Per le persone transgender il giorno in cui saranno accolti nella chiesa non arriva mai
Articolo* di David Palmieri** pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 1 aprile 2023, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La Conferenza Episcopale Statunitense ha pubblicato una “Nota dottrinale sui limiti morali della manipolazione tecnologica del corpo umano”, una serie di linee guida sulle terapie da somministrare alle persone transgender, destinate agli ospedali e alle cliniche cattoliche.
Come aveva fatto la legione di documenti diocesani che l’hanno preceduto, anche questo documento cerca di “stabilire dei criteri che rispettino l’ordine del creato inscritto nella nostra natura umana” (paragrafo 1), ma da questa strategia è assolutamente assente qualsiasi tenerezza pastorale.
I documenti ecclesiastici come questo sono divenuti una litania di No, chilometri di filo spinato che proteggono le trincee dell’ordine e della disciplina della Chiesa. Per esempio, invece di ascoltare le necessità delle persone transgender, la nota dottrinale proibisce ai servizi sanitari cattolici “ogni intervento tecnologico non in accordo con l’ordine fondamentale della persona umana in quanto unità di corpo e di anima” (paragrafo 20). Questa regola promuoverà “l’autentico bene” della persona umana (paragrafo 22), ma questo è un giudizio che cala dall’alto, non l’invito alla prossimità incarnato da Gesù.
In un altro punto leggiamo “Per quanto riguarda chi si identifica come persona transgender o non binaria, esiste tutta una serie di problematiche pastorali che vanno affrontate, ma non possiamo farlo in questa sede” (nota 34); infatti, tali problematiche non vengono quasi mai affrontate dai vertici della Chiesa. Per quanto ancora dovremo attendere una risposta pastorale?
Un motto molto popolare tra chi si oppone alle persone LGBTQ+ è “Dire la verità nell’amore”; essi pretendono che la risposta più amorevole che si possa dare al “disordine” LGBTQ+ sia la promozione dell’autentico sviluppo umano, e il guidare le persone verso la realtà oggettiva. Ma “amore” è una parola errata in questo contesto: l’amore richiede un cuore aperto, da cui possano sgorgare gioia, pace e misericordia, liberamente come la grazia di Dio.
Forse sarebbe più esatta la dicitura “Dire la verità con simpatia”. Secondo Brené Brown, esperta di intelligenza emotiva, la simpatia è “una reazione involontaria, superficiale e basata sulla pietà”, ed è esattamente quello che avvertono le persone LGBTQ+ e i loro alleati quando leggono documenti come questo: l’amore di cui parlano è simpatia, non gioia, pace e misericordia. È amore che manca il bersaglio.
A proposito di verità, come possiamo definire la verità quando parliamo di realtà che non sono nuove, ma che solo ora cominciano ad essere capite?
In questo caso abbiamo la responsabilità di adoperare i doni dello Spirito Santo: fede, comprensione, meraviglia, coraggio, saggezza, conoscenza e consiglio. Fede che cerca di comprendere non significa solamente che la mente deve adeguarsi al mondo oggettivo, bensì anche incontrare il Dio vivente, che ha detto “Io sono la via, la verità e la vita” (Giovanni 14:6). La verità non è una mera idea, ma anche una persona, che va amata con gioia, pace e misericordia.
Alcune persone LGBTQ+ e loro alleati spesso replicano dicendo che i loro oppositori sono pieni di odio verso di loro. Se certamente esistono persone che fanno del male fisico e morale alla comunità LGBTQ+, la maggior parte dei cattolici che si oppongono alla pastorale LGBTQ+ non nutrono odio; sarebbe più esatto dire che sono ipocriti, un tratto che Gesù condanna nei farisei (Matteo 23:1-36).
Scrive Brené Brown: “Chi esibisce questa emozione [l’ipocrisia] vede tutto in bianco e nero, tende ad avere una mente chiusa, inflessibile, intollerante delle ambiguità, poco disposta a prendere in considerazione l’opinione degli altri”. È una descrizione che secondo me si attaglia a chi si oppone alla pastorale LGBTQ+.
Ansia, paura, terrore,tristezza, rabbia, disprezzo, disgusto, risentimento, delusioni, frustrazioni, scoraggiamento, rimorso, imbarazzo: questo è il prezzo di un conflitto alimentato dalla distanza emotiva.
È tempo che i vertici della Chiesa invitino al tavolo le voci LGBTQ+, non per fare pura presenza, o come oggetti di studio, ma come membri del Corpo di Cristo. Solo grazie a questa prossimità possiamo cominciare a imparare cosa significa rispondere pastoralmente, vale a dire dedicare più di una nota a pie’ di pagina.
*Il passo biblico è tratto dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
** David Palmieri insegna teologia al liceo dei Fratelli di San Francesco Saverio a Westwood, nel Massachussetts. È fondatore di Without Exception (Senza eccezioni), una rete di docenti impegnati nell’arte del discernimento e dell’accompagnamento degli studenti LGBTQ+ nei licei cattolici. David è stato premiato nel 2021 dall’Associazione Nazionale per l’Educazione Cattolica.
Testo originale: Someday Never Comes