Le vite vissute dagli uomini trans nell’America dell’inizio del ventesimo secolo
Testo di Emily Skidmore tratto da “True Sex: The Lives of Trans Men at the Turn of the Twentieth Century”, NYU Press, 2017, capitolo 3, pagina Pag.68-67, liberamente tradotto con DeepL.com, revisione di Innocenzo Pontillo
Alcuni uomini trans sono stati in grado di trovare il sostegno necessario per condurre una vita accettabile nelle aree rurali (degli Stati Uniti) tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. George Green, William Howard, Willie Ray e Joe Monahan (tutte persone nate donne, ma che avevano assunto nome e identità maschili ) al tempo sono stati in grado di essere accettati (o almeno tolleranti) nelle loro comunità rurali perché le strutture familiari che regolavano la vita nelle piccole comunità gli hanno permesso di farsi perdonare le loro trasgressioni di genere.
Sono stati tollerati come eccentrici e hanno potuto vivere le loro vite queer relativamente senza ostacoli. Tuttavia, vale la pena notare che uno dei fattori principali che probabilmente ha permesso a Green, Howard, Ray e Monahan di essere accettati semplicemente come “eccentrici” fu che erano tutte persone bianche. Nelle realtà di campagna, probabilmente, non sarebbero stati così tolleranti nei confronti delle loro trasgressioni di genere se fossero state delle persone di colore. Del resto, dato che all’inizio del XX secolo la maggior parte dei linciaggi di neri avvenivano nel Sud degli Stati Uniti. Se Willie Ray (nata donna ma che aveva assunto un identità maschile) fosse stato nero, l’accusa di essere diventato troppo amichevole con la moglie di un uomo bianco avrebbe potuto costargli la vita.
Essere bianchi, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, offrí a Ray, Green, Howard e Monahan tutti i privilegi a cui gli uomini trans di colore non potevano accedere facilmente, L’essere bianchi gli assicurò di poter viaggiare senza essere molestati, di poter trovare lavoro e di cercare impunemente l’amore. (…)
L’essere bianchi offriva dei privilegi a tutti gli individui percepiti come tali, anche a quelli che erano queer.
Le storie di uomini trans e di altre figure trasgressive del genere (tra cui travestiti e donne che si atteggiavano a uomini) sono apparse con grande frequenza sulla stampa popolare statunitense durante i primi decenni del XX secolo. Queste storie avevano un grande fascino sui lettori, poiché parlavano dei “guai che fanno i travestiti”.
Infatti le crescenti ondate di immigrazione, il movimento per i diritti delle donne, così come l’aumento dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione in quegli anni avevano trasformato il modo in cui gli americani vivevano, lavoravano e si rapportavano con coloro che li circondavano. A molti, questi cambiamenti sembravano minacciare la stabilità della nazione perché sfidavano due delle strutture di potere fondamentali della società statunitense: il dominio maschile e la supremazia bianca.
In questo mondo le storie di persone che si rifacevano o inventavano nuove identità avevano un grande fascino. Tuttavia, queste narrazioni avevano anche il potenziale per creare grande scandalo nei lettori. Così i giornali di tutta la nazione (in quanto istituzioni investite di dover mantenere lo status quo) hanno dovuto sviluppare delle convenzioni narrative attraverso le quali presentare le vicende dei trasgressori di genere, al fine di neutralizzare il loro potenziale attacco alle regole della società del tempo.
Le storie di giovani donne che si spacciavano per uomini per viaggiare insieme alla loro dolce metà o per commettere un crimine erano relativamente facili da delegittimare per i giornali. Le narrazioni spesso si concentravano su quanto imitassero male gli uomini o su come la loro stupidità femminile li rendesse facilmente identificabili come donne.
Le storie degli uomini trans, tuttavia, erano difficili da ridicolizzare. Come potevano spiegare i giornali come un individuo nato femmina potesse passare con successo come un uomo per anni, persino decenni?
I giornalisti dei giornali nazionali hanno risposto a questa domanda sviluppando una narrazione sorprendente. Le storie più diffuse in questo periodo non patologizzavano gli uomini trans, ma celebravano invece la loro riuscita esibizione della mascolinità. In effetti, tali storie fornivano ai giornali un mezzo per esplorare i valori normativi associati alla mascolinità e all’appartenenza alla comunità.
Le storie più positive si concentravano su quelle persone trans che eccellevano nell’incarnare non solo la mascolinità, ma un particolare tipo di identità maschile: quella del cittadino bianco ed economicamente indipendente. In quanto tale, le storie di uomini trans bianchi sono diventate il mezzo attraverso il quale i giornali nazionali del tempo potevano esaltare le virtù delle norme sociali, per celebrare l’importanza del duro lavoro, della produttività economica, dell’indipendenza e del servizio alla comunità.
In un contesto in cui molte cose stavano cambiando, gli editori dei giornali si concentrarono sulle storie degli uomini trans per assicurare ai lettori che il patriarcato, le regole della societá e la supremazia bianca regolavano ancora l’accesso al potere e all’autodeterminazione.
Testo originale: The Trouble That Clothes Make”: Whiteness and Acceptability