Genitori gay. Mucchi di carte per provare che esistiamo
Articolo del 20 febbraio 2013 di Delia Vaccarello pubblicato su l’Unità
Si può vivere ammonticchiando carte su carte per dimostrare che abbiamo allevato nostro figlio? È il percorso delle tante famiglie omogenitoriali italiane che aspettano come una vera liberazione una sentenza come quella emessa ieri dalla Corte di Strasburgo.
Da ieri una coppia di donne austriache può guardare al futuro con serenità, visto che la partner della madre biologica può finalmente adottare il figlio cresciuto da entrambe ed essere considerata non più un’estranea. Ma come vive in Italia una coppia lesbica con un figlio?
Per provare a tutelarsi in assenza di leggi ecco un grappolo di accorgimenti. La «co-madre» quando è da sola porta sempre con sé una autorizzazione firmata dalla mamma biologica che è pronta a esibire nei casi più semplici come in quelli più complicati: se il figlio deve essere ricoverato in ospedale oppure se a scuola viene chiesto il permesso di farlo uscire un’ora prima.
Nel caso di premorte della mamma biologica il figlio viene considerato adottabile, perdendo entrambe le genitrici in un colpo solo. Unico modo per tentare di contrastare questa disgrazia è nominare la partner come tutrice in un documento depositato dal notaio, sperando che il giudice ne possa tenere conto.
E in caso di separazione cosa succede? C’è un accordo che viene firmato dalle mamme e dai loro genitori che stabilisce come ci si comporta se la coppia si divide: chi mantiene chi, la casa a chi spetta, il diritto della «co-madre» di vedere il figlio, ecc. ecc. Ancora, per l’iscrizione al nido si fa la dichiarazione «Isee».
Secondo la legge italiana il figlio di una coppia di donne lesbiche è in realtà figlio di una ragazza madre. Ma le mamme non ci stanno: presentano entrambe le dichiarazioni dei redditi, pagano di più e dimostrano che il loro è un nucleo che vive sotto lo stesso tetto.
Senza contare lo stress per i bambini e per le mamme nel sentire di continuo la domanda «scusi ma lei chi è?» pronunciata nei confronti della genitrice che non è biologica. Una diminuizione martellante. Al pronto soccorso, ad esempio, quando una delle due viene invitata a restare fuori perché con il bambino «entra solo la madre» e bisogna spiegare che «noi siamo due madri!»
La sentenza della Corte di Strasburgo non riguarda direttamente l’Italia perché da noi né etero né omosessuali possono adottare in assenza di matrimonio, ma costituisce un precedente. La Corte stabilisce un principio fondamentale: non si può discriminare sulla base dell’orientamento sessuale del partner.
Il governo austriaco non è riuscito a dimostrare che la differenza di trattamento riservata a una coppia lesbica serve a proteggere gli interessi dei figli.
In Italia ci sono quasi centomila figli di coppie omogenitoriali, una realtà che proprio nell’interesse dei minori chiede un intervento più solido del continuo slalom tra autorizzazioni, testamenti e documenti notarili di cui sono esperte ormai molte coppie omosessuali.