L’omosessualità non è una scelta
Lettera con risposta di Philippe Brenot, psichiatra e terapeuta, pubblicata sul sito de Le monde (Francia), 8 aprile 2011, liberamente tradotta da Simone Ramacci
Buongiorno, mio padre era innamorato d’un uomo nella sua gioventù e s’è vietato qualsiasi relazione con lui per ragioni di morale e familiari.
S’è sposato e ora vive, mi sembra, assai felicemente con le donne. La preoccupazione viene dal fatto che su tre dei suoi figli due sono omosessuali (io lo sono). E mi permetterei di affermare che il terzo ha dei problemi con questo argomento.
Non credo che l’omosessualità sia ereditaria, né che dipenda dall’educazione. Tuttavia questo dato è preoccupante. Qual è la sua opinione a riguardo? Come sa l’omosessualità non è una scelta. Siamo così. Ma ci devono essere elementi per spiegarlo. In particolare l’esempio di mio padre.
L’omosessualità non è un problema mentale, ma il fatto che mio padre si sia vietato di vivere una storia che voleva non può aver avuto, indirettamente, una qualche influenza sui miei fratelli maggiori e me? Grazie della su risposta.
La risposta…
Solleva una questione molto importante di cui, tuttavia, non si parla mai, tanto è piena d’ideologia. Proverò a rispondere in alcuni punti.
Ha perfettamente ragione a dire che l’omosessualità non è una scelta, questo è un problema che turba, disturba, provoca… come quando, per esempio, una coppia si separa a causa dell’omosessualità dell’uomo o della donna: sono molti ancora ad accusare lui (o lei) di aver fatto una scelta. Ora, l’orientamento sessuale (l’attrazione che noi abbiamo per uno dei due sessi) non è una scelta, è una tendenza che scopriamo in contemporanea col nostro interesse per la sessualità.
Tuttavia, se per la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne il problema non sembra porsi (“Sono attirato da qualcuno dell’altro sesso”), per altri la tendenza si manifesta nel corso degli anni e degli incontri (“Per me è ovvio, sono attratto e sento un interesse di natura sessuale per qualcuno del mio stesso sesso”). (La correttezza scientifica e ideologica vorrebbe che si dicesse “del mio genere”, ma questo termine ancora non è capito bene da tutti.)
Quest’attrazione non è mai semplice da riconoscere o vivere perché è minoritaria: rappresenta meno del 5% della popolazione.
Non bisogna tuttavia dimenticare che in Francia, cinquant’anni fa, era vietata e persino condannata come “atti osceni”, e che è ancora punita con la prigione o la fustigazione in un centinaio di paesi, e con la morte in altri otto! La maggior parte delle culture disapprova l’omosessualità (per lo più quella maschile) per la natura sterile dell’unione fra due uomini.
In tali ambienti, riconoscere la propria omosessualità equivale a riconoscere la propria distanza dalla società circostante, l’equivalente di una specie di vita vissuta nell’anormalità. Come molti terapeuti, mi sono trovato ad aiutare uomini e donne omosessuali a vivere felicemente il loro orientamento sessuale senza per questo disprezzarsi o sentirsi colpevoli. L’evoluzione di una società che maggiormente accetta l’omosessualità ha di sicuro aiutato molto.
NATURA? CULTURA? PERVERSIONE?
Nonostante questo, Guillaume, ha ragione a farsi delle domande sulla “natura” dell’omosessualità e su cosa possa determinarla, perché nascono molti interrogativi. È vero che la teoria dominante nel settore, la psicanalisi, fa dell’omosessualità una perversione, cosa che la maggior parte degli omosessuali non accetta perché non si considerano malati.
Inoltre le classificazioni internazionali di medicina e psichiatria (DSM e ICD) hanno rimosso l’omosessualità dalle patologie. Una regola vige ancora nelle associazioni degli psicanalisti: di non accettare, generalmente, analisti omosessuali poiché si potrebbero considerare come “devianti” dalla “normalità”. Inoltre è un dibattito che non si può sostenere, perché per certi analisti questo metterebbe in discussione dei principi fondamentali, come la definizione di perversione.
Se la psicoanalisi s’è un poco evoluta in questo senso, non ha tuttavia chiarito sufficientemente la sua posizione, avendo accettato la tendenza omosessuale come normale, ma non il praticarla. Ma l’omosessualità non è una condotta. Fortunatamente esistono molti analisti meno legati all’ideologia, di pensieri più aperti.
L’OMOSESSUALITÀ È NORMALE
L’omosessualità è una variante normale dell’orientamento sessuale umano, si trova in tutte le culture, che l’accettano più o meno a seconda delle epoche. La sua origine è, al contrario, complessa e dev’essere considerata senza a priori. Lei pone anche questo problema: “Non credo che l’omosessualità sia ereditaria, né che dipenda dall’educazione”. Bisogna dunque scegliere una di queste due correnti, ma non in maniera assoluta come si fa di solito. Si pone quindi la questione se l’omosessualità sia naturale o no, ereditaria o no, educativa o no.
Ci sono infatti degli argomenti a favore di un’origine parzialmente biologica dell’omosessualità, possibili fattori di costituzione insieme a influssi ormonali durante la gravidanza della madre, ovvero della anomalie dello sviluppo neurologico; ma ci sono anche studi su gemelli omozigoti e fratelli omosessuali che sfidano le leggi statistiche e ci pongono delle domande.
Tuttavia non si può dire che esista un fattore biologico costituzionale per l’omosessualità – non vi è un’ereditarietà propriamente detta per l’omosessualità –, ma forse dei cofattori e, in seguito, anche una tendenza acquisita durante lo sviluppo possono giocare un qualche ruolo.
In natura, del resto, non esiste una vera omosessualità come la intendiamo negli uomini (malgrado numerosi documentari, spesso manipolati, mostrino un’omosessualità animale, che dovremmo piuttosto chiamare omo-erotismo, e che assomiglia all’omosessualità situazionale come, per esempio, gli individui, uomini o donne, che nelle carceri hanno rapporti con partner dello stesso sesso senza dirsi, né vivere come omosessuali).
La maggior parte degli altri argomenti sono di natura psicologica ed educativa. Nel caso di una famiglia con più figli omosessuali si può parlare della realizzazione inconscia di un desiderio del genitore, per esempio del padre omosessuale, dovuta alla volontà di identificarsi con esso. Nel caso di cui lei parla tutto dipende, però, dalle affermazioni di un padre di cui non conosciamo veramente l’orientamento sessuale.
Delle esperienze con coetanei dello stesso sesso e dell’omo-erotismo possono essere stati vissuti nell’adolescenza, senza indicare però un orientamento omosessuale. Il nostro ambiente educativo è fatto di eventi che ci segnano e formano, che ci attraggono o che respingiamo. Nella sua famiglia accade che due dei figli siano omosessuali, lei non parla tuttavia di sua madre, nonostante spesso la madre abbia un ruolo determinante nell’attrazione sessuale, soprattutto per quanto riguarda l’omosessualità maschile. Le donne che ricordano troppo la madre (se questa è un oggetto proibito) non possono essere considerate per dei rapporti intimi.
* PHILIPPE BRENOT è psichiatra e terapeuta di coppia, direttore dei corsi di sessuologia e sessualità umana all’università Paris-Descartes.
Testo originale: L’homosexualité n’est pas un choix