Nessuno è indegno agli occhi di Dio. Quale posto nella chiesa cattolica per le persone transgender?
Contributo del gruppo di lavoro sulle persone transgender elaborato da Associazione La Tenda di Gionata, Cammini di Speranza, Ponti da Costruire, Progetto Adulti Cristiani LGBT, Progetto Giovani Cristiani LGBT, Rete 3VolteGenitoripresentato al percorso sinodale il 27 aprile 2022, pubblicato in Dalle frontiere al Sinodo. Alcuni percorsi fatti con i cristiani LGBT+ all’interno del cammino sinodale in Italia, a cura di padre Pino Piva sj e Gianni Geraci, edito La Tenda di Gionata nel novembre 2022, pp.31-35
«È dall’incontro con le persone, accogliendole, camminando insieme a loro ed entrando nelle loro case, che ci si rende conto del significato della visione di Pietro: nessun essere umano è indegno agli occhi di Dio» (Documento sinodale preparatorio 23).
Carissimi fratelli vescovi, il mondo delle persone cristiane LGBT+, dei loro genitori, parenti e amici, degli operatori e operatrici pastorali che le accompagnano, tra cui presbiteri, religiosi e religiose, ha sentito con forza ed urgenza la chiamata ad un percorso sinodale che metta al centro il racconto e l’ascolto profondo delle persone transgender che, rispetto agli altri soggetti del mondo LGBT+, maggiormente scontano una condizione di marginalità nella società e nella Chiesa. È persino difficile trovare le parole per dire la sofferenza che provocano in loro l’incomprensione e l’emarginazione per l’incongruenza che sentono tra l’identità di genere intimamente percepita e il sesso assegnato loro alla nascita. Sofferenza che a volte le spinge a gesti estremi.
Sentiamo di doverci interrogare e di dover rispondere come Chiesa a questa sofferenza. Queste pagine sono la sintesi dell’incontro sinodale vissuto con e per questi nostri fratelli e sorelle; ma scaturiscono anche da un percorso più lungo, da un cammino che ci ha visto fianco a fianco e che ci sembra di poter davvero chiamare sinodale. Ve le inviamo perché le loro voci arrivino alla Chiesa.
Vi invitiamo a leggerle, perché ascoltando con le “orecchie del cuore” i loro vissuti, possiate cogliere insieme a tutti e tutte noi – attraverso le loro parole – la voce dello Spirito Santo, «rimanendo aperti alle sorprese che certamente predisporrà lungo il cammino.» (Documento Preparatorio 2). Riportiamo qui i punti principali a cui il nostro percorso ci ha portato.
– Partire dal modo in cui le persone transgender si riconoscono è l’unica strada possibile perché loro si sentano riconosciute. È indispensabile la conoscenza delle persone, dei loro vissuti, ponendoci in un atteggiamento di amorevolezza, in grado di farci scoprire dolori e difficoltà impensati e impensabili («Come persona trans dalla Chiesa mi aspetto ascolto ed empatia; la voglia di comprendere il nostro vissuto, la voglia di capire che siamo persone come tutte, persone con un grande desiderio di dare il nostro contributo alla Chiesa e alla società. Spero vivamente che cerchino di capire chi siamo, qual è la nostra vita e quali sono i nostri percorsi, le nostre sofferenze e le nostre gioie; senza alzare muri. Chiedo educazione alla diversità e rispetto verso tutte le persone. Chiedo, inoltre, la possibilità che il cambio anagrafico sia riconosciuto anche dalla Chiesa: io sono stato battezzato, ma avendo rettificato i miei dati anagrafici ora per la Chiesa non esisto per quello che sono. Inoltre sarebbe bello avere la possibilità di sposarmi in chiesa, cosa che per me sarebbe importantissima»).
– È necessario imparare un linguaggio nuovo, che ancora non ci appartiene, perché le parole non siano vissute come escludenti. Un ascolto empatico ci fa diventare migliori, ci apre a sentimenti e riflessioni prima impensati; fa vincere il giudizio pre-costituito, cambia lo sguardo, fa cogliere il positivo ed il bello che c’è. Fa nascere sogni e la speranza di poter cambiare le relazioni e la realtà in cui viviamo («Come genitore ciò che chiedo è rispetto per mio figlio, in- dipendentemente dal fatto che sia o meno persona trans, ma solo in quanto persona. Dovremmo poter fare un salto culturale per quanto riguarda l’orientamento sessuale e l’identità di genere»).
Molte persone trans si allontanano dalla Chiesa perché si sentono giudicate. Vengono accusate di sostenere e diffondere l’ideologia gender mentre vogliono solo vivere in autenticità, per sé stesse e per gli altri («An- ch’io, come persona trans, ho vissuto e vivo problemi con la Chiesa. Prima ero una praticante assidua, ora non frequento più. Mi sento in soggezione ed ho anche paura di mettere in soggezione i preti. Se mi confessassi, dicendo che sono una donna trans, metterei in difficoltà il confessore che probabilmente non saprebbe cosa dirmi. Considererebbe forse una mia operazione come un atto di automutilazione. La Chiesa ci rifiuta. Ho sofferto perché non ho potuto fare da madrina a mia nipote.
Non possiamo accedere a certi sacramenti, ci considerano responsabili di voler portare l’ideologia gender mentre voglio solo essere me stessa. Un immaginario che attraversa il pensiero di molto è che essere una persona trans sia una scelta: non è assolutamente così. È un cammino duro e faticoso di auto-consapevolezza, che poi arriva a manifestarsi a se stess* agli altri: come per il bruco è uscire dal bozzolo per essere quello è, cioè farfalla!»).
– Spesso incontrano presbiteri che causano vere mutilazioni psico- logiche e spirituali. Per questo sono indispensabili cammini di formazione psicologica, antropologica e teologica, in particolare per operatori e operatrici pastorali; come pure momenti di ascolto di testimonianze di vita che possano arrivare a tutti i credenti («Mia figlia è stata rifiutata per ben due volte e per questo ha chiuso con la Chiesa ma non con la fede, perché sente che il Signore non ha nulla nei suoi confronti. Durante una celebrazione per la festa della famiglia, il parroco ha detto che non ci sarebbe stato posto nella famiglia di Dio per le persone LGBT+. Mia figlia è scappata fuori. Quando vado a messa, all’omelia ho sempre il terrore che il parroco parli contro le persone LGBT+»).
– Nelle persone trans incontrate abbiamo scoperto una profonda spiritualità, una grande esperienza di fede, una rinascita nello Spirito: perdere questa ricchezza da parte della Chiesa significa perdere il divino che attraverso di loro si esprime («Il brano di Nicodemo del Vangelo di Giovanni, e cioè la necessità di rinascere di nuovo, dall’acqua e dallo Spirito, per me ha significato la scoperta di ciò che è la mia essenza: le persone trans hanno la grazia di poter nascere due volte. Ogni giorno questo cammino mi dà la grazia di potermi chiedere: chi sono io? In questa consapevolezza rinasco ogni volta e posso crescere. Ho scoperto l’amorevolezza con cui desidero trattare gli altri ed essere trattato, un sentimento che porta alla inclusione: solo l’amorevolezza vicendevole ci permetterà di trasmettere quello che le persone trans vivono, perché quando siamo amorevoli ci capiamo gli uni gli altri».
«Il rimando evangelico della Trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor, quando disvela la sua natura più intima e profonda, è per me un momento di grande gioia. Il percorso di transizione per me ha voluto dire il bello di potermi vedere come sono; riconoscermi nell’immagine che vedo allo specchio; poter stare bene – finalmente – in compagnia del mio corpo. Mi consola quando la mia natura profonda, ora visibile, è accolta anche dagli altri e che loro ne possano godere. Ma il cammino per arrivare a questo è molto difficile e doloroso, anche dal punto di vista sociale. Enormi sono le difficoltà da affrontare nel percorso medico e giuridico per il cambiamento di identità, nella vita di tutti i giorni, con il green pass, con la carta d’ identità, con il certificato di battesimo che non può essere modificato…»).
– Un cammino insieme può aprirci a nuove prospettive spirituali e pastorali. Può far intravedere e sperimentare un nuovo modo di es- sere Chiesa, che superi la visione “per categorie” e rispetti le persone transgender per quello che sono, e ancor più come figlie e figli di Dio e da lui amate. Un sacerdote ha condiviso il proprio cammino di accompagnamento e discernimento con le persone transgender dicendo come («Ricercare la loro natura profonda e poterla esprimere ad altri, affinché gli altri possano scoprirla e accoglierla, a me dice molto della loro autenticità e del loro sentire; della capacità di vivere in profondità la loro ricerca spirituale. Ho visto una ricerca testarda nel voler esprimere – anche in questa realtà – il rapporto con Dio e rimanere nel- la comunità cristiana. Sento di doverle accogliere come loro stesse si definiscono; accogliere il loro vissuto; accoglierle senza condizioni perché sono persone normali, cristiani normali, che devono essere aiutate a trovare una casa in cui abitare; una comunità in cui essere comprese per quello che vivono. Il modo in cui i genitori accolgono e guardano i loro figli e figlie, a noi sacerdoti insegna molto: è un amore che supera ogni difficoltà. Anche l’esperienza di quella sposa che non rifiuta ma aiuta il marito che si trova a vivere, dopo tanti anni di matrimonio, un percorso di transizione verso l’identità femminile, mi fa capire in profondità cosa significhi l’amore coniugale; quell’amarsi nella buona e nella cattiva sorte, per sempre»).
– Il fare rete, camminare insieme, non sentirsi soli, condividere gioie e dolori, pesi, fatiche e scoperte, aiuta a vincere paure e disperazione e a maturare una fede più adulta. Per questo i gruppi sinodali sono stati di grande aiuto. Attraverso questo cammino si dovrà arrivare a rivedere i pronunciamenti del magistero e la dottrina della Chiesa, che troppo spesso non sono vissuti come sostegno e conforto, ma come pietre scagliate contro la vita delle persone («Come persona trans mi chiedo: come posso aiutare la Chiesa? Forse non andandomene, restando! Occupando spazio, anche fisico, nella Chiesa e sentendomi partecipe e attivo. Chi può arrogarsi il diritto di decidere chi è dentro e chi è fuori? Noi siamo pienamente consapevoli che essere omosessuali o trans non sia un peccato; e non lo è vivere la nostra sessualità che, come ci ricordava don Gallo col suo sorriso – e poi ultimamente anche papa Francesco – è un dono di Dio e non può essere ridotta ad uno squallido peccato. Sentiamo di vivere una fede da cristiani adulti e in questo ci aiuta il camminare insieme, non sentirci soli. È importante farsi carico della sofferenza di chi vive nella vergogna e nell’angoscia nascondendo spesso anche a sé stesso la propria identità. Amare la nostra Chiesa può significare anche amarla con le sferzate… come ha fatto Gesù nel tempio»).
– Ci aiuterà dirci che a volte occorre amare anche senza capire, soprattutto quando avremo difficoltà a capire. Una coppia di genitori ha raccontato l’esperienza vissuta con la propria figlia, che prima si è di- chiarata lesbica, e l’anno successivo ha voluto intraprendere un cammino di transizione verso l’identità maschile («Non capivamo niente di quanto stava dicendo… Noi non conoscevamo né il mondo trans né il linguaggio di questo mondo. Tuttavia, grazie a quello che è adesso nostro figlio, abbiamo amato senza capire, ci siamo fidati ed affidati. Abbiamo fatto nostra la sua paura, superando il dolore profondo che ci nasceva dentro: dovevamo lasciar andare via nostra figlia per abbracciare l’immagine nuova di questo figlio che stava rinascendo. Grazie a lui siamo diventato genitori per la terza volta: la prima quando l’abbia- mo generata; la seconda quando abbiamo accolto la sua omosessualità;
la terza, amando l’arrivo di questo nuovo figlio che stava rinascendo. Temevamo per i nonni, ed invece sono stati capaci di essere accoglienti in modo totale senza condizioni; di amare senza comprendere ma con la forza che ognuno è in grado di esprimere. Anche aver incontrato sacerdoti e persone aperte di mente e di cuore senza nessun pregiudizio, a noi ha fatto molto bene. Non sappiamo questo viaggio dove ci porterà ma sicuramente ci ha aperto il cuore e cambiato lo sguardo»).
– Ci avviamo alla conclusione, chiedendo a Dio la grazia di poter mettere i nostri vissuti e le nostre esperienze al servizio della Chiesa, di tutta la comunità cristiana; ma anche di tutte le persone che desidera- no un mondo più giusto e rispettoso della dignità di ciascuno. Le persone transgender ci aiutano a valorizzare soprattutto la dimensione personale di ciascuno, in quanto “persona”, anche oltre le definizioni di genere («Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» Gal 3,28).
Lasciamo ad un’altra testimonianza la conclusione: («Sono sta- to praticante in passato, ma è attraverso il percorso fatto con il mondo LGBT+ che ho capito cosa significhi essere cristiano. Per la Chiesa fare un cammino sinodale significa mettersi in un percorso di conversione. Rinunciare al potere di decidere chi è dentro e chi è fuori. Riconoscere le persone a partire dal modo in cui loro si riconoscono. La pastorale dovrebbe aiutare le persone a crescere, ad amarsi, semplificare la loro vita, non metterle in una corsa ad ostacoli verso obiettivi posti dall’alto.
Cammino sinodale per la Chiesa significa tornare al proprio compito, che non è quello di un legislatore, un giudice che si sostituisce a Dio, ma quello di portare la Buona Novella di Gesù agli esclusi e ai calpestati»).