Piccoli segni. Perché a Trieste pregheremo per le vittime dell’omofobia
Intervista di Innocenzo Pontillo a Gianluca Tornese del 14 aprile 2013
“Quest’anno, per la prima volta, organizzeremo a Trieste la Veglia per le vittime dell’omofobia come Progetto Rùah insieme alla Chiesa Metodista e al gruppo FGEI di Trieste.
E’ un dono prezioso dello Spirito Santo in occasione della nostra festa, la Pentecoste. La speranza è sempre la stessa: che lo Spirito rinnovi la faccia della terra… e quindi anche Trieste e il Friuli-Venezia Giulia!”.
Con queste parole Gianluca Tornese, autore del bel romanzo “Marito e Marito” (editrice Claudiana, 2012) e animatore del gruppo Progetto Rùah, gruppo di cristiani omosessuali di Trieste, inizia a raccontarmi della veglia ecumenica di Pentecoste per le vittime dell’omofobia e di ogni forma di discriminazione che, per la prima volta, avrà luogo a Trieste perché, aggiunge con entusiasmo “ogni preghiera, se vissuta con fede, provoca un cambiamento nei nostri cuori” perciò “il ritrovarsi insieme, il fare comunità è uno dei frutti di queste veglie. Credo che chiunque vi partecipi venga coinvolto da questo spirito”.
Ma Gianluca come hai scoperto le veglie di preghiere per le vittime dell’omofobia e perché ti hanno colpito tanto da spingerti a impegnarti perché questo momento ecumenico di preghiera potesse trovasse casa anche nella tua città?
Ho scoperto dell’esistenza delle veglie quando ho partecipato al primo Forum (dei cristiani omosessuali italiani) nel 2010. Il Progetto Rùah ancora non esisteva (era ancora solo un’idea) ma avevo il desiderio di pregare insieme ad altri fratelli e sorelle in quella occasione speciale.
“Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”, era il tema di quell’anno, e lo sentivo particolarmente significativo in quel periodo. Non potendo organizzare una veglia in loco, provai comunque a “fare qualcosa” scrivendo un canto sul tema da mettere a disposizione dei gruppi. Ma non mi bastava… così montai in macchina e mi diressi verso la veglia più vicina, quella organizzata del Gruppo Emmanuele di Padova.
Come per tutte le “prime volte”, conservo un ricordo vivo di quella serata in cui insieme pregavamo, cantavamo, traendo forza dalle nostre storie anche dolorose per chiedere a Dio di versare il suo balsamo sulle ferite di tutti coloro che ancora soffrono a causa della loro omosessualità.
Essere gay e cristiano non è facile, spesso perché le nostre chiese non sanno accoglie, ascoltare e comprendere chi vive questa realtà. Quale è stato il tuo cammino di vita e di fede, personale e comunitario, che hai dovuto percorrere per conciliare questi due aspetti?
Da quando ero piccolo insieme alla mia famiglia ho sempre vissuto un cammino di fede, all’inizio un po’ per “trascinamento”, ma poi per esperienza personale. Quando Dio si rivela nella vita (e non parlo di visioni mistiche!), non si può più far finta di non conoscerlo. E così, quando ho capito e finalmente accettato di essere omosessuale, mi sono trovato con una lacerazione interiore molto dolorosa: essere me stesso e vivere la mia vita da omosessuale oppure reprimere me stesso e seguire le indicazioni della chiesa cattolica per continuare a essere un buon cristiano?
Grazie a Dio ho scoperto che esisteva una terza via: il Creatore non ha fatto un errore di fabbricazione con me e con tutti i gay e le lesbiche di questo mondo e, per qualche motivo a me sconosciuto, oltre ai capelli neri, agli occhi marroni, mi ha dato anche un cuore che batte per un altro uomo invece che per una donna. E così ho cominciato a ringraziarlo per come mi ha creato, “come un prodigio”.
Certo, è difficile vivere apertamente nelle realtà ecclesiali, ed è per questo che il mio cammino di fede si lega principalmente all’esperienza del Progetto Rùah, nel quale condividiamo il cammino di fede accomunati dalla nostra affettività.
Secondo te quale messaggio importante le veglie di preghiera per le vittime dell’omofobia lanciano a noi cristiani e alle nostre chiese?
“Dio è amore”: questo è il riassunto del messaggio cristiano, e queste veglie servono per ricordare che non può esistere l’odio autorizzato e suffragato da una confessione religiosa.