Viaggio in Italia tra i diritti negati ai migranti e alle persone LGBT+
Dialogo di Katya Parente con Gabriella Friso di “Certi diritti”
Ogni anno migliaia di persone fuggono dai loro Paesi: povertà, guerra, persecuzioni religiose ed etniche le costringono ad abbandonare le proprie case per cercare, non dico una vita migliore, ma una vita.
Tra questi profughi, parecchi sono gli individui LGBTQ+. E per loro, scappare da un Paese che li sottopone a pene severissime (dall’incarcerazione, alla tortura e alla morte) è, forse, ancora più difficile che per gli altri.
Come possono dimostrare che la loro vita è in pericolo? Non sono dissidenti politici e, magari, da dove vengono non c’è nemmeno la guerra. E fare appello ad una violazione dei diritti umani potrebbe essere la mossa sbagliata, visto che il ministero degli Esteri italiano ha emanato recentemente il decreto “Paesi sicuri”.
Per parlare di questo e, in genere, della condizione dei rifugiati queer in Italia è con noi Gabriella Friso, del direttivo di “Certi diritti”. Lasciamo a lei la parola.
Cosa sono i Paesi sicuri e quali sono?
I paesi di origine sicuri sono quelli in cui, secondo una valutazione ministeriale, viene garantito lo stato di diritto e possono essere considerati così sicuri da legittimare le procedure accelerate. In altre parole, la situazione del paese è tale da presumere che le richieste di protezione internazionale non siano MAI fondate.
Con il decreto del ministero degli Esteri pubblicato il 7 maggio, è stata ampliata la lista dei paesi di origine sicuri, che sono passati dai 16 già individuati a marzo 2023 ai 22 nel 2024 con una aggiunta di altri 6: all’Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia e Tunisia si sono aggiunti Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka.
Cosa prevede la procedura accelerata e quali conseguenze ha per i richiedenti asilo?
La procedura accelerata ha delle conseguenze processuali molto pesanti, sul piano del diritto alla difesa: i tempi della procedura sono molto stretti (il termine complessivo per l’esame e l’adozione della decisione è di nove giorni dalla trasmissione degli atti dalla questura alla commissione territoriale, ovvero sette giorni per l’audizione e due giorni per la decisione), quelli dell’impugnazione sono dimezzati: dopo il primo diniego fatto dalla commissione territoriale, i richiedenti possono essere espulsi e devono chiedere la sospensiva dell’espulsione, le commissioni possono bocciare senza motivare il diniego, facendo riferimento solo al Decreto Paesi sicuri e l’onere della prova è a carico del richiedente asilo e quindi è lui che deve dimostrare che il suo paese di origine per lui non è sicuro (pensate alle persone LGBTI+ e alle vittime maschili di tratta).
Infine sono proprio le persone che hanno la nazionalità di quei 22 paesi a poter finire nei centri per migranti in Albania, voluti dal governo di Giorgia Meloni e previsti dal protocollo firmato con il premier albanese Edi Rama.
Il Governo italiano ha poi previsto il trattenimento in frontiera dei richiedenti asilo provenienti da Paesi di origine, trattenimento negli hotspot o nei centri di permanenza per il rimpatrio, dove potrebbero essere rilasciati… solo con un pagamento fatto PERSONALMENTE di 4838,00 euro come “garanzia finanziaria” ma che di fatto è una vera e propria “estorsione”. Questo trattamento non è riservato a tutti, ma è destinato a chi non ha il passaporto e a chi non ha soldi. Cioè, alla stragrande maggioranza di chi arriva in Italia…
Quali sono le conseguenze per le persone LGBTI+?
Come sapete l’elenco di Paesi sicuri comprende nazioni in cui avvengono persecuzioni, o tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, o pericolo a causa di situazioni di violenza indiscriminata in ragione del proprio orientamento o identità di genere, al punto tale che alcuni Paesi possono persino essere collocati tra i Paesi più problematici del mondo per ciò che riguarda il rispetto dei diritti umani fondamentali. Tra questi, molti considerano reato e perseguono con leggi le persone LGBTI+, le incarcerano, in altri, la cultura e la religione espongono comunque queste persone a violenze e le mettono in pericolo di vita.
Una volta giunte in Italia, in tempi così ristretti, sarà sempre più difficili intercettarli (dall’ Albania sarà anche impossibile), e garantire loro un supporto adeguato durante il percorso per la richiesta di protezione. Molti richiedenti LGBTI+ anche in Italia cercano di nascondere la loro condizione personale perché: non conoscono la legge italiana, hanno paura e se ne vergognano, quelli che sono nei centri d’accoglienza temono violenze da parte dei loro compagni e dei loro compaesani, hanno paura che se la notizia arrivasse nel loro Paese le loro famiglie potrebbero essere in pericolo, anche quelli che dalle famiglie sono stati scacciati, e non è facile parlare di queste condizioni personali con persone che non conoscono, raccontare nei dettagli la loro storia dopo essersi nascosti/e per una vita. In questo contesto il loro isolamento è abissale e chi si occupa di richiedenti asilo di solito intercetta queste persone solo dopo il diniego in commissione.
Ma con la necessità di chiedere la sospensiva all’espulsione e con solo 15 giorni per depositare il ricorso in tribunale è davvero difficile per loro trovare un/a avvocato/a affidabile e riuscire a documentare (come?) il loro orientamento sessuale.
Ma la lista dei Paesi sicuri non prevede eccezioni?
Nelle schede predisposte dal MAECI (Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) e che il Governo non allega al decreto anche se dovrebbe farlo, ci sono indicate delle eccezioni:
“il Paese è sicuro tranne per le persone LGBTI+, le donne…” Ma il Governo non ha MAI inserito nel Decreto alcuna eccezione.
Quindi queste persone cosa rischiano?
Rischiano di essere rimandate nei loro paesi di origine e quindi ritrovarsi nella situazione di grave pericolo da cui hanno tentato di fuggire. Solo se si ha a disposizione del tempo, queste situazioni possono emergere e solo se vengono seguite in maniera appropriata, possono aspirare a vedere loro riconosciuta una protezione a cui hanno diritto, ma in questa situazione è veramente difficile anche solo intercettarli, riuscire in pochissimi giorni a raccogliere la loro storia, documentarla per quanto possibile e supportare la loro richiesta di asilo con una documentazione adeguata.
Tu come riesci ad aiutare le persone LGBTI+ che si rivolgono alla tua associazione?
Certi diritti lavora con altre associazioni e io sono anche la responsabile dell’Ufficio diritti di Les Cultures di Lecco, quindi incontro al più presto questi richiedenti asilo, li informo sui loro diritti, cerco di creare un rapporto di fiducia e quando sono attendibili, preparo una relazione che depositiamo nel ricorso, con un dossier aggiornato sulle condizioni delle persone LGBTI+ nei loro paesi di origine. Se si trovano nel nostro territorio, le metto in contatto con il gruppo asilo dell’Associazione Renzo e Lucio in modo che possano anche loro incontrarli ed eventualmente scrivere una seconda relazione sulla loro attendibilità, quelli che sono nel resto dell’Italia, li seguo utilizzando le mail e altre piattaforme che ci permettono di vederci e dialogare, cerco di collaborare con gli avvocati che li seguono nei ricorsi o li metto in contatto in tutta Italia soprattutto con quelli di ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) che sono affidabili e preparati.
Tutto questo in pochissimi giorni…talvolta è impossibile anche solo raccogliere delle certificazioni mediche per le persone che hanno subito violenze (pensate ad un referto psicologico o di un medico che possa certificare delle cicatrici e/o conseguenze di violenze subite…). E’ una vera lotta contro il tempo.
E’ possibile contrastare il Decreto sui Paesi sicuri?
A livello politico con altre associazioni abbiamo chiesto inutilmente di almeno inserire nel decreto le categorie a rischio, ma siamo stati inascoltati. In ambito di revisione, la lista governativa si è allungata comprendendo Paesi più per ragioni politiche che esaminando davvero le condizioni dei diritti umani … basti pensare alla Tunisia o all’Egitto o il Bangladesh. Tra l’altro le liste dei Paesi sicuri sono DIVERSE a seconda delle nazioni che in Europa le hanno adottate.
Per ora il contrasto legale giudiziario è la via più utile che vedo perché… le Questure “aggirano la legge” nel senso che danno gli appuntamenti ai richiedenti asilo SOLO quando la Commissione permette di rispettare i tempi delle procedure accelerate, cioè i richiedenti restano in attesa per mesi e mesi e poi, parte la convocazione in Questura per la compilazione del modulo di richiesta asilo (C3).
Ebbene sul rispetto di questi termini per cui le Questure dovrebbero passare la documentazione alle commissioni “senza ritardo” e anche la comunicazione della decisione della commissione al richiedente (ho un caso in cui è stata comunicata 15 mesi dopo…), stiamo ottenendo i primi pronunciamenti in tutta Italia che riportano le procedure da accelerate ad ordinarie con più garanzie quindi per i richiedenti asilo.
Per questo vi suggerisco ed è importantissimo che i richiedenti asilo seguano queste indicazioni:
- prima di tutto inviare a mezzo PEC la manifestazione di volontà della persona alla Questura senza aspettare l’appuntamento;
- poi mandare il richiedente in Questura accompagnato da un operatore legale o da qualche persona o avv. che possa testimoniare con uno scritto l’impossibilità di ottenere l’appuntamento in Questura;
- sarebbe anche utile mandare poi una diffida alla Questura per l’accesso alla domanda;
- e, per chi lo volesse, incardinare ricorso 700 (in caso di urgenza) oppure 702-bis con istanza cautelare.
In ogni caso anche solo i primi due passaggi ci offrirebbero ottime argomentazioni sia per chiedere, e spero ottenere, più procedure ordinarie e anche argomentazioni utili nella presentazione di domande reiterate, che, visti i tempi e le poche garanzie delle richieste per i richiedenti provenienti dai Paesi “sicuri”, diventeranno sempre più numerose. Anche in questo secondo caso, sarebbe utile anticipare la reiterata con una PEC alla questura in cui si elencano gli elementi nuovi che la giustificano.
Quindi mai arrendersi?
Certo, mai arrendersi! E’ utilissimo che le persone conoscano queste situazioni e che osteggino, con tutti i mezzi democratici, la contrazione del diritto di asilo di cui sono vittime soprattutto le persone più vulnerabili e quindi le persone LGBTI+.
Questo governo sta mettendo a grave rischio qualsiasi libertà civile: pensate solo ai diritti delle donne, dei carcerati per cui è diventato reato anche la “resistenza passiva”, dei minori, dei figli delle coppie dello stesso sesso …solo per richiamare qualche esempio.
Per chi volesse dare una mano alla campagna “DIFENDIAMO I RIFUGIATI LGBTI: NO AL DECRETO PAESI SICURI“, rendendola più incisiva, può farlo firmando qui.
Grazie a tutti coloro che vorranno contribuire.
Nel ringraziare Gabriella, ricordiamo ai lettori l’email di “Certi diritti” (info@certidiritti.org) a cui rivolgersi per ulteriori informazioni ed un aiuto concreto che, nel caso dei profughi LGBTQ+, può davvero salvare la vita.