso la stessa sete di inclusione», ma va ribadito che «nessuno può essere privato della benedizione di Dio. Come ogni vera preghiera, la benedizione ci invita a riconoscere la nostra fragilità».