Il vescovo polacco Kaszak e le folli notti gay dei suoi preti
Riflessioni di Massimo Battaglio
E’ notizia di queste ore l’accettazione, da parte del Papa, delle dimissioni di mons. Grzegorz Kaszak, vescovo polacco di Sonsnowiec, in Slesia. Il mese scorso, aveva avuto rogne con uno dei suoi preti, sorpreso a organizzare un festino a luci rosse per soli uomini in casa propria. Più che di un festino, si era trattato di una vera e propria orgia con tanto di stupefacenti. Alcuni ospiti, paganti, si erano sentiti male.
E allora? Dov’è la novità? Fino all’avvento di papa Francesco, in Vaticano c’era un cardinale che si faceva chiamare “monsignor Jessica”. E forse non era nemmeno il più rognoso. Basta rileggere il libro-inchiesta di Martel “Sodoma” per rendersene conto. O basta ricordare un documento depositato da un altro monsignore (uno psicoterapeuta ecclesiastico) alla Commissione Disciplina nel 2007, in gran parte pubblicato da Libero:
“Mi procurava sofferenza ascoltare da diversi parroci di essere ricattati da giovanissimi e giovani adulti i quali minacciavano di raccontare tutto ai parrocchiani se i sacerdoti non avessero ceduto alle loro richieste. (…) Era inaudito per me (…) sentire in terapia di amplessi in confessionale o addirittura sulla mensa dell’altare del sacrificio; allucinante udire confidenze fattemi da preti invitati a riti al buio in saune romane dove si verificano le forme peggiori di sodomia”.
Perché, a fronte di precedenti tanto disordinati, mons. Kaszak, invece di prendere siderali distanze dal prete in questione e consegnarlo pacificamente alle autorità competenti, ha sentito il bisogno di dimettersi?
Qualcuno dice che è stato indotto a farlo e che lo scandalo sessuale sia solo una scusa. Si maligna infatti che il presule non sia nelle grazie di Bergoglio, il quale sarebbe persin contento del suo auto-allontanamento. C’è chi maligna addirittura che lo scandalo in questione sarebbe in realtà un tranello (ma intanto, gli ospiti al pronto soccorso, sono andati).
Facciamo un passo indietro.
L’ultima volta che mi interessai della Polonia sul Portale Gionata fu nel 2019. Da poco c’erano state le elezioni. Aveva vinto la destra conservatrice, una formazione politica ancora più retriva della corrispondente italiana (se fosse possibile). Manco a dirlo, una delle maggiori retoriche messe in campo era stata la battaglia contro il “gender”. E la Chiesa cattolica aveva dato una mano. Per esempio, in un’omelia, l´arcivescovo di Cracovia Marek Jedraszewski aveva definito l’odierno movimento LGBT+ come “piaga arcobaleno” peggiore della “peste nera” dei tempi delle persecuzioni naziste.
Le Regioni e i Dipartimenti polacchi, specialmente nell’area sudest, si affrettarono a dichiararsi “zone gayfree”, cioè libere dall’omosessualità. Non seguirono, per fortuna, altri provvedimenti più concreti e meno ciarlatani ma in compenso cominciò a rimontare l’omofobia. Ma l’arcivescovo di Cracovia non fu certo l’unico a continuare a usare lo spauracchio del “gender” per richiamare il suo popolo ai sacri valori della tradizione cattolica.
Tra di essi, si distinse proprio mons. Grzegorz Kaszak, la cui diocesi si trova guardacaso in uno dei dipartimenti “liberati” dall’omosessualità. D’altra parte, il porporato aveva un passato significativo nel campo della pastorale per la “famiglia” (singolare) tradizionale. Nel 1998 conseguì il dottorato in teologia morale con una tesi dal titolo: “Amore responsabile e contraccezione nelle catechesi di Giovanni Paolo II“. Dal 1992 al 2002 lavorò presso il Pontificio Consiglio per la Famiglia. Quindi è divenuto rettore del Pontificio Istituto Ecclesiastico polacco a Roma ma vi rimase solo fino al 2007. Il 10 novembre di quell’anno, Benedetto XVI lo nominò segretario del Pontificio Consiglio di cui sopra. In tale veste fu coinvolto, nel 2009, nella preparazione del VI Incontro Mondiale delle Famiglie di Città del Messico.
Sappiamo qual era in quegli anni l’idea che il Pontificio Consiglio aveva delle persone LGBT+. Per loro non esistevano, se non come frutti di un’ideologia: quella del “gender”, per l’appunto. Nelle stesse carte dell’incontro di Città del Messico, leggiamo:
“Tra le varie questioni, è emersa anche la comune preoccupazione per la situazione della famiglia in Occidente, soprattutto per la bassa natalità e per le conseguenze delle ideologie di genere, in particolare per l’imposizione dell’accettazione dell’omosessualità come simile al matrimonio”.
E, subito dopo:
“Da parte sua, il segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, monsignor Grzegorz Kaszak, si è riferito all’attuale imposizione sulle coscienze di alcune ideologie contrarie alla famiglia. Ha affermato: “Queste sfide costituiscono un motivo sufficiente per stimolarci a compiere azioni comuni in difesa del matrimonio e della famiglia contro i diversi attacchi e a porre sempre più in luce la bellezza del piano divino sul focolare domestico””.
Il vescovo di Sonsnowiec, stante il clima e la propria storia, non poteva non reagire a questo scandalo con un gesto plateale, solenne, estremo. Per lui, ciò che è avvenuto è una questione d’onore. Quel suo prete ha concretizzato, in una sola notte, tutto ciò contro cui ha combattuto per una vita. Si capisce bene dalle parole scritte ai preti della propria diocesi, tra le quali dichiara di essere pronto ad “accettare le conseguenze” dei fatti:
“I recenti eventi (…) ci hanno riempito di grande dolore, vergogna e rabbia (…). Non sappiamo tutto esattamente, la procura sta indagando sul caso per violazioni del diritto civile. La nostra commissione sta invece indagando sul caso per violazioni del diritto divino e canonico. Mentre scrivo queste parole, il lavoro è ancora in corso, quindi è difficile commentare cosa sia successo esattamente. Ma etichettare tutti i sacerdoti di Dabrowa Gornicza è sbagliato. Qualsiasi generalizzazione a questo riguardo è ingiusta”.
Mi sa che l’iniziativa delle “zone gayfree” è andata bene, ma non benissimo. Bene – secondo loro – perché ha tolto i gay dalla luce del sole. Era ciò che volevano, forse per sentirsi più maschi (a destra, anche le donne si sentono meglio se le si chiama “il presidente”). Non benissimo perché – come era prevedibile – li ha solo ricacciati nel nascondimento. E di solito, chi si muove al buio, si fa male.