Cosa sono questi discorsi che state facendo? (Luca 24:13-35)
Restituzione* a cura di Mariella Colosimo dell’incontro di riflessione biblica del gruppo PAROLA… E PAROLE** di Roma del 14 maggio 2019
Il brano di Luca che abbiamo letto (24:13-35) ha due facce: quella che racconta la Pasqua, la festa della resurrezione, e quella che esprime la delusione, l’amarezza dei due discepoli: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”. Sono smarriti, si trovano a fare i conti con le loro aspettative deluse: Gesù sembra morto per sempre, e la loro vita sembra aver perso senso. Gesù li affianca nel loro cammino, ma i due non lo riconoscono. Solo quando spezza il pane lo riconoscono. In quel gesto che raccoglie in sé tutta la vita di Gesù, spesa e condivisa con le persone che ha incontrato nel suo cammino sulle strade della Palestina.
Ci chiediamo: ma se quei due discepoli hanno riconosciuto Gesù dal gesto di spezzare il pane, vuol dire che c’erano anche loro nell’ultima cena? E se c’erano anche loro, e non solo i dodici, allora perché non possiamo pensare che ci fossero anche le donne, che avranno peraltro molto probabilmente preparato quella cena? E se le donne non c’erano, riusciamo ad immaginarci che Gesù abbia voluto intenzionalmente escluderle, per fare “una cosa per soli uomini”? Lui che le ha volute come prime testimoni della sua resurrezione?
Nella vicenda di Gesù i due discepoli vivono il fallimento, il Dio del fallimento, il Dio dell’impotenza, che non ha niente a che vedere con l’immagine del Dio canonico, che un tempo mi faceva stare tranquilla e sicura. È nella caduta che ho davvero sperimentato l’incontro con Gesù, nella storia con lei, che per tanto tempo mi ha fatto sentire sbagliata, fuori dalle regole. Era l’immagine del Gesù giudice, che mi avevano trasmesso, a spaventarmi. Con quell’immagine il Gesù evangelico è stato tradito. È invece proprio quel Gesù del fallimento e dell’impotenza a farmi sentire accolta. Per avvicinarmi veramente a Gesù è stato necessario uscire da una scatola chiusa ed opprimente per incontrare le relazioni con gli altri e spezzare il pane della condivisione. Spezzare il pane… quanta forza ritrovo, dentro di me, con quel gesto!
Il Dio onnipotente è morto sulla croce di Gesù; anche lui, come Gesù, sconfitto su quella croce. E se Gesù è uscito dalla storia sconfitto, abbandonato anche dai suoi amici, la sua resurrezione non è certo trionfante, non ha il sapore di una rivincita. Intanto, nessuno lo riconosce nell’immediato. Né dal suo aspetto, dalle sue sembianze, né dalla sua voce o dal modo di camminare. Lo riconoscono da altro: dai segni che la croce ha lasciato impressi anche sul suo corpo di risorto, come Tommaso, dal modo in cui si rivolge a Maria, che sentendosi chiamata per nome ritrova il suo rapporto con Gesù e lo riconosce, e infine, come è successo ai discepoli di Emmaus, da quel segno, a lui così caro, dello spezzare il pane. Una resurrezione testimoniata da testimoni non credibili agli occhi della società di quel tempo, uomini che contavano poco e donne che non potevano neanche testimoniare in tribunale!
L’espressione inglese “to fall in love”, cadere in amore, evoca la caduta a cui l’amore può portare. Anche Dio forse ha sperimentato quella caduta nel suo rapporto di amore con noi. Si è giocato la sua onnipotenza, le sue mani sono rimaste vuote e non gli rimane che tenderle, come fa un mendicante, per chiedere amore.
La fatica del cammino evoca il cammino di Santiago di Compostela, che spinge inesorabilmente al silenzio. Quello che conta è come si cammina, come si affronta il cammino della vita, e ogni cammino è fatto di battute di arresto, di riprese e di nuovi arresti. Quanto è difficile e faticoso un cammino come il mio, fuori dagli schemi! Quali e quante insicurezze ho creato ai miei figli! Le feste senza la famiglia riunita, il Natale, le vacanze…
E la parola passa ad un figlio, che ha vissuto il lungo e doloroso cammino di figlio di genitori separati, che lo hanno fatto sentire in colpa per non essere riuscito a prendere posizione.
“Due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus”: il testo sembra sottolineare il bisogno di essere in due per condividere lo scoraggiamento, ed anche la stessa incapacità di riconoscere Gesù. E l’incontro con Gesù avviene in un gesto semplice, umano, di condivisione e attraverso la relazione, come può essere un incontro speciale di due esseri umani che si amano, incontro in cui ognuno si fa strumento della tenerezza di Dio per l’altro.
È attraverso la relazione, l’incontro con le persone, che si incontra Dio, cercandolo nelle cose che capitano nella quotidianità. Ed è la strada il luogo privilegiato dell’incontro con Dio.
Uno stato d’animo fa capolino, quello della nostalgia di quel periodo della vita, l’infanzia, con le sue certezze. Poi sono arrivate le sere della vita, che portano con sé buio, paure, delusioni, rimpianti…
L’inciampo: una risorsa? All’inizio, altro che risorsa! L’inciampo suscita disorientamento, inquietudine, rabbia.
Ma con il tempo qualcosa di straordinario è accaduto: riuscire a sentire un amore che ci circonda, come la tenerezza profonda che si avverte nella storia di amore della propria figlia e della sua compagna. Proprio la testimonianza di questo amore omosessuale ha consentito un’autentica apertura di orizzonti verso ogni forma di diversità. E finalmente, l’inciampo si è trasformato in una risorsa, la risorsa di sentire dentro di sé lo scaldino dell’amore di Dio, che niente e nessuno potrà mai togliere dal cammino della vita.
Luca 24:13-35
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso.
Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
* La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio. Coloro che sono interessati, possono contattarci a questi recapiti: Alessandra Bialetti 346 221 4143 – alessandra.bialetti@gmail.com; Dea Santonico 338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com