Per vedere di nuovo bisogna passare per la cecità?
Restituzione* a cura di Mariella Colosimo dell’incontro di riflessione biblica del gruppo PAROLA… E PAROLE** di Roma del 18 dicembre 2018
L’incontro inizia con la lettura del vangelo di Marco 10:46-52. Bartimèo è cieco, vive di elemosina, ai margini della città, ma quel giorno, al passaggio di Gesù, osa abbattere la barriera che molti volevano fosse frapposta tra lui e Gesù per impedirne l’incontro.
Le sue grida sono più forti dei loro tentativi di allontanamento, e raggiungono il Maestro; lui lo chiama e Bartimèo getta il mantello, forse l’unico bene che ha, per fare un salto nel vuoto e correre al buio verso una voce, quella di Gesù. In questo periodo che precede il Natale la rinascita di Bartimèo la percepiamo come l’invito ad una vita nuova.
Bartimèo non è cieco dalla nascita, è diventato cieco, e da quel momento è stato messo da parte. Attraverso la vista vuole tornare ad essere visibile e accettato.
Quella visibilità e accettazione che manca in famiglia da quando, gettando il mantello e uscendo allo scoperto, una di noi inizia un rapporto con una compagna. Prima brava moglie, brava mamma, figlia… poi, tutto perso. O forse no, se è proprio attraverso questa relazione che sente di sperimentare un Dio che non giudica, ma accoglie.
Ma non è forse proprio la cecità che permette a Bartimèo di vedere e riconoscere Gesù? Forse per vedere di nuovo bisogna passare per la cecità, attraversare il proprio limite.
Le grida di Bartimèo mi fanno pensare alle grida che ho sentito al Gay Pride: sono le grida di chi vuole essere visto. E penso al diritto di ognuno/a alla propria identità, ad essere se stesso/a, ad essere visto/a per come è. Fin da piccola l’immagine di Gesù che mi ha sempre accompagnata è stata quella del buon pastore: questo mi ha aiutata ad accettare l’omosessualità di mia figlia.
L’immagine che ho dentro è quella di un Dio che ci ama come siamo. Come potrebbe quel Dio non accettare mia figlia? Vedendola insieme con la sua compagna esprimersi tenerezze, senza nessuna paura di mostrarlo, se da un lato mi fa felice, dall’altro mi spaventa, se penso che le può mettere a rischio. D’altra parte, è proprio uscendo allo scoperto che gli altri possono capire, la conoscenza diretta è essenziale perché ci sia un cambiamento nella percezione delle persone.
Un padre ripercorre attraverso il racconto di Bartimèo il passaggio dal buio alla luce che ha seguito il coming out di suo figlio. Alla grande vicinanza, che c’è sempre stata sul piano affettivo, si affiancava la percezione di un’incrinatura nella sua vita, fortunata fino a quel momento: con il coming out del figlio, qualcosa si era rotto. La ricerca di aiuto, la consapevolezza di dover mettersi in discussione, un po’ di tempo… ed ora quasi non ci crede, la trasformazione che l’ha portato a vivere serenamente il rapporto del figlio con un compagno gli sembra un miracolo. Forse non sa bene come e cosa sia successo, ma sente che l’incrinatura si è ricomposta.
Quella domanda di Gesù: “Che vuoi che io ti faccia?” porta una di noi a riflettere sulla preghiera, lei che ha sempre concepito la preghiera come ringraziamento e non come richiesta al Signore.
C’è chi invece vorrebbe chiedere pace e un cuore dove c’è spazio per tutto, dove tutto si ricompone, perché se l’amore si divide, si moltiplica, non si perde. E vorrebbe chiedere di vedere una strada, seppur nella precarietà, perché è proprio con il Natale, nei giorni di festa, che il rifiuto si fa sentire più forte. Perdere il mantello delle nostre certezze significa vivere senza strutture.
“La tua fede ti ha salvato.” Bartimèo ha fiducia in Gesù, ed è quella fiducia a salvarlo. Riacquista la vista, vede di nuovo, ma non come vedeva prima, non è tornato l’uomo che era prima di perdere la vista, ora è un uomo nuovo, capace di vedere quella luce interiore che lo spinge a mettersi alla sequela di Gesù.
Quel mantello gettato via ci fa pensare che per seguire Gesù bisogna lasciare qualcosa di importante: è il mantello per Bartimèo, le reti per i pescatori che accettano l’invito di Gesù a seguirlo, e ci chiediamo quali siano le sicurezze che non siamo pronti a lasciare, che ci trattengono dal metterci sulla strada tracciata da Gesù.
Marco 10:46-52
E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
* La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio. Coloro che sono interessati, possono contattarci a questi recapiti: Alessandra Bialetti 346 221 4143 – alessandra.bialetti@gmail.com; Dea Santonico 338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com