“Niente da curare”. Il racconto delle terapie di conversione subite dai cristiani LGBT+
Dialogo di Katya Parente con Elisa Belotti
La comunità scientifica internazionale ha, ormai da anni, escluso l’omosessualità (e più in generale la queerness) dalle malattie mentali. Discorso diverso quello della Chiesa cattolica che, pur ammettendo che “un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate“, afferma anche che si tratta di qualcosa di oggettivamente disordinato (cfr. Catechismo 2385). Ed è proprio qui che entrano in campo sedicenti guaritori che promettono di “sanare la ferita interiore” delle persone LGBTQ+ facendole diventare eterosessuali – cosa peraltro impossibile e assolutamente deleteria.
Tutto questo e molto altro riguardante le famigerate terapie riparative è stato affrontato dalla giornalista Elisa Belotti, la cui graphic novel “Niente da curare” è disponibile sul numero 10 de La Revue Dessinée Italia. Oggi è qui con noi per una breve chiacchierata.
Perché scrivere di terapie riparative, e perché ha scelto di farlo con una graphic novel?
Occupandomi di comunità marginalizzate e fede, le terapie riparative ricorrono spesso tra i fenomeni diffusi nel tempo e nello spazio. Sono state e continuano a essere un capitolo buio della storia LGBTQ+ e quindi della nostra storia collettiva, di cittadinə del mondo. Comprenderle, narrarle e contrastarle significa contribuire a smantellare la patologizzazione che ancora oggi avvolge lo sguardo con cui l’opinione pubblica osserva la queerness. Nonostante l’OMS abbia tolto l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali dal 1990 (l’APA nel 1973) e abbia fatto lo stesso con l’identità trans nel 2018, ancora si parla delle persone queer come malate, contro natura, che potrebbero – se solo lo volessero abbastanza – cambiare. Ѐ di questa cultura che si nutrono le terapie di conversione.
Per quanto riguarda la forma di “Niente da curare”, dopo aver scritto “La fede molesta” (l’inchiesta sugli abusi sulle religiose) per il n. 3 de La Revue Dessinée Italia, ho proposto alla rivista una nuova inchiesta. Mi ero già occupata di terapie riparative in passato, monitorando la situazione europea. Era da tempo che volevo uno spazio in cui analizzare questo tipo di abusi e mi è sembrata l’occasione perfetta perché il fumetto permette di conservare la complessità del fenomeno e delle esperienze raccolte, facendole arrivare a chi legge non solo con le parole ma anche con le immagini.
Com’è nata la collaborazione con Nicolò Pellizzon?
La Revue Dessinée Italia, dopo aver selezionato le inchieste da inserire tra le proprie pagine, si occupa di abbinare giornalista e fumettista. Quindi in realtà è stata una loro decisione. Nicolò, oltre ad aver lavorato con grande sensibilità all’adattamento delle storie che le persone hanno deciso di condividere, ha arricchito il tutto con riferimenti all’arte sacra e toni apocalittici. Questo ha permesso di rendere ancora meglio la complessità e anche la drammaticità dell’inchiesta.
A latere della graphic novel, elenchi diverse altre risorse contro le terapie riparative. Quanto è importante conoscere questa realtà e smascherarla per l’abuso che perpetua?
Fondamentale. Con “Niente da curare” si capisce come il fenomeno delle terapie di conversione sia variegato e diffuso. Dal percorso strutturato al gruppo parrocchiale, dalla persona di Chiesa al/la terapeuta, sono numerosi i canali tramite cui noi o le persone a noi care possono finirci dentro. Quindi diventa davvero importante imparare a riconoscere le terapie riparative, capire come funzionano, su cosa fanno leva. Sia perché l’astio verso le persone LGBTQ+ nella nostra società alimenta queste pratiche, sia perché l’omobitransfobia interiorizzata rende vulnerabili. Informarsi, capire la complessità di questo fenomeno e la sua capillarità ci permette di prevenirlo e contrastarlo. Soprattutto in mancanza di una specifica legge che vieta tali pratiche.
Paradossalmente, le terapie riparative non solo non riescono nel loro intento di riparare qualcosa che non ha bisogno di essere riparato, ma addirittura sono dannose. Chi le sperimenta vive sintomi vicini al PTSD, da perdita di autostima, depressione, ansia, isolamento sociale ad azioni suicidarie. Senza contare il fatto che nel 2016 la World Psychiatric Association ha dichiarato che non ci sono prove scientifiche valide che permettono di affermare che l’orientamento sessuale possa essere cambiato. Le terapie di conversione, quindi, non hanno alcuna validità né beneficio, anzi.
Per questo al termine del fumetto invito chi legge a firmare le campagne di Meglio a colori e ACT a favore di un “conversion therapy ban” (divieto delle terapie di conversione). Per sostenere insieme che nell’identità delle persone non c’è niente da curare.
Ti interessi da sempre di queerness. Perché?
Charlie Murphy, musicista folk e attivista di quello che allora si chiamava “movimento gay“, nel 1979 cantava un brano intitolato “Gay Spirit“. “When we were born, they tried to put us all in a cage / Then tell our bodies what to feel / We had chosen to feel all the truth / That our bodiеs do reveal” (Quando siamo nati, hanno cercato di metterci tutti in una gabbia / Per poi dire ai nostri corpi cosa sentire / Avevamo scelto di sentire tutta la verità / Che i nostri corpi rivelano). Per riconoscerla questa verità – e quindi questa molteplicità che scavalca ogni norma – bisogna sapere che esiste. Io cerco di raccontarla attraverso il mio lavoro. Come giornalista mi occupo di comunità marginalizzate, di persone, esperienze e prospettive che sono dissidenti rispetto a ciò che costituisce lo standard. Realtà che interrogano e mettono in discussione la norma e che, ancor prima di tutto ciò, meritano di essere raccontate per il semplice fatto che esistono.
E se i nostri lettori volessero seguirti?
Oltre che tra le pagine della Revue, mi trovate come giornalista freelance su True News, alla conduzione del podcast Cristianə a chi? e molto presto su Substack con una nuova newsletter: Senza mulini () e naturalmente anche sui social.
Ringraziamo Elisa, di cui segnaliamo anche la pagina di campsite e il canale YouTube, per la sua inchiesta che mette in guardia, se ancora ce ne fosse bisogno, sui seguaci di Joseph Nicolosi & co. Non possiamo che concludere citando Lady Gaga: “we’re on the right track, baby, we were born this way” (siamo sulla strada giusta, baby, siamo nati così).