“Essi però dubitarono” (Matteo 28:16-20)
Restituzione* a cura di Mariella Colosimo dell’incontro di riflessione biblica del gruppo PAROLA… E PAROLE** di Roma dell’11 febbraio 2020, pubblicato su Adista del 25 aprile 2020
L’ultima delle apparizioni nel vangelo di Matteo 28:16-20 ripropone il tema della difficoltà da parte dei discepoli a riconoscere Gesù: “Essi però dubitarono”, ricorrente nelle varie apparizioni riportate nei Vangeli. Non è mai dal suo aspetto fisico che lo riconoscono, ma da altro: dai segni che la croce ha lasciato impressi sul suo corpo, dal modo in cui si rivolge a Maria chiamandola per nome, da quel segno, a lui così caro, dello spezzare del pane.
Lasciano dunque dubbi le apparizioni, non sembrano portare nessuna prova schiacciante della resurrezione di Gesù. L’unica certezza che rimane è quella morte orrenda, che sembrava aver chiuso senza possibilità di appello l’intera vicenda. Ci sarà ancora bisogno di tempo perché la fede dei discepoli nasca. Giuseppe Barbaglio, nel suo libro Gesù ebreo di Galilea, parla di un periodo di qualche mese intercorso tra la morte di Gesù e il “risveglio” dei discepoli.
Che cosa è successo tra quella morte infamante e quella miracolosa rinascita dei discepoli. Qualcosa che ha ribaltato completamente la situazione e li ha trasformati radicalmente: da persone spaventate e in fuga a persone capaci di mettersi sulla strada indicata dal loro Maestro, consapevoli del rischio di finire come lui. Forse proprio quando hanno rinunciato a cercare prove è nata in loro una fede autentica, una fede nuda, che non ha puntelli su cui poggiare, né certezze da vendere, e proprio per questo portatrice di una forza straordinaria. L’hanno sentito e annunciato vivo e operante, non come lo era stato durante la sua vicenda terrena, ma nel modo in cui Dio stesso si fa vivo e operante, e che solo la fede può cogliere.
È a quella fede che siamo chiamati, una fede difficile da vivere, per questo nel tempo l’abbiamo riempita di reliquie, di regole, di dogmi, perché la mancanza di certezze fa paura. È un salto la fede, che per i discepoli è stato possibile spiccare proprio a partire dal crollo delle certezze e dal vuoto che quel crollo aveva lasciato.
Al dubbio dei discepoli Gesù non sembra dare alcun peso nel brano del Vangelo. ln loro ripone la sua fiducia, affinché diffondano il suo messaggio. Lui, che ha fatto esperienza della sconfitta della croce, non cerca super-eroi, parte proprio dal loro disorientamento e dalla loro fragilità, lascia tutto ciò per cui è vissuto e morto nelle mani di persone incerte, deboli, dubbiose.
È loro che manda. Ma con quale compito? Il brano dice a “battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Due osservazioni. Sembra improbabile che la formula trinitaria, apparsa molti anni dopo, sia stata pronunciata da Gesù. L’altra osservazione è su: “nel nome”, è più corretto dire: “verso” (dal greco: “eis to ònoma”). E il significato cambia. Agire nel nome vuol dire che si ha una delega, che c’è un trasferimento di autorità, di potere. La conversione che c’è col battesimo (originariamente praticato da adulti) non è il risultato dell’esercizio di un potere, nasce invece da un germe minuscolo, ma potentissimo, che è l’annuncio della fede, che apre la strada verso Dio.
Molti di noi l’hanno vissuta l’esperienza del crollo delle certezze, con il coming out di un figlio o prendendo coscienza della propria omosessualità. Una crepa profonda si è aperta nelle nostre vite, e ci ha fatto ripensare tutto, anche la nostra fede. Quella di prima, basata sulle regole, scricchiolava, la nostra fede aveva bisogno di una rinascita come quella dei discepoli. Poi, piano piano, abbiamo visto che era proprio da quella crepa che la luce poteva penetrare. Le certezze di prima sono crollate per lasciare spazio ad una fede nuova, liberata, più autentica, più pronta, forse, ad accogliere l’invito di Gesù a farci costruttori di relazioni d’amore tra le persone, ad annunciare la buona novella alle pietre scartate, la vita là dove c’è solitudine, oppressione, umiliazione e morte, con una speranza in cuore che ci viene da quella promessa di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni”.
Matteo 28:16-20
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
*La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio. Coloro che sono interessati, possono contattarci a questi recapiti: Alessandra Bialetti 346 221 4143 – alessandra.bialetti@gmail.com; Dea Santonico 338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com