Fuori binario: Bisessualità maschile e identità virile
Dialogo di Katya Parente con Giuseppe Burgio
Per la chiacchierata di oggi è con noi Giuseppe Burgio, professore associato di pedagogia generale e sociale presso l’università di Enna “Kore”, con cui a suo tempo abbiamo affrontato il delicato tema del bullismo omofobico giovanile.
Oggi parleremo con lui di bisessualità, nello specifico quella maschile, rifacendoci ad una delle sue ultime pubblicazioni “Fuori binario: Bisessualità maschile e identità virile” (Mimesis 2021)
Perché si parla così poco di bisessualità maschile?
La nostra società riconosce solo l’eterosessualità e, in misura minore, l’omosessualità. La bisessualità è stata quindi ritenuta una forma di indecisione, una fase di passaggio, un vizio, un essere “né carne né pesce”… Proprio tale forma di bifobia (a volte presente purtroppo anche all’interno del movimento LGBT+) ha scoraggiato la visibilità delle persone bisessuali, specialmente degli uomini, dato che nella nostra società l’identità di genere maschile si impernia fondamentalmente sull’eteronormatività.
Sembrano infatti socialmente più accettate le donne bisessuali rispetto agli uomini, anche se ciò avviene perché la bisessualità è considerata una cosa che “può accadere” alle donne e viene talvolta considerata persino “glamour”, mentre negli uomini è ritenuta una forma di omosessualità timida e non dichiarata, e per questo ancora più fortemente stigmatizzata. Le prime vengono cioè “eterosessualizzate”, i secondi “omosessualizzati”: in nessun caso c’è riconoscimento dello specifico bisessuale.
La minore visibilità sociale della bisessualità, inferiore a quella di gay e lesbiche, sembra poi per alcuni giustificare la correttezza della loro rappresentazione bifobica. Cionostante, il comportamento bisessuale risulta – secondo alcuni studiosi – addirittura più diffuso di quello esclusivamente omosessuale e nel mio libro (Fuori binario. Bisessualità maschile e identità virile, Mimesis 2021) presento molte attestazioni antropologiche, storiografiche e sociologiche che mostrano la diffusione della bisessualità.
Oggi poi sempre più persone adottano un’identità bisessuale pubblica e in crescita è l’attivismo politico Bi+, anche in Italia. In generale, però, mi pare che il problema sia che le peculiarità della bisessualità non risultano leggibili attraverso la lente teorica che abbiamo finora adottato (che è nata in relazione alle/agli omosessuali) e anche il movimento LGBT+ accoglie con lentezza nella propria agenda politica le rivendicazioni delle persone bisex.
Che cos’è CIRQUE, la realtà di cui è direttore?
CIRQUE è l’acronimo di Centro Interuniversitario di Ricerca Queer, un soggetto formato dalle Università di Pisa, L’Aquila, Palermo e del Piemonte Orientale che si occupa di studi queer. Abbiamo cominciato nel 2015 con un ciclo di seminari all’Università di Pisa e nel 2017 e nel 2019 abbiamo realizzato due grandi convegni internazionali (a L’Aquila e a Pisa), nonché una Summer School a Palermo, sempre nel 2017. Nel 2022 abbiamo poi realizzato un ciclo di seminari online intitolato Queer(ing) Masculinities e altri due seminari in presenza.
Dal 2018 pubblichiamo regolarmente online “Whatever. A Transdisciplinary Journal of Queer Theories and Studies”, una rivista scientifica internazionale in 5 lingue. Scopo principale del centro è fare da “vivaio” per le nuove generazioni di studiosɜ di queer che spesso trovano nell’università italiana un ambiente tutt’altro che accogliente.
Facciamo anche politica culturale attraverso i due festival cinematografici queer associati al nostro centro: Orlando Festival (di Bergamo) e il Sicilia Queer Film Fest (a Palermo) e abbiamo un centro studi sul BDSM a L’Aquila. Tutte le informazioni si trovano comunque sul sito, al seguente indirizzo: https://cirque.unipi.it/
Il suo impegno di studioso si esplica principalmente in ambito pedagogico. Qual è il panorama scolastico attuale?
Sono l’unico uomo in Italia a tenere l’insegnamento di Pedagogia di genere, all’Università “Kore” di Enna, e coordino assieme ad Anna Grazia Lopez, dell’Università di Foggia, un gruppo di lavoro nazionale sull’educazione di genere all’interno della Società Italiana di Pedagogia.
Nostro obiettivo è educare le nuove generazioni al superamento di stereotipi e pregiudizi sessisti, prevenendo la violenza di genere e le discriminazioni omo-bi-transfobiche, nella speranza che la società di domani sia più inclusiva e rispettosa delle differenze.
Ci rallegra il fatto che dagli anni ’90 del secolo scorso le discriminazioni basate sul genere e l’orientamento sessuale diminuiscano, lentamente ma costantemente, in Occidente e che tra le nuove generazioni cresca il coming out di persone omobisessuali, trans* e non binarie.
Purtroppo, a questa maggiore apertura corrisponde l’irrigidimento di alcuni che non accettano i cambiamenti sociali e assistiamo così a radicalizzazioni di forme d’odio, a partire dal (cyber)bullismo. E gli studi ci dicono che oggi, ad esempio, le ragazze bisessuali sono vittime di molestie sessuali il doppio di quelle etero.
Senza contare gli imprenditori morali del cosiddetto movimento anti-gender, che si oppongono alle carriere alias per le persone trans* a scuola, ai bagni gender-free e, soprattutto, all’educazione di genere, che definiscono “ideologia gender”, al fine di mantenere il modello attuale di educazione di genere implicita, basato su maschilismo, misoginia, genderismo ed eterosessismo.
A quali progetti sta lavorando attualmente?
Intendo il mio lavoro di ricerca come una forma di attivismo, finalizzato alla promozione di una cittadinanza piena per le donne e per le persone LGBT+. Da anni coordino assieme ad Antonia De Vita dell’Università di Verona la prima ricerca nazionale quali-quantitativa, di cui stiamo per pubblicare gli esiti, sul bullismo femminile, tema su cui non esisteva letteratura scientifica in italiano. Sto poi per dare alle stampe il mio terzo volume sul bullismo omo-bifobico per la FrancoAngeli e sto poi raccogliendo le storie di vita di uomini bisessuali, per dare voce direttamente a chi vive questa identità ma è stato finora molto spesso silenziato negli studi.
Mi sono occupato anche di escort e sta per uscire un volume a più mani – con alcune colleghe sociologhe – su maschilità e lavori di cura in cui, oltre al sex work, studiamo il lavoro di educatori, insegnanti di scuola primaria e infermieri, al fine di ragionare su come la cura, ambito considerato tradizionalmente femminile, si trasformi se a occuparsene sono gli uomini.
Accanto alla ricerca, mi impegno poi molto nella formazione, soprattutto dei docenti della scuola, perché sono convinto che attraverso l’educazione si possa agire sulla società in una direzione trasformativa.
Dirigo inoltre Pedagogia delle differenze, una rivista scientifica di pedagogia molto attenta alle tematiche LGBT+ nella quale, ad esempio, per primi abbiamo recentemente pubblicato articoli su tematiche trans* scritti da giovani ricercatorɜ trans*. Il download degli articoli è gratuito e possibile al seguente link: https://pedagogiadelledifferenze.it/index.php/pdd/issue/view/5
Ringraziamo il professor Burgio per la sua disponibilità e speriamo vivamente che quello che è l’impegno di un manipolo di docenti universitari diventi patrimonio dell’intero mondo accademico.