Perché è così difficile andare a votare per un transessuale
Articolo del 22 febbraio 2013 di Maddalena Mosconi, psicologa-psicoterapeuta, pubblicato su Huffington Post Italia
Siamo in periodo di elezioni e tra pochi giorni si va a votare. Il gesto pratico del recarsi alle urne non presenta particolari difficoltà per le persone che si riconoscono nel proprio sesso biologico.
E’ quasi scontato arrivare al seggio elettorale, dirigersi automaticamente verso la fila “femmine” o “maschi”, consegnare il documento d’identità, prendere la scheda elettorale e votare. Per le persone che non hanno disturbi rispetto alla propria identità di genere le difficoltà possono, a volte, concentrarsi solo su chi votare.
Per le persone transessuali non è così. Esistono tanti gesti quotidiani che noi diamo per scontati ma che a queste persone creano profondo disagio, imbarazzo e malessere. Per tale motivo le persone più fragili a volte si proteggono da queste difficili esperienze semplicemente non esponendosi. I maggiori problemi sono per quelle persone che si presentano con un aspetto diverso rispetto a quello riportato sul documento d’identità. La prima difficoltà insorge quando devono scegliere la fila dei maschi piuttosto che quella delle femmine.
Francesca è una donna transessuale di 27 anni che seguo in psicoterapia da circa un anno. Lei ha iniziato la terapia ormonale sei mesi fa e si presenta al femminile da molto tempo. Spesso, infatti, le transessuali MtoF (persone di sesso biologico maschile che transitano verso il femminile) si presentano secondo la propria identità di genere fin dall’adolescenza, molto tempo prima di essersi rivolte ad un Servizio come il nostro.
A volte mi sorprendo ancora quando, in occasione del primo colloquio, incontro persone che sia per l’aspetto fisico sia per il modo di essere appaiono così femminili che immagino abbiano già iniziato la terapia ormonale.
Francesca è ben integrata nel suo contesto di vita, lavora presso un call-center dove tutti l’hanno ben accolta, vive in famiglia, ha una cerchia di amici e un ragazzo da più di un anno. Il suo obiettivo principale è quello di avere “una vita normale”; quante volte mi sono sentita ripetere questa frase dalle persone che incontro nel mio lavoro. Indossare il vestito della “diversità” per le persone transessuali rappresenta spesso la condanna di sentirsi continuamente giudicati e osservati.
Per tali motivi avere una “vita normale” spesso significa semplicemente passare inosservati, è per questo che per molte persone i cambiamenti che derivano dalle terapie ormonali e dagli interventi chirurgici hanno l’obiettivo principale di fare in modo che nessuno si accorga della loro condizione transessuale.
Per Francesca recarsi alle urne è un atto denso di angoscia. Che cosa potrebbe succedere nel momento in cui va verso la fila dei maschi? Cosa penseranno tutte le persone intorno a lei? Dovrà combattere, come succede spesso, per convincere l’incaricato a cui consegna i documenti che è proprio lei quel Francesco che è riportato sul documento?
In tutti questi anni ho sentito storie incredibili che avvengono dentro un seggio elettorale, o in una banca, o alla Posta o quando queste persone vengono fermate ad un posto di blocco della Polizia o dei Carabinieri. Le poche informazioni che circolano sulla realtà transessuale creano spesso dei problemi enormi; a volte queste persone vengono derise, altre volte non sono credute e, in generale, sono sottoposte a sofferenze inutili che limitano fortemente l’esercizio dei diritti civili.
D’altra parte questi sono i risultati dei profondi limiti della legge 164/82 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso) che prevede la possibilità di effettuare il cambiamento dei dati anagrafici solo dopo aver fatto gli interventi di Riattribuzione Chirurgica di Sesso. In altre nazioni non è così: per esempio in Germania e in Gran Bretagna è consentito, per una persona che ha una diagnosi di Disturbo dell’Identità di Genere e che ha intrapreso il percorso di adeguamento, ottenere una modifica anagrafica provvisoria del nome.
Questa possibilità tutela le persone transessuali e permette loro di vivere con maggiore serenità un momento della loro vita, quello del percorso, già denso di angosce. Sarebbe una riforma a costo zero che il Parlamento che andremo a eleggere potrebbe fare subito senza difficoltà.