I disturbi della mascolinità all’interno della Chiesa cattolica
Articolo di Elsa Sabado pubblicato sul sito Alternatives Economiques (Francia) il 15 ottobre 2021, liberamente tradotto da Massimo de Il ramo del Mandorlo di Roma
Il sociologo Josselin Tricou mette in evidenza la crescente difficoltà dei preti ad accettare il discorso patriarcale, senza complessi, della Chiesa. Difficoltà che ha contributo a far perseverare un silenzio colpevole sulle aggressioni sessuali che si svolgevano al suo interno.
Il 5 ottobre 2021 la commissione indipendente per gli abusi sessuali nella Chiesa (CIASE) rendeva pubbliche le sue scioccanti conclusioni sui suoi due anni e mezzo di lavoro. Un numero di 216.000 minori abusati da membri del clero, giovani soprattutto, che spesso hanno parlato di ciò che essi avevano vissuto ma che si sono duramente scontrati con la negazione dell’accaduto da parte dell’istituzione ecclesiale.
Tra i ricercatori che hanno lavorato all’elaborazione di questi risultati, il sociologo Josselin Tricou che aveva pubblicato qualche giorno prima, la sua opera Des soutanes et des hommes, (libro presto tradotto in italiano), presso la stampa universitaria di Francia. Una tale concomitanza dovrebbe incitare a leggere questa densa e appassionante ricerca sulla mascolinità dei preti che, pur non trattando direttamente la questione degli abusi sessuali nella Chiesa, offre delle chiavi per capire, almeno in parte, l’accecamento e il silenzio colpevole custodito dalla Chiesa sul tema.
Josselin Tricou conosce bene l’argomento, è vero, avendo fatto parte in veste di “fratello novizio”, di un ordine religioso, prima di iniziare un dottorato nel 2013. Un periodo nel quale “Anche tra i cattolici aperti [1] si assisteva alla progressiva ascesa di un movimento anti-genere” ricorda l’ex religioso, diventato poi sociologo.
Sensibilizzato alle questioni di genere, in seguito al suo passaggio all’EHESS, Josselin Tricou nota che se i sacerdoti sono stati oggetto ricorrente di ricerca in storia e in sociologia, non lo è mai stata invece quella del loro genere, vittima di una “accecante evidenza”. Ed è proprio questo vuoto che lui si impegna a colmare, interrogando i preti stessi e osservando i luoghi di costruzione della loro mascolinità (comunità religiose e corsi di rieducazione) ma anche analizzando le rappresentazioni e i discorsi (film, blog) di cui essa è oggetto.
La Chiesa come tana
Attraverso il cinema, Tricou osserva così “come si passi negli Anni Sessanta da una rimessa in questione dell’assenza di sessualità nel prete e di un sospetto sulla sua praticata eterosessualità, alla rappresentazione di un prete effemminato, superficiale e stereotipato, negli Anni Ottanta.
Questo sospetto incide su un secondo movimento; quello del sovraccarico della rappresentazione crescente, della seconda metà del XX secolo, fino ad oggi, dell’omosessualità nei ranghi del clero”.
Questa sovra rappresentazione è legata innanzitutto alla funzione di tana, a cui il sacerdozio può servire per quegli uomini cattolici che non auspicano vivere una vita coniugale eterosessuale. Essa è inoltre legata al fatto che gli altri fattori di attrazione del ruolo di prete, come l’ascesa sociale o l’accesso a un certo prestigio, non sono più ad esso legati.
“La Chiesa stessa si è screditata, celebrando, a partire dagli anni 70, l’universalità della vocazione eterosessuale degli uomini e delle donne, mentre prima era lo statuto di prete ad essere considerato “lo stato di perfezione”.
Molti sacerdoti hanno allora lasciato la talare, scegliendo la vita coniugale. Senza contare coloro che hanno abbandonato invece, a causa del rifiuto radicale della Chiesa di riformarsi su dei temi molto sensibili come il celibato dei preti, il ruolo delle donne o la democratizzazione del suo funzionamento.”
Temi su cui rendere fragile l’affermazione del prete in quanto uomo, tanto più che si afferma l’ascesa delle donne nella società, dove ormai ciò “che è stigmatizzato non è più l’omosessualità ma l’omofobia” aggiunge Josselin Tricou.
La nuova possibilità di vivere la propria omosessualità in modo sereno nella società, minaccia la chiesa di “una crisi della tana” altrimenti detta fuga dei preti omosessuali, paradossale per un’istituzione che gli serviva di rifugio, in una società apertamente omofoba.
“La Chiesa si fa portavoce di una narrazione patriarcale decomplessata, incarnata da uomini complessati poiché non conformi alla norma della mascolinità che essi stessi veicolano” insiste Josselin Tricou “Ciò può portare le persone ad essere profondamente scisse tra il manifestare contro il matrimonio egualitario da un lato e poi provare attrazione o avere pratica omosessuale, dall’altro, ma dovendo allo stesso tempo essere in grado di dare prove di mascolinità per essere in grado di dissipare ogni sospetto che la società potrebbe avere su di loro”, prosegue, senza dimenticare di ricordare l’esistenza di una minoranza che predica in favore di una maggiore accettazione dei cattolici omosessuali, chierici o laici essi siano.
Reazioni machiste
Di fronte alla crisi della mascolinità dei suoi rappresentanti, come reagisce la Chiesa? Ciò dipende dalle fazioni che la compongono, risponde il ricercatore, che distingue tre tendenze nell’identità cattolica: I conservatori che aspirano a un ritorno alle società cristiane di un tempo, si impegnano per restaurare la dimensione gerarchica della Chiesa, restituendo un posto dominante ai chierici rispetto ai laici. Pur insistendo sulla loro sacralità e sulla loro esclusività, essi portano avanti una politica di visibilità virile, postando seminaristi che fanno sport su Eyes of Tiger o inserendo degli sfondi di Braveheart nelle loro clip promozionali “Essi amalgamano totalmente virilità e eterosessualità”, riassume Josselin Tricou.
Nelle comunità carismatiche dove si riconosce lo stesso valore ai preti e ai laici, si organizzano degli stages “di mascolinità”, in cui il prete di turno, tenendo conto della diversificazione dei candidati, martellando su una ideologia differenzialista “diventando specialista di mascolinità degli altri, il prete si rende indispensabile e rafforza la sua” specifica Tricou.
Infine, nel bastione cattolico borghese che è la diocesi di Versailles, si propone perfino l’immagine di un prete imprenditore, buon manager ma anche autorità politica a tendenza liberal-conservatrice. Il che rappresenta una vera trasgressione, poiché i preti dovevano sentirsi fino ad ora, lontani dalla vita economica e politica per farsi “da parte”.
E dal canto dei cattolici “dell’apertura”? “Più anziani e più intellettuali, essi si pongono queste domande, attraverso conferenze, troppo marginali per esistere di fronte all’ondata attivista dei cattolici identitari, sottolinea Josselin Tricou.
È così che la Chiesa si è lasciata scappare l’avvento della “democrazia sessuale” detta anche: “Entrata delle questioni di sesso e di sessualità nell’arena politica”, come spiega il ricercatore.
L’omertà sulle questioni sessuali e sugli abusi fatti alle donne e ai bambini costituisce il rovescio della medaglia dell’ossessione della Chiesa per la mascolinità che si esprime attraverso l’omofobia e la persistenza dell’esclusione delle donne dal sacerdozio.
“Il rapporto della CIASE mostra come la Chiesa, come tutte le altre istituzioni, fondate sulla predominanza maschile, autorizza gli uomini ad appropriarsi del corpo delle donne e dei bambini, ma questo eccesso è esacerbato dal funzionamento esplicitamente patriarcale dell’istituzione in cui il prete, padre e consacrato equivale al cercatore dionisiaco”.
Difendere l’istituzione
Un clero complessato insomma che doveva farsi portavoce di un discorso patriarcale decomplessato. Ecco chi contribuisce abbondantemente al silenzio della Chiesa rispetto alle violenze sessuali.
“Innanzitutto perché bisogna difendere l’istituzione in preda a una crisi d’immagine, spiega il sociologo. Inoltre, perché ogni atto sessuale di un prete è condannato senza appello dalla Chiesa. Allora perché denunciare un’aggressione sessuale più di una relazione consenziente con un adulto? L’amalgama fatto dalla Chiesa tra omosessualità e pedo-criminalità dissuade allo stesso modo la denuncia in veste di preti omosessuali, aggressori sessuali: i fulmini che non cadrebbero sui secondi, non mancherebbero, temono costoro di raggiungerli per i primi. Infine perché il posto “sacro” a parte, dei preti, il fatto che essi non siano considerati come portatori di un “genere” gli conferisce dei poteri che gli permettono di aggredire in tutta impunità, senza neanche suscitare il minimo sospetto nei fedeli.”
Una volta detto ciò bisogna anche contrastare le scorciatoie intellettuali che le aggressioni sessuali nella Chiesa non mancano di provocare; Il fatto che siano i ragazzi ad esserne più spesso vittime, all’interno della Chiesa, in proporzione ad altri contesti, non ha niente a che vedere con l’omosessualità dei preti. “E’ innanzitutto una questione di opportunità. I preti per molto tempo non hanno avuto occasione di trovarsi in presenza di ragazze o di donne. Per questo loro sono meno aggredite. Ma, man mano che le attività sono sempre più miste, vediamo la proporzione di aggressioni verso ragazzi e ragazze, equilibrarsi”.
Il celibato dei preti è inoltre una falsa chiave di interpretazione. I 10 milioni di single in Francia sono lontani dall’essere iper rappresentati come aggressori sessuali. “Il problema del celibato dei preti è il silenzio che ciò induce, dal momento in cui un prete si sente colto in fallo di fronte a questa condizione che fonda la legittimità del suo esercizio”, aggiunge ancora.
Nonostante il resoconto che l’autore traccia sia agghiacciante, Josselin Tricou vuole credere alle potenziali virtù di questo dossier dal titolo Sauvé (Salvato).
“I cattolici, grazie a questo resoconto sembrano finalmente uscire dall’infantilismo e dall’accecamento che essi intrattengono con la gerarchia ecclesiastica. Persino i credenti più conservatori si sentono autorizzati a chiedere conto e affermano di avere essi stessi voce in capitolo sulla governance della Chiesa”.
Senza neanche rendersi conto, sottolinea il ricercatore, i cattolici riprendono massicciamente le parole d’ordine dei preti di sinistra degli anni 70 : desacerdotalizzazione dei preti, (altrimenti detta abolizione del loro statuto straordinario e in particolar modo dell’obbligo del celibato), miglioramento dello statuto delle donne nella Chiesa, introduzione di una dose di democrazia… ma oscillano tra due logiche: quella della preservazione dell’istituzione e della castità sacerdotale che la sostiene e quella della sua rimessa in discussione, in quanto si rendono conto dell’aspetto sistemico del problema. Togliere la pietra angolare dell’edificio rischia di farlo crollare, spiega Josselin Tricou.
È anche ciò che spiega la tensione intorno al segreto confessionale che ha suscitato la polemica in seguito ai rapporti pubblicati dalla CIASE e davanti ai quali tutti hanno alzato le mani: “Andargli contro vorrebbe dire andare contro il potere divino del prete. Ora è unicamente su di esso che si mantiene tutta l’istituzione”.
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[1] I cattolici d’apertura (Cattolici di sinistra, JOC, CFDTistes, Testimonianza cristiana, Le settimane sociali) si oppongono, secondo una tipologia dello storico delle religioni Philippe Portier, ai cattolici identitari, tradizionalisti, conservatori o delle comunità carismatiche.
Testo: Côté recherche. Trouble dans la masculinité au sein de l’Eglise