Il sesso e il peccato nella chiesa cattolica secondo il cardinale McElroy: “non giudicare” ma ascoltate
Intervista al cardinale Robert McElroy* a cura del podcast Jesuitical**, pubblicata sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 3 febbraio 2023, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro, parte seconda
Zac Davis: Penso che per molti sia una boccata d’aria fresca sentire un cardinale parlare così, ma per altri può essere un grosso scoglio, uno shock, perché, e qui cerco di entrare nella loro testa, penseranno “Ma, aspetta, ho vissuto la mia vita credendo che fosse tutto vero, e con grandi sforzi e sacrifici, e ora, tutt’a un tratto, mi vengono a togliere il tappeto da sotto i piedi”. Cosa vuole dire a chi pensa che i concetti di inclusione e accoglienza minino alla base ciò in cui crediamo o abbiamo creduto in quanto cattolici?
Monsignor Robert McElroy: Diamo uno sguardo alla sessualità, per esempio, che è pietra d’inciampo per molti, e dove auspico un cambiamento a livello di teologia pastorale. Non è che dobbiamo smettere di lottare contro il peccato, in tutte le sue forme, nella nostra vita sessuale, che è e rimane un’area in cui peccare è facile. Quello che voglio dire è che, nella vita morale cristiana, i peccati sessuali non sono sempre mortali. Un peccato mortale, secondo la dottrina cattolica, è un peccato così grave da essere oggettivamente capace di troncare la nostra relazione con Dio. È qualcosa di molto pesante, e quello che voglio dire è che non è adatto a descrivere la sessualità.
Questo però non sminuisce la vocazione alla castità di ciascuno di noi, ognuno nella propria condizione di vita, e in particolare non ci esime dal vivere quella che penso sia l’affermazione centrale della fede cattolica: la sessualità è qualcosa di profondo, da non prendere alla leggera. Qui davvero la nostra Chiesa va contro la società. La nostra società non crede questo.
Penso invece che la nostra dottrina in materia di sessualità sia innervata da questo principio base: [il sesso] è qualcosa di profondo, da non prendere alla leggera, ed è qualcosa che ci tocca molto profondamente, dal punto di vista personale, spirituale, morale ed emotivo.
Tutto questo non lo contesto, dico solo di non prendere questo unico ambito della vita umana e dire che è sempre peccato mortale, perché non penso sia coerente con il meglio della nostra teologia morale.
Ashley McKinless: Sta descrivendo un approccio molto pastorale, e uno degli appunti più frequenti che si fanno all’approccio consistente nell’incontrare le persone lì dove sono e nell’accoglierle, è che l’atto più amorevole che si possa fare nei riguardi di qualcuno è presentargli la verità. Come risponde a questo ragionamento?
Monsignor Robert McElroy: Citerò san Giovanni Paolo II, un suo insegnamento molto importante contenuto nella Familiaris consortio. Il principio della gradualità è al centro della vita morale di ciascuno. Lo si riscontra in Gesù. Quando Gesù incontrava qualcuno, non gli diceva “Vuoi seguirmi? Allora devi essere perfetto”. Se avesse detto così, i discepoli non sarebbero durati nemmeno una settimana. [Gesù] ci afferra lì dove siamo e ci invita ad avanzare. Non dice “Vivi la tua vita come vuoi, e non importa se è in contraddizione con il mio Vangelo”. Ma non dice nemmeno “Devi assolutamente arrivare alla perfezione”. Non funziona così.
Francesco dice che, dato che la grazia si fonda sulla natura, la grazia di Dio agisce progressivamente nella nostra vita. Sant’Agostino ha questa bella intuizione. I suoi anni giovanili furono in totale contraddizione con il Vangelo, poi si convertì, e divenne molto vicino alla Chiesa.
Le sue Confessioni sono un’opera molto importante perché, per la prima volta nella letteratura occidentale, non dicono “Dopo la mia conversione sono stato sempre buono e perfetto”. In tutta l’opera troviamo scritto “Sono in cammino per avvicinarmi a Dio, ed è un cammino che non finirà mai”. Perfino alla fine della sua vita Agostino dice “Non ho ancora finito. Dio non ha ancora completato la sua opera in me”.
Penso che così dobbiamo considerare la vita morale cristiana. Questo vorrei dire a chi si chiede “Questo significa abbandonare la vocazione cristiana?”; ho visto molte persone chiederselo, aggiungendo “Gesù ha detto all’adultera di non peccare più”. Questo è vero, ma secondo me spesso questa parabola non viene compresa veramente; qui Gesù dice prima di tutto di non sputare giudizi su questa donna.
Secondo me, il vizio di giudicare è il peccato peggiore che possa esserci in una vita cristiana; ecco perché Gesù ne parla tanto spesso. Quando si leggono i Vangeli, si nota che dice spesso di non giudicare, perché lo facciamo tutti, è molto facile cascarci. E fa molto male agli altri. Perciò, la parabola della donna adultera vuole dirci questo: non sputate giudizi. Gesù non è certo stato duro verso la donna colta in flagrante adulterio, anzi, è stato generoso con lei. Ecco tutto. Ora Gesù dice “Sì, vivi la vita cristiana”, ma con gradualità, che penso sia il cuore del metodo di Cristo.
* Il cardinale Robert W. McElroy, nominato nel 2010 vescovo ausiliario di San Francisco, nel marzo 2015 è diventato vescovo di San Diego.
** Jesuitical è un podcast creato dai redattori laici più giovani del settimanale America, curato da Ashley McKinless e Zac Davis. Cercatelo su Twitter: @jesuiticalshow
Testo originale: Cardinal McElroy: Sex and sin need a new framework in the church