Il mio cammino di monaco buddista queer
Dialogo di Katya Parente con il monaco buddhista Kodo Nishimura
Kodo Nishimura è uno di quei personaggi difficilmente inquadrabili. È un affascinante giovane uomo che gioca con il concetto di genere, molto glam, che rilascia interviste, e nello stesso tempo è un ascetico monaco buddhista.
Questa sua apparente dicotomia mi ha intrigato parecchio, e ho tentato di contattarlo. Con successo. Ecco l’esito della nostra chiacchierata.
Prima di iniziare: ci dici chi sei, cosa significa essere monaco, e perché hai deciso di diventarlo?
Mi chiamo Kodo Nishimura. Sono un monaco buddista, un makeup artist, e anche un attivista LGBTQ+. In un mondo in cui ci si aspetta che le persone si conformino a ciò che è “normale”, uso il buddhismo e la bellezza per aiutarle ad esprimere il proprio io autentico.
Sono nato in un tempio buddhista, a Tokyo. Combattevo con il mio essere omosessuale e l’aspettativa che avrei seguito l’immagine di un monaco tradizionale. La gente mi chiedeva costantemente se mi sarei rasato la testa e avrei recitato i sutra [le Scritture buddhiste, n.d.r.], ma il mio sogno era essere una principessa con i capelli lunghi.
Fin da giovane, ero scettico riguardo al buddhismo. Perché dovevamo credere? Come avremmo potuto essere illuminati? Cosa significava diventare un monaco buddhista? Sebbene non avessi intenzione di studiare il buddhismo, ho avuto la possibilità di ereditare il tempio, visto che sono figlio di un prete.
Volevo vedere quanto potevo crescere, così studiai anche in università statunitensi. Anche se non avessi scelto il buddhismo, volevo essere assolutamente sicuro che fosse qualcosa che non desideravo, ma solo dopo aver capito cosa significasse essere un monaco buddhista. Una conoscenza parziale può portare al pregiudizio. In più, volevo sapere perché dovevamo essere buoni, e cosa succedeva dopo la morte.
Il training è stato estremamente impegnativo, comunque quel che ho imparato è che il buddhismo può essere una speranza per molte persone; l’insegnamento migliore è stato che questa filosofia è d’aiuto alle persone più diverse, non importa quanto siano diverse l’una dall’altra (sessualità inclusa). Ho imparato che, fintanto che gli si è fedeli, si può sempre essere salvati dal Buddha.
Ora la mia missione è dire al mondo che non dovremmo sentirci inferiori o esclusi. Ho molti amici che si sentono esclusi dalla propria religione, quindi vorrei condividere il mio punto di vista. Meritiamo tutti di essere felici, e tutti quanti dovremmo sentirci degni. Essere un monaco buddhista mi dà la possibilità di avere una certa autorità e di condividere l’insegnamento di essere fiduciosamente ciò che si è.
Come descriveresti il concetto di Nirvana a chi non è buddhista?
Nella nostra specifica tradizione, il Nirvana non è qualcosa che cerchiamo, così posso parlare di quello che è, ma per noi che la seguiamo suona abbastanza irrilevante.
Nirvana è morire dopo aver appreso le leggi dell’universo. Il Nirvana è un concetto del Buddhismo che viene dalla parola pāli “nibbana” o dal sanscrito “nirvana”, e significa l’estinzione del fuoco, ovvero la morte di Siddhartha Gautama.
Di solito si descrive il Nirvana come l’obiettivo definitivo o il coronamento degli insegnamenti del Buddha (nel buddhismo Theravada). Rappresenta lo stato di liberazione, di illuminazione, o il risveglio da tutte le sofferenze.
Nella mia scuola, quella del buddhismo della Terra Pura (Jōdō Shinshu), cerchiamo piuttosto l’illuminazione. È lo stato in cui si conoscono tutte le leggi dell’universo, che di solito è possibile dopo essere giunti nella Terra Pura, qualcosa di simile al paradiso.
Nella mia scuola, se salmodiamo il nome del Buddha Amida, saremo sicuramente guidati nella Terra Pura, con la promessa che lì, successivamente, raggiungeremo l’illuminazione.
Cosa pensa il buddhismo delle persone LGBT?
Si suppone che il buddhismo sia contrario ad ogni discriminazione e accetti tutti a prescindere da ogni differenza o retroterra culturale. Questo è vero specialmente dove c’è un sistema di caste, che esisteva [in India] quando il buddhismo si stava sviluppando.
La mia scuola, quella della Terra Pura (Jōdō Shinshu), afferma che la misericordia del Buddha è come il chiaro di luna: illumina tutti, e chi decide di alzare lo sguardo alla luna può apprezzare la sua bellezza.
Ci sono alcune regole che escludono le persone LGBTQ+, ma non sono il cuore dell’insegnamento: sono state piuttosto create nel corso della storia.
Dobbiamo guardare allo scopo principale di una religione, perché credo che le religioni debbano aiutare le persone. Essendo io stesso un leader religioso, mi piacerebbe condividere il mio coraggio di porre domande stimolanti, e costruire una società sicura e accogliente.
Normalmente il mondo del makeup viene visto da fuori come superficiale, vuoto, solo un’espressione di vanità. Quando e in che modo sei riuscito a coniugare mondi solo in apparenza così distanti e contrastanti con gli insegnamenti del Buddha?
All’inizio, pensavo che il mio essere un monaco buddhista non mi permettesse di truccarmi e di mettere tacchi, ma il mio maestro ha detto che non c’erano problemi. “Aiutare le persone, dicendo loro che tutti possiamo ugualmente essere liberati” è il compito fondamentale del monaco, e se posso farlo essendo me stesso, che differenza c’è tra mettersi un orologio e indossare qualcosa di luccicante?
Penso che la cosa più importante da ricordare sia il motivo per cui ti vesti così, se cerchi di essere qualcosa che non sei o di essere un arruffapopolo, questo ti può causare sofferenza. Sta tutto in come si utilizza la bellezza. Se si usa per aiutare gli altri, non credo sia qualcosa che faccia soffrire.
Usando la bellezza nell’ambito del buddhismo, ho appreso i suoi lati positivi. C’è un sutra detto “Sutra dell’ornamento fiorito” che afferma: “Una virtù sublime richiede un’apparenza sublime”. Se indossi qualcosa di trasandato, come puoi aspettarti che gli altri ti ascoltino? Se vuoi guadagnare il rispetto degli altri e ispirarli, dovresti avere un aspetto meraviglioso.
Questo insegnamento è un’esortazione ad ornare i nostri corpi. Il sutra dice anche: “Il Bodhisattva (un fedele che presto diventerà un Buddha) aveva molti seguaci dal corpo bello e maestoso che, secondo l’insegnamento, indossavano splendidi ornamenti, e che erano saggi ed eccellenti nella conoscenza. Si dice che il Bodhisattva avesse un aspetto meravigliosamente ornato, e insegnasse alla gente mentre indossava gli abiti più immacolati, mentre era avvolto dalla fragranza di molti tipi di fiori e con una ghirlanda di fiori in testa“.
Penso sia importante capire che ci sono molte incomprensioni e/o interpretazioni distorte dei messaggi buddhisti, proprio come ci sono molti malintesi e pregiudizi nel mondo. Così mi piacerebbe portare gli altri a chiedersi cosa è possibile fare in ogni campo, perché, a volte, i fraintendimenti limitano il nostro potenziale.
Credi che manifestare se stessi attraverso l’arte ci possa far mettere in contatto con la nostra parte spirituale o, come viceversa sostengono taluni, ce ne allontani?
Penso non ci sia una formula, visto che dipende dal tipo di arte che fai, e di come questa agisce sulla tua spiritualità.
Per me, creare arte ascoltando il mio cuore mi permette di scoprire chi sono e ciò che per me è importante: esprimere ciò che sento con le parole e l’arte, e comunicare con gli altri. Contemplando quel che voglio esprimere e ricevendo un riscontro posso crescere, approfondire i miei pensieri e imparare di più sul mondo.
Come si conciliano la tua metà più “spirituale” e quella più “mondana”?
Se ti immagini che i leader spirituali stiano tranquilli in un tempio sulla montagna, probabilmente hai bisogno di rivedere le tue idee. Comunque, non penso che essere spirituali consista nell’essere sempre nella quiete, lontani dal mondo, specialmente quando si guarda ai leader spirituali più importanti e conosciuti.
Credo che il mondo sia una parte di me, ed è una mia responsabilità respirare con esso come se fosse il mio stesso essere. Quando imparo e condivido quello che ho che mi hanno insegnato con gli altri, è come se nutrissi il mondo, e tutto questo mi torna indietro, arricchisce anche me.
Il mio attivismo serve per liberare le persone, e se la mia presenza incoraggia sempre più gente ad essere se stessi, è così che scelgo di stare nel mondo.
Per chi volesse conoscere un po’ di più Kodo, potete consultare il suo profilo, collegarvi al Kodo Media Kit o leggere alcune sue interviste in inglese.