Nella diocesi di Cesena: “sei gay? Non puoi fare da educatore ai ragazzi!”
Riflessioni di Massimo Battaglio
Sta facendo il giro del mondo la notizia di un fatto increscioso – e omofobo – accaduto a Cesena. In una parrocchia – di cui non è dato sapere il nome – stava per partire l’Estate Ragazzi. Solo che il responsabile del gruppo degli organizzatori (uno dei due soli maggiorenni) ha postato su instagram una foto in cui bacia un altro ragazzo.
La cosa è arrivata agli occhi del parroco, il quale, dopo aver chiesto lumi in curia sul da farsi, ha obbedito all’ordine di revocare il mandato di educatore al ragazzo.
Gli ha anche proposto di continuare nel suo ruolo di organizzatore ma senza responsabilità educative sui giovanissimi utenti del servizio. Ovviamente, il ragazzo, offeso, si è ritirato. Così, l’iniziativa estiva dell’oratorio è stata sospesa. I ragazzi già iscritti sono stati dirottati su altre parrocchie.
Immediata la reazione del Corriere di Romagna, che ha riportato la notizia sotto il titolo: “E’ gay per cui non può fare l’educatore: il centro estivo in parrocchia è stato annullato”. L’articolo aiuta, con obiettività, a ricostruire l’accaduto:
“E’ omosessuale. In quanto tale, in nessuna maniera proponibile come educatore delle giovani generazioni. E’ in estrema sintesi il motivo per cui, a pochi giorni dal via, uno dei consueti centri estivi che doveva aprire i battenti all’interno di una parrochia della periferia cesenate, è stato improvvisamente annullato. Stoppato ancora prima di iniziare.
Un fulmine a ciel sereno per tante famiglie che abitano on zona. Tutte avevano già prenotato i posto per i propri figli. (…) Tutte si sono ritrovate improvvisamente a piedi, con la fine della scuola e l’estate che andava a iniziare”.
Lo stesso articolo fornisce elementi per capire che il giovane discriminato – perché di vera e propria discriminazione si tratta – non è rimasto isolato ma ha ricevuto la solidarietà degli altri organizzatori. Egli è stato infatti
“solidalmente seguito nell’abbandono dall’altro unico maggiorenne del gruppo educante. A quel punto, non c’era più nessun over 18 a coordinare l’attività. Così (…), la decisione presa è stata quella di far saltare tutto”.
Utile a comprendere la vicenda è anche la dichiarazione di una delle collaboratrici adulte della parrocchia, la quale spiega che i provvedimenti contro l’educatore gay non sono stati presi liberamente ma “su consiglio” dei piani alti, cioè dalla curia.
“Il parroco non è qui da noi. (…) Ciò che ha potuto fare è stato rivolgersi ai suoi superiori, che, rispettosi delle regole, hanno detto no a che l’organizzatore potesse continuare a fare anche l’educatore. Il discorso è allo stesso tempo semplice e molto complesso. La Chiesa continua a dibattere sulle questioni legate all’omosessualità come su altri grandi temi come la genitorialità ed i suoi molteprlici aspetti moderni”.
Vien subito da chiedersi: ma possibile che un sacerdote con cura d’anime debba ricorrere per qualunque cosa alla curia, che, necessariamente, non conoscendo il caso specifico e le persone in questione, non potrà che agire a colpetti di diritto canonico? Il responsabile della pastorale parrocchiale non è il parroco stesso?
Altra domanda: la Curia deve far prevalere le regolette scritte dal cardinal Ratzinger nel 1992, talmente criticate da essere cadute in completa desuetudine, o ha innanzitutto il compito di operare un minimo di discernimento? Sappiamo bene cosa diceva allora la Congregazione per la Dottrina della fede:
“Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale. Per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare”.
Ma sappiamo anche che, in questi anni, il dibattito è molto acceso ed è del tutto mutato il concetto di discriminazione. Oggi, nessuno è più disposto a credere che vi siano discriminazioni giuste. E tra l’altro, se vogliamo fare anche noi i legulei, noteremo che, tra i ruoli che il Sant’Uffizio, nel’92, consigliava di impedire alle persone omosessuali, non figura quella di educatore di un centro estivo parrocchiale.
La Curia di Cesena non sembra ignorare completamente il dibattito sui diversi orientamenti sessuali. E infatti, sollecitata dal clamore mediatico che la notizia ha suscitato, risponde con una nota che vorrebbe apparire dialogante. Riconosce che è necessario
“un chiarimento circa quanto avvenuto in un centro estivo parrocchiale”. E specifica: “Spiace per la sofferenza arrecata a quanti sono stati coinvolti in maniera diretta e per quella portata alla comunità”.
“Il tema è molto delicato e quanto accaduto non riguarda un giudizio sui singoli o una discriminazione sui diritti”.
“Proprio in questi anni e in questi mesi la Chiesa (…) si interroga su come andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla comunità in ragione della loro affettività e sessualità. È una domanda che rimane aperta e sulla quale anche la Chiesa di Cesena-Sarsina è in cammino”.
Sul fatto specifico,“la diocesi precisa che a nessuno è stata impedita l’organizzazione del Centro estivo. Questione diversa è il mandato educativo chiamato a trasmettere i valori cristiani”.
“Resta ferma la disponibilità del vescovo a incontrare le persone nel rispetto delle loro scelte di vita. La Chiesa di Cesena-Sarsina è una casa aperta e accogliente verso tutti”.
Resta il fatto che, in questo comunicato, si riconosce implicitamente che un gay non può essere un buon educatore. Senza girarci intorno, un giovane volontario è stato pesantemente e irrimediabilmente offeso. Irrimediabilmente, sì, perché nemmeno i suoi genitori erano ancora al corrente del suo orientamento sessuale. Lo hanno appreso in seguito a questo pasticcio, che assume così una gravità inaudita.
In questo senso, è perfettamente condivisibile la dichiarazione del sindaco di Cesena Enzo Lattuca, riportata su facebook:
“Pensavo che il Medioevo fosse ormai alle nostre spalle e che episodi di discriminazione come questo, inaccettabili, fossero estranei alla nostra città. Evidentemente mi sbagliavo”.
Addirittura L’Avvenire, pur col solito linguaggio, condito di espressioni come “tendenza omosessuale” e “outing” al posto di “coming-out”, riconosce che:
“questo evento ha creato sconcerto e ha diviso gli animi (…) sulla presa di posizione verso il giovane che avrebbe fatto outing”.
Sulle dolci promesse del vescovo cesenate Douglas Regattieri c’è quindi molto da sospettare. Egli, d’altronde, non è nuovo a esternazioni sui temi lgbt+ quantomeno dubbie.
Nel 2018, in occasione della conferenza stampa su una festa diocesana, aveva dichiarato:
“Papa Francesco nelle sue dichiarazioni non ha mai concesso delle vere aperture alle famiglie diverse da quelle che la Chiesa cattolica considera come l’unica vera famiglia, ossia quella formata da un uomo e una donna. Famiglie diverse da questa sono un’offesa alla natura umana”.In realtà, Francesco non ha mai parlato di offesa alla natura umana. E in ogni caso, l’espressione è davvero inaccettabile, anche sul piano giuridico, pur in assenza di una legge contro l’omotransfobia. Ma a volte, i vescovi pensano di vivere in un altro mondo.
Nel luglio scorso, in un’intervista rilasciata a Pro-Vita, il pastore di Cesena-Sarsina si epresse così:
“Di fronte alla tendenza a diffondere la teoria del gender (che noi riteniamo perniciosa perché stravolge l’umano e dà una visione distorta della vera antropologia, tanto più se avviene in un contesto in cui fragili persone in formazione come i bambini e i ragazzi, stanno aprendosi alla vita), è lecito, anzi doveroso, porsi (…) domanda: è progresso consentire di dichiararsi donna o uomo in base alla propria percezione soggettiva annullando il sesso?”
Eccoci col babau del gender, del germe dell’omosessualità inculcato ai bambini. Nella stessa occasione, Rigattieri proseguiva parlando delle veglie per le vittime di omofobia:
“Bisogna avere attenzione: iniziative come queste, che pure rispondono a un buon intento, esigono una valutazione accorta per l’impatto che possono avere sull’opinione pubblica. Può diffondersi il pensiero che tutto va bene, che la Chiesa approva e benedice tutto. (…) C’è un problema di valutazione delle ricadute che possono avere queste iniziative, che – ripeto – pur con la buona intenzione di cui sono animate, possono creare sconcerto tra i fedeli”.
Ecco la preoccupazione del presule: non creare sconcerto. E dev’essere questo il motivo reale per cui consiglia di discriminare i volontari delle parrocchie: non sia mai che la gente critichi. Ecco il cruccio.
Cruccio che non sembra aver sfiorato Sua Eccellenza quando, il 4 dicembre 2020, decise di celebrare in forma solenne – cioè sotto la propria presidenza – il funerale di un proprio sacerdote – don Giuseppe Giacomoni – condannato in Cassazione per aver indotto alcuni ragazzi stranieri alla prostituzione e per aver lui stesso abusato di loro.
Don Giacomoni era adatto al ruolo di educatore? O forse è proprio in virtù di quello scivolone, che ora il vescovo Regattieri ha deciso di stringere le briglie?
Se è così, ha scelto proprio il momento e il modo più sbagliato. Perché là si trattava di reati infami; qua, di una foto di due ragazzi che si amano.
Dobbiamo credere alle “scuse ma” emesse dalla diocesi nel suo comunicato? Saranno reali le disponibilità al “dialogo”? Noi lo speriamo, ma ad alcune condizioni:
- Che sia ben chiaro che stiamo parlando di un ragazzo e non di vaghe teorie. Ed è un ragazzo che si è voluto far soffrire (come d’altra parte si ammette) e che ha diritto a un risarcimento. In soldoni: se, come pare, la vittima ha subito un trauma psicologico, è giusto che la diocesi, il vescovo e il parroco stesso paghino l’assistenza psicologica per superarlo.
- Che, se un confronto ci deve essere, sia paritetico. Sappiamo che il vescovo ha cercato telefonicamente il ragazzo per invitarlo a un incontro e che questi ha declinato l’invito. Secondo noi, ha fatto bene a rifiutare perché non si può liquidare tutto a una scenetta a parti evidentemente impari.
- Che la diocesi di Cesena sia così umile da coinvolgere nel confronto anche le associazioni LGBT+ e quantomeno i gruppi LGBT+ cristiani. Perché è troppo facile parlare di omosessualità senza confrontarsi con le persone omosessuali.
- Che tutto non si risolva nell’ennesima occasione per ascoltare dei prelati che ribadiscono la loro idea senza cambiarla di un millimetro. Il Dio che essi servono non ci invita ad essere “duri di cuore”.