Buddismo e omosessualità. Duecentocinquanta anni di tolleranza
Articolo di Tae Ri Sunim, monaco buddista, tratto da Il Mattino di Padova del 26 marzo 2006
Il Buddismo può essere considerato una religione ma, casomai, un modo di vivere, un sistema per il pieno sviluppo interiore dell'individuo. Ecco perché nel Buddismo non si può mai parlare di posizione unica riguardo a un soggetto, ugualmente condivisa da tutti, ma esistono piuttosto molteplici idee e atteggiamenti. Di certo l'argomento omosessualità, specialmente fra i buddisti occidentali, italiani inclusi, non rappresenta un problema centrale. Ma vediamo di saperne di più.
Da un po' di tempo è diventato sempre più evidente un certo atteggiamento discriminatorio delle religioni monoteiste nei riguardi degli omosessuali, specialmente dopo le ultime prese di posizione del Vaticano sulle ordinazioni sacerdotali e del seminario alla Lateranense contro la cultura gay e i Pacs.
Conseguentemente, vuoi per reazione, vuoi per delusione o altro, è aumentato il numero di coloro che, sentendosi direttamente attaccati o rifiutati dall'istituzione Chiesa, decidono di abbandonarla, talvolta, anche con un atto deciso quale quello dello sbattezzo.
Insieme a questo, purtroppo, si diffonde l'idea che tutte le religioni, indistintamente, abbiano lo stesso atteggiamento omofobico nei riguardi dei gay e delle lesbiche, o della tanto bistrattata cultura gay.
E', per questo, necessario fare ora un distinguo volendo smantellare tale pregiudizio basato solo sulla conoscenza superficiale, se non addirittura, sulla non-conoscenza di altre vie spirituali, quale, in particolare, il Buddismo.
Questo, anche se viene annoverato fra le religioni mondiali, non può essere considerato una religione nel senso stretto della parola, per la sua unica peculiarità di non porre al centro della dottrina una fede in un dio trascendente o in un suo intermediario.
Il Buddismo può essere considerato, casomai, un modo di vivere, un sistema per il pieno sviluppo interiore dell'individuo che include l'etica, la psicologia, la filosofia e pratiche di meditazioni. Il dogmatismo e le asserzioni assolutiste non trovano alcun terreno in tale sistema di sviluppo interiore.
Questa premessa ha lo scopo di mostrare come nel Buddismo non si possa mai parlare di posizione unica riguardo a un soggetto, ugualmente condivisa da tutti, ma esistono piuttosto molteplici idee e atteggiamenti.
Di certo l'argomento omosessualità, specialmente fra i buddisti occidentali, italiani inclusi, non rappresenta un soggetto problematico. Lo dimostra il fatto che, all'interno delle varie tradizioni buddiste, si sono costituiti gruppi di praticanti gay coesistenti armoniosamente con gli altri.
Attualmente esistono negli Usa vari gruppi di Zen gay, Tantra gay e lesbiche, ecc. Mentre in Italia, a parte la Soka Gakkai che ha già dei gruppi di praticanti gay, si stanno costituendo, almeno per ora solo su Internet, alcuni siti buddisti a tematica esclusivamente gay.
Il Buddismo, tollerante per natura, nei 2500 anni della sua lunga storia, non ha mai espresso anatemi di condanna verso gli omosessuali o i loro costumi.
Nei paesi di tradizione buddista, quali la Corea, il Giappone, la Thailandia, la Cambogia, Taiwan, Vietnam, Hong Kong, non esistono ancora oggi, leggi specifiche contro l'omosessualità. In Sri Lanka e in Myanmar invece, la legge contro gli atti omosessuali è stata introdotta durante il periodo coloniale inglese portata dai missionari cristiani.
In Cina, dove fino al 1740 l'omosessualità era stata tollerata, cominciarono le persecuzioni dopo l'introduzione della cultura occidentale. L'atteggiamento non discriminante del Buddismo verso i gay e le lesbiche è supportato dai testi antichi fra i quali spicca il Sutra della Rete di Brama, un testo Mahayana costituito da un codice morale di 58 precetti da essere osservato dai praticanti che lo hanno preso in voto. Il 40º precetto dice (discriminazione nel conferire i precetti): un discepolo del Budda non dovrebbe essere selettivo e parziale nel conferire i precetti del Bodhisattva.
Chiunque può ricevere i precetti: re, principi, funzionari, monaci, monache, laici, libertini, prostitute, asessuati, bisessuali, omosessuali, eunuchi, schiavi… In più, nel terzo dei 5 precetti osservati dai praticanti, si parla di condotta sessuale irresponsabile intendendo con questa il mero abuso sessuale, il forzare qualcuno ad avere rapporti sessuali o di avere comportamenti irrispettosi, come le molestie sul lavoro.
Il maestro birmano U Janaka, spiegando questo precetto mostra come anche una prostituta, senza bisogno di perdere il proprio "lavoro", possa osservarlo se le sue intenzioni sono rispettose dell'altro.
Da ciò, ne consegue che il Buddismo, o almeno la sua parte meno tradizionalista, sia molto ben disposto verso le istanze del mondo LGBT, rendendo possibile anche un'apertura serena alle proposte di legge dei Pacs.
Nel Buddismo è anche possibile celebrare riti matrimoniali a buddisti e non buddisti, a coppie etero e omo, dato che il matrimonio non è considerato un sacramento ma semplicemente una benedizione di lunga vita coniugale e di successo.
Il famoso maestro vietnamita Thich Nath Hanh, autore di numerosi libri tradotti in varie lingue e fondatore della comunità Plum Village in Francia, ha dedicato, in un libro di cerimonie buddiste, quella sul matrimonio anche alle coppie omosessuali. In Italia, alcuni centri presieduti da maestri occidentali ed orientali, hanno già celebrato matrimoni a coppie omo e altri si stanno organizzando per offrire tale servizio. Si è solo all'inizio…