Ragazzi chimici. La paura di amare al tempo di Grindr
Dialogo di Katya Parente con il giornalista Andrea Mauri
Ospite di oggi è il giornalista Andrea Mauri. Oltre a collaborare a diverse testate, lavora da parecchi anni in Rai, e, oltre a ciò ha pubblicato diverse opere, tra cui il suo ultimo lavoro “Ragazzi chimici – Confessioni di chemsex” è il suo ultimo lavoro, realizzato con Angela Infante e pubblicato da Ensemble Edizioni (2020).
Iniziamo parlando del tuo ultimo libro “Ragazzi chimici. Confessioni di chemsex”. Perché scriverlo a quattro mani con una counselor (Angela Infante)?
Il progetto “Ragazzi chimici” poteva nascere solo grazie all’apporto di Angela Infante e al suo lavoro di counselor al Policlinico Tor Vergata di Roma, Malattie Infettive. Angela sa ascoltare le storie, e ha conosciuto tanti ragazzi, maschi, che le hanno raccontato la loro esperienza di chemsex. Spesso nell’ombra, spesso come un’attività marginale.
Il fenomeno del chemsex è in crescita, e non possiamo fare finta che non esista e che non riguardi la comunità LGBTQI+. Ecco perché è nata l’idea di lanciare un invito a chi era disposto a uscire allo scoperto, a raccontare la storia di chemsex, sapendo che ci sarei stato io, estraneo al rapporto duale e protetto tra paziente e counselor, a raccogliere le storie e trasformarle in racconti da portare all’esterno, grazie al ruolo essenziale della narrativa e della sua forza di fare breccia nelle vite degli altri, anche di coloro che sono distanti anni luce dalle esperienze raccontate.
Che impatto hanno le droghe chimiche nelle relazioni omosessuali? E perché due adulti consenzienti avrebbero bisogno di tali “incentivi”?
Innanzitutto è opportuno premettere che il chemsex riguarda i maschi che fanno sesso con altri maschi, utilizzando sostanze specifiche come la cocaina basata, il crystal, il mefedrone, il ghb, secondo la definizione ufficiale del chemsex coniata da David Stuart nel 2001. Tali sostanze amplificano il piacere sessuale, ma non hanno niente a che vedere con gli altri farmaci che migliorano la prestazione lavorando sull’erezione. Pertanto, i due elementi non vanno confusi.
Spesso chi decide di partecipare agli incontri di chemsex (che possono durare anche fine settimana interi, senza interruzione) vuole esplorare nuovi piaceri, nuove sensazioni sessuali mai provate prima. C’è anche un fattore inclusivo di questi chill, come vengono chiamati gli incontri di chemsex. Chi vi partecipa racconta di non sentirsi giudicato, di essere accolto anche se non possiede un corpo rispondente ai canoni estetici richiesti, anche se si è troppo magri o troppo grassi, troppo bassi o troppo alti. Si entra in una bolla di protezione, che aiuta a godere del piacere sessuale senza paranoie. Però, a questo approccio ludico, con il tempo può svilupparsi una dipendenza da sesso o da sostanze.
Ciò non accade per forza. Ci sono ragazzi che fanno chemsex e sono in grado di tenere la situazione sotto controllo, e affermano di divertirsi senza problemi, però il rischio esiste, dobbiamo esserne consapevoli, e perciò è opportuno lavorare sulla riduzione del rischio, prima con opuscoli informativi e precise indicazioni sulla natura delle sostanze e dei loro effetti sulla salute, e poi, in casi estremi, lavorare sulla riduzione del danno.
Perciò il fenomeno del chemsex è un fenomeno complesso che dobbiamo conoscere, come ogni fenomeno umano, e che non ha senso mettere la testa sotto la sabbia e far finta che il sesso chimico riguardi solo una fetta di popolazione.
Il libro grazie a cui ti ho conosciuto è “MickeyMouse03”. La realtà virtuale è una risorsa per le relazioni, o è, a volte, un gioco di specchi?
Ormai abbiamo imparato che possono essere entrambe le cose. Ripeto sempre che le app di incontri non vivono di vita propria, non sono degli esseri animati e pensanti. Siamo noi umani a usarle, e dipende da noi se lo facciamo bene o male.
Non ci sono app buone e app cattive. Se ci mettiamo dentro l’intenzione reale di conoscere qualcuno, questi strumenti ci vengono in aiuto, e penso a quante persone le app hanno raggiunto in questi anni, persone che forse, per distanze o per timidezze, avevano difficoltà a incontrare altre persone.
Se invece ci mettiamo dentro l’ego smisurato, il piacere di sentirsi l’artefice del destino degli altri, scegliendo o non scegliendo qualcuno dalla lunga lista di profili, ecco che stiamo sbagliando tutto, che saremo destinati a coltivare una solitudine che non troverà mai soluzione, perché continuerà a nutrirsi dei nostri comportamenti egoistici. Purtroppo noto che sta prevalendo quest’ultima tendenza, e perciò non dobbiamo abbassare la guardia.
Droga, realtà virtuale. A che punto è il mondo delle relazioni omosessuali?
Le relazioni omosessuali sono solo un aspetto del consorzio umano. Parlerei in generale di relazioni tra esseri umani. Non c’è differenza.
Mi dispiace non essere ottimista su questo punto. Faccio di tutto per non perdere l’ottimismo, ma sulle relazioni ho l’impressione che ci siamo impantanati. Parlo dal mio punto di vista, non sono un sociologo, e non voglio sostituirmi agli esperti in materia. Noto che abbiamo difficoltà ad ascoltarci, ascoltare noi stessi e gli altri, lasciare da parte le nevrosi che occupano la mente per troppo tempo, e capire noi cosa vogliamo e gli altri cosa vogliono raccontarci.
Se non facciamo tesoro di queste informazioni, che sono utili al miglioramento di ognuno di noi, rischiamo di perdere la capacità di empatizzare con l’altro, e di chiuderci in mondi fittizi costruiti sul nostro ego.
Più in generale, si ha davvero paura dei rapporti personali?
È quello che stavo dicendo prima, la paura dell’altro passa attraverso l’incapacità di vedere l’altro come risorsa e non come nemico. Se gli altri sono coloro che aspettano sempre il momento giusto per fregarci, allora non costruiremo mai delle relazioni chiare e pacifiche. Finiremo per alimentare pulsioni violente, che non saremo più in grado di controllare.
Stai lavorando a qualche nuova opera?
Ho scritto un romanzo ancora inedito, dove volevo esplorare il tema della difformità dei corpi. In una società che veicola il messaggio di fisici atletici, prestanti, di persone sempre in salute, dove la malattia e la morte sono scomparsi dalla narrazione quotidiana, che cosa succede a chi non corrisponde a questi canoni?
Ho provato a raccontare l’amore tra un ballerino, quindi un uomo dal corpo perfetto, e uno zoppo. Conformità e difformità entrano in contatto, si contagiano, e ne esce un nuovo risultato interessante.
In attesa della nuova avventura letteraria di Andrea, il cui tema, per motivi che ormai vi saranno noti, mi tocca particolarmente, lo ringraziamo augurandogli buon lavoro.