Elezioni, i gay in Parlamento: ora dialogo per i diritti civili
Articolo del 26 febbraio 2013 di Marco Pasqua pubblicato su ilmessaggero.it
ROMA – Confusi e felici. Ma, soprattutto, preoccupati di fronte al quadro di ingovernabilità uscito dalle urne. Sono i parlamentari dichiaratamente omosessuali che sono riusciti a conquistarsi un posto in Parlamento. Per tre di loro si tratta di una prima volta. Oltre a Nichi Vendola, governatore della Puglia, potranno sedersi tra gli scranni di Camera e Senato, Sergio Lo Giudice (Pd), Ivan Scalfarotto (Pd) e Alessandro Zan (Sel). La parola d’ordine, per loro, sarà “dialogo”: con quelle forze politiche che vorranno sostenere la battaglia per i diritti civili.
Non ce l’ha fatta a essere rieletta la democratica Paola Concia, che nella passata legislatura era stata l’unica esponente (dichiarata) del mondo Glbt, protagonista di una serie di battaglie per l’approvazione di una legge contro l’omofobia. L’ex deputata era candidata al Senato nel suo Abruzzo, in una posizione (la terza) considerata a rischio.
Candidatura che era arrivata dopo non poche difficoltà. «Grazie a tutti gli abruzzesi che mi hanno dato fiducia, a chi ho rincontrato. L’ Abruzzo ha scelto Razzi, non me», ha scritto con amarezza su Facebook, nel dare la notizia della sua esclusione. Niente elezione per il toscano Giuliano Gasparotti, presidente del laboratorio politico di “Officine democratiche” e candidato con la Lista Monti.
Entrerà per la prima volta al Senato Sergio Lo Giudice, originario di Messina, classe 1961 e sposato (a Oslo) con il compagno Michele. Capogruppo del Pd in consiglio comunale a Bologna, è stato presidente del Cassero e di Arcigay. Nonostante lo scenario di confusione, cerca di essere ottimista: «Rispetto ai temi Glbt viviamo una situazione paradossale – dice al Messaggero – Questo Parlamento, infatti, potrebbe avere una composizione più laica dei precedenti e potremmo arrivare a mettere insieme una maggioranza aperta ai temi Glbt».
Lo Giudice ricorda gli impegni assunti dal suo segretario, Pier Luigi Bersani, prima del voto: «Intanto l’approvazione entro sei mesi di una legge contro l’omofobia ed entro un anno di una legge per le unioni civili secondo il modello tedesco.
Ora dovremo cercare di rispettare questi due impegni, anche se non sappiamo neanche se saremo in grado di formare un governo». La speranza, naturalmente, è quella di riuscire a dialogare con le altre forze politiche, anche su un tema complesso quale è quello del matrimonio gay: «Su questi argomenti punteremo a costruire una maggioranza trasversale».
Dal Veneto (dove era candidato per la Camera) arriva Alessandro Zan: 39 anni, dal 2009 assessore all’ambiente e lavoro al Comune di Padova, oltre che esponente della comunità Glbt veneta.
Viene spesso ricordato come il padre dei cosiddetti “Pacs alla padovana”, un riconoscimento anagrafico basato su vincoli affettivi per una coppia (indipendentemente dall’orientamento sessuale). Zan è stato anche uno dei principali promotori del Fondo sociale di solidarietà, dedicato a fornire assistenza e supporto materiale ai cittadini colpiti dalla crisi economica.
Proviene dai democratici di sinistra, per i quali, in passato, è stato anche consigliere, fino alla rottura con il Pd, nel 2007, in polemica con la decisione del suo partito di fondersi con La Margherita. «Sarà una legislatura dura, perché dovremo eleggere il presidente della Repubblica – dice raggiunto telefonicamente – Abbiamo chiesto e chiederemo senso di responsabilità, soprattutto ai grillini. Potrebbero essere nostri interlocutori, certo non quelli del Pd».
La prima proposta di Zan sarà quella dell’istituzione del matrimonio gay (di cui è sempre stato un sostenitore convinto il leader, Nichi Vendola): «Chiederò che questo provvedimento rimanga nell’ambito del Parlamento e non venga discusso dal governo, per evitare che subentri il consueto moderatismo».
Anche lui, come Lo Giudice, è convinto che sia necessario costruire una maggioranza traversale: «Per le grandi battaglie civili è indispensabile e penso che questa sia la strada giusta da seguire, con molti amici del Pd e del M5s».
Entrerà alla Camera Ivan Scalfarotto, eletto in Puglia (era in tredicesima posizione), dal 2009 vice presidente del Pd. Nelle passate elezioni non era entrato per un soffio in Parlamento (fu il primo dei non eletti). Scalfarotto ha fondato l’associazione Parks, impegnata nell’assistere le aziende a creare di ambienti di lavoro inclusivi e rispettosi di tutti i dipendenti. Tra tutti i neo-parlamentari è, probabilmente, quello più preoccupato.
«Ovviamente sono contento di essere stato eletto – ammette Scalfarotto, 48 anni, renziano doc – per me sarà un’esperienza umana fondamentale. E’ chiaro, però, che la contentezza è soverchiata da una preoccupazione profonda per la situazione che si è determinata con queste elezioni.
Dal punto di vista economico e del rispetto della comunità internazionale non siamo di fronte ad uno scenario incoraggiante e ancora una volta il nostro quadro politico risulta difficile da spiegare agli stranieri. Per tanti anni, da italiano che ha vissuto e lavorato all’estero, ho dovuto spiegare il fenomeno Berlusconi, ora mi toccherà spiegare anche Grillo».
Il timore di Scalfarotto è che «in una situazione di ingovernabilità, di fronte all’emergenza, si possano mettere i diritti civili in secondo piano. Penso che questo quadro fumoso creerà delle difficoltà, anche se Grillo ha parlato a favore del matrimonio gay. D’altro canto, non posso dimenticare come lo stesso Grillo abbia anche detto cose brutte sul diritto di cittadinanza dei figli degli immigrati». «Mi chiedo se in un quadro così composito i diritti civili non finiscano in fondo alla lista», conclude il neo eletto democrat.