Nuove strade. Quando le vite e le esperienze di “amore e accettazione” delle lesbiche cattoliche s’incontrano
Articolo di Laura Oldfather* pubblicato sul sito di Outreach (USA) il 15 luglio 2023, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
Pensa al più grande gruppo di lesbiche in cui tu sia mai stata, cioè una stanza in cui ci siano in maggioranza donne queer? Se me lo avessero chiesto prima del 16 giugno (2024), probabilmente avrei risposto il locale Henrietta Hudson del West Village, uno dei pochi bar lesbici rimasti nel paese. Ora, invece, dovrei includere la sessione delle lesbiche cattoliche alla Conferenza sulla Pastorale Cattolica LGBTQ organizzata da Outreach quest’anno.
Ho avuto l’opportunità di partecipare per lavoro alla conferenza tenutasi alla Fordham University il mese scorso. Ho partecipato a molte sessioni durante il (lungo) fine settimana e tutte hanno trattato argomenti estremamente importanti in maniera assolutamente gradevole ma, secondo me, la sessione delle lesbiche cattoliche rappresenta la gemma nascosta della conferenza.
Non mi aspettavo che questa sessione fosse così entusiasmante e piena di contenuti di rilievo, con così tante persone che condividevano storie così vitali e una fede così prorompente, e di certo non ero l’unica a pensarla così. La moderatrice, Marianne Palacios, ha aperto la sessione affrontando l’argomento della stessa parola “lesbica” e di come alcune persone non si identificano con quella parola e preferiscono queer come un più ampio termine ombrello.
Le altre due relatrici, Emma Cieslik e Shelly Fitzgerald, hanno continuato la conversazione. Dopo essersi presentate, hanno parlato degli effetti dannosi della cultura della purezza, dell’esperienza di essere queer lavorando nell’amministrazione delle scuole cattoliche e di come Maria possa essere un modello particolarmente utile.
Uno dei temi della sessione era il motivo per cui le persone rimangono nella fede quando tutto il contesto religioso in cui vivono sembra spingerle fuori. «Non mi sento di appartenere alla Chiesa e continuerò a lottare per poter avere quel posto», ha detto Fitzgerald. «Voglio essere una persona che continua a lottare per le persone che vogliono far parte della Chiesa, [anche se] sentono di non avere più la forza o il desiderio di combattere».
Palacios ha spiegato: «Sono così profondamente convinta dell’amore di Dio per me, che mi rifiuto di andarmene perché ho bisogno che tutti gli altri sappiano che anche Dio li ama e che la nostra fede è un dono».
I membri del pubblico hanno posto domande importanti sugli aspetti teologici e sulla vita pratica delle lesbiche cattoliche. La discussione è stata intima e sincera, e tutto in un contesto di amore e accoglienza che così spesso manca quando si parla di essere lesbica negli ambienti cattolici.
Questa è certamente una pastorale di accoglienza e di impegno, ma penso che spesso si dimentichi che è anche una pastorale di gioia. Le relatrici e i partecipanti hanno discusso argomenti di grande intensità, come essere ripudiati da genitori cattolici, essere licenziati dalle scuole cattoliche e di ogni sorta di sofferenza inferta in nome del cattolicesimo per il crimine di essere se stesse. Ma ci sono state anche molte risate e molte battute. C’è stato anche un grande sollievo nel vedere finalmente altre persone con le stesse esperienze, lo stesso impegno per una realtà di fede, quella della Chiesa, che non sempre sembra ricambiare lo stesso impegno.
La conferenza ha affrontato anche il tema della persistente mancanza di diversità razziale e transgender. A New York City ci sono dozzine di bar gay ma solo tre bar lesbici. E negli spazi femminili lesbici e queer, si ascoltano spesso solo le voci di persone bianche e cisgender. Questa tendenza si riscontra anche quando si parla dell’esperienza queer nel contesto cattolico.
Nella stanza c’erano donne in maggioranza bianche e in maggioranza cisgender. In un mondo in cui le donne queer di colore e in particolare le donne transgender di colore subiscono violenza in proporzione molto più elevata rispetto alle donne bianche e cisgender, le loro voci devono essere ricercate, valorizzate e, soprattutto, protette.
Cieslik mi ha parlato della sua attività con Queer and Catholic History, un progetto di storia orale che documenta le voci di persone le cui esperienze non sono rappresentate nei documenti scritti, sia a causa dell’emarginazione all’interno delle loro comunità, sia per il fatto che quelle testimonianze vengono spesso trascurate o cancellate nel contesto delle fonti storiche tradizionali.
«La nostra intenzione era concentrarci non solo su questa esperienza cattolica cis, eterosessuale, maschile, queer, che è incredibilmente interessante e importante, ma anche parlare della diversità etnica all’interno delle comunità cattoliche queer, e anche di come l’etnia sia parte dell’esperienza di un’identità cattolica queer», ha detto Cieslik.
La mia esperienza, in questa meravigliosa stanza piena di diverse generazioni di persone lesbiche, è stata quella di vedere quanto sia utile e terapeutica questa pastorale, e soprattutto quanto sia necessaria. Non è facile essere queer, donne e cattoliche, ma durante i novanta minuti di questa sessione, le persone sono state in grado di alleviare questo peso ed essere semplicemente se stesse.
«Per così tante di noi che sono state ferite dalla Chiesa nei modi che abbiamo visto, poter condividere ciò e ricevere l’amore che abbiamo ricevuto in maniera così evidente è molto curativo», ha detto Fitzgerald. «Spero che continuino ad esserci posti come questo, in cui è possibile condividere le nostre storie e sentire amore nonostante tutto il dolore».
* Laura Oldfather è una stagista presso America Media e una studentessa universitaria che studia giornalismo e teologia alla Fordham University.
Testo originario: A gathering of Catholic lesbians at the Outreach conference stressed “love and acceptance”