«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» (Mc 3:20-26, 31-35
Restituzione* a cura di Mariella Colosimo dell’incontro di riflessione biblica del gruppo PAROLA… E PAROLE** di Roma del 2 febbraio 2018
La nostra carovana riparte in un clima di ascolto delle parole reciproche, stimolate dalla Parola della scrittura. Leggiamo il brano del vangelo di Marco 3:20-26,31-35. Il pregiudizio di conoscenza può essere affrontato grazie all’aiuto di una figlia capace di dare forma alla tempesta delle emozioni, scrivendo la propria autobiografia emotiva.
È difficile dare visibilità e concretezza a un percorso di formazione sulla piena inclusione e partecipazione delle persone omosessuali nella vita della chiesa, anche quando è l’istituzione stessa a dare il mandato per una pastorale inclusiva. Il mandato si può dare, certo, ma la prudenza spinge poi a ritirare quella mano che si era offerta, almeno per il momento.
Una madre si riconosce profondamente nella figura di Maria che emerge dal racconto di Marco, una compagna di vita che, senza l’aiuto di nessun angelo, al colmo della preoccupazione, arriva a considerare folle il proprio figlio, che con i suoi comportamenti ha stravolto la serenità e minato l’onorabilità della sua famiglia d’origine. La fatica ad accogliere la diversità è legata alla paura per una figlia che potrebbe essere destinata a vivere in un contesto culturale ostile. Paura assai vicina a quella di Maria di fronte alle “follie” del figlio.
La solitudine di Gesù, incompreso perfino dai discepoli da lui scelti, genera una paura totale nella madre, che vuole solo proteggere questo suo figlio anche da se stesso. L’entrata di Gesù in una casa, di cui parla il vangelo di Marco, evoca il pensiero della famiglia dove si vivono le relazioni più intime, ma anche a volte più difficili.
Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?
Famiglia biologica, famiglia di elezione: come vivere serenamente questa costellazione familiare così ricca, ma anche così complessa?
Sarà una follia far convivere questi pezzi dentro di sé, ma è l’unica strada percorribile, anche se faticosa e dolorosa.
È il legame di cura che crea davvero una famiglia degna di questo nome, non certo i vincoli di sangue. Senza questo legame, le relazioni sono destinate a rimanere fragili e deboli. Come mai Gesù sembra non dare valore sufficiente a questo legame di cura, che sicuramente esisteva anche nella sua famiglia?
Eppure la risposta di Gesù è liberante e liberatoria. “Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”. È uno il progetto di vita e di amore di Gesù, al di là di ogni etichetta o pregiudizio, un progetto uguale per tutti senza alcuna discriminazione.
Certo, è facile cadere nei retaggi culturali che ci hanno trasmesso per una vita, ma la fede nel messaggio di Gesù aiuta a risalire la china.
Quando la rigidità giudicante e ostile alla diversità attraversa il proprio mondo familiare, il dolore diventa ancora più acuto e insopportabile.
Se la propria famiglia d’origine non fa uno sforzo per capire ed accogliere la diversità del proprio figlio, può succedere anche di sentirsi costretti a “scegliere amaramente” di auto-bandirsi per non disonorare la propria famiglia, prendendo su di sé il carico di una solitudine devastante.
Se Gesù, con la sua testimonianza e le sue parole, ci spinge a relativizzare i vincoli di sangue, rimane comunque molto difficile farlo, e solo in alcune circostanze è possibile rimanere se stessi.
La negazione del proprio orientamento sessuale sembrerebbe essere il destino degli omosessuali, un destino di solitudine che solo la lotta quotidiana può spezzare.
Per chi appartiene ad una minoranza è particolarmente liberatorio attraversare l’emozione della rabbia, ma lo è anche il passaggio verso l’assertività, l’autoaffermazione, indispensabili per recuperare un forte senso di sé e della propria dignità.
Constatare che c’è chi cambia e chi non cambia non frena l’amore di un figlio per i propri genitori che non cambiano. Accettare la libertà di un genitore, che potrebbe anche prendere una “craniata”, è rasserenante, anche se nemmeno gli amici riescono a comprendere fino in fondo questa capacità di accettazione. Essere consapevoli della sofferenza di chi non cambia, rimanendo chiuso nella rigidità del suo dolore, dei suoi schemi, è un grande atto d’amore.
Può sembrare paradossale, ma è anche un grande atto di amore verso la Chiesa denunciare il peccato commesso nel corso dei secoli dalla Chiesa stessa, nel creare carichi di sofferenza infinita nei confronti degli omosessuali. Solo questa denuncia può avviare quel processo di autentica conversione a cui ci deve spingere il messaggio evangelico.
Di fronte alla bisessualità della propria figlia, scoperta da poco, il disorientamento di una madre è massimo, anche se è altrettanto forte lo sforzo di esserle accanto. perfino con un sorriso e un po’ di ironia, ed è proprio il papà che inaspettatamente aiuta in questa direzione.
E c’è chi esprime un forte senso di gratitudine per la propria famiglia d’origine, luogo di relazioni d’amore significative, aperte e liberatorie. La ricerca della volontà di Dio è alleggerita dalla condivisione con altri fratelli accomunati nella medesima ricerca.
È un caso o una scelta inconsapevole ritrovarsi da non credente in un gruppo di credenti? Comunque un’occasione per ritornare alla scrittura ascoltata nell’infanzia attraverso la voce e le parole di una nonna testimone di Geova.
Un dubbio si affaccia leggendo il Vangelo: solo chi fa la volontà di Dio può essere considerato fratello? E gli altri? Leggere e capire la Bibbia secondo la propria coscienza è possibile? Si può fare a meno dell’analisi del contesto storico e dell’interpretazione storico-critica per comprendere a fondo il messaggio di Gesù e attualizzarlo, rendendolo concreto e vivo nella nostra vita e nella nostra società?
Parola e parole. Quali parole hanno avuto particolare risonanza stasera? Quali ci portiamo via?
Libertà di cuore e cura. Solitudine di Gesù, ma solitudine feconda, che aprirà nuove strade e che apre comunque ad un sogno d’amore, alla vita che nasce e che cresce.
La volontà di Dio che è amore. Ogni forma di amore, dunque, è nel progetto di Dio.
Anche uno sguardo può essere espressivo come una parola, anche uno sguardo può essere portato via e conservato nel cuore.
Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».
Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito.
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
Marco 3:20-26,31-35
* La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
**** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio. Coloro che sono interessati, possono contattarci a questi recapiti: Dea Santonico 338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com