Il Cardinale Chow: “Quello che le persone LGBT+ mi hanno insegnato durante il Sinodo”
Riflessioni del cardinale gesuita Stephen Chow, vescovo di Hong Kong (Cina), pubblicate sul Sunday Examiner, sito del settimanale della diocesi di Hong Kong, il 1 novembre 2024, liberamente tradotte da Innocenzo Pontillo
Immagina questa scena: una donna si avvicina e ti dice con sincerità che desidera solo essere parte della tua comunità. Ti confida che vuole restare, dare il suo contributo con tutto ciò che ha per tutta la vita, e ti chiede che la tua comunità accolga chiunque voglia entrarvi con il cuore aperto, specialmente chi viene dalle periferie della società. Tu cosa faresti? La ignoreresti? Le diresti che non c’è posto per lei? Oppure le tenderesti una mano?
Sono certo che, a meno che quella persona non si comporti in modo ostile o palesemente disonesto, il tuo istinto sarebbe quello di ascoltarla, di darle almeno una possibilità. Perché non farlo?
Ma cosa succederebbe se, in questa conversazione, lei ti dicesse di appartenere alla comunità LGBTQ? Saresti ancora disposto a darle ascolto? Oppure, senza esitazioni, chiuderesti quella porta? E se lo facessi, ti sei chiesto perché?
Se davvero vogliamo che la Chiesa cattolica diventi una Chiesa sinodale, dobbiamo imparare ad ascoltare tutti, anche coloro che fatichiamo a comprendere o con cui non ci identifichiamo. Questo è il cuore della sinodalità: ascoltare non solo chi è vicino a noi, ma anche chi viene da strade che non abbiamo percorso.
L’8 ottobre (2024), durante il Sinodo, un confratello gesuita mi ha invitato a partecipare a un incontro con alcune persone della comunità LGBTQ. Non era un evento ufficiale del Sinodo, ma ho deciso di esserci. Perché? Perché ascoltare è un atto fondamentale in una Chiesa che vuole essere veramente sinodale. Queste persone, alcuni cattolici impegnati, facevano fatica a trovare membri della gerarchia disposti a prestare loro attenzione. Non potevo restare indifferente.
Ascoltare non è solo udire. È un gesto di apertura che ci invita a mettere da parte pregiudizi, paure e ignoranza. Certo, alcune voci possono farci sentire a disagio o persino scuotere le nostre convinzioni. Ma è proprio qui che siamo chiamati a fare un passo avanti. Chi rifiuta di ascoltare, spesso si nasconde dietro giustificazioni come: “So già cosa diranno. Perché dovrei perdere tempo?” o “Non voglio che pensino che approvo i loro comportamenti peccaminosi”. Tuttavia, chiudere le orecchie non è mai stato un tratto distintivo del Vangelo.
Ho avuto la grazia di partecipare a quell’incontro e di guidare la preghiera iniziale. È stato un momento forte, un promemoria che la Chiesa, riflesso dell’amore trinitario, deve prendersi cura di tutte le persone, compresa la comunità LGBTQ. Certo, non tutti nella Chiesa condividono questa apertura, e alcuni addirittura disprezzano questi fratelli e sorelle. Ma quel giorno ho sentito qualcosa di diverso: non accuse, non provocazioni, ma una profonda speranza.
Le loro parole erano semplici e sincere:
- Perché vuoi restare nella Chiesa cattolica? “Perché è la mia famiglia. Vi appartengo. Voglio che il mio funerale si celebri in questa Chiesa.”
- Cosa chiedi alla Chiesa? “Lasciateci entrare per servire”; “Sono una donna anziana. Voglio solo dare il mio contributo alla comunità.”
- Cosa diresti ai delegati del Sinodo? “Sono un medico. Come ho giurato di non fare del male, chiedo a loro di fare lo stesso”; “Vorrei che conosceste le persone vere, quelle che nascondono il loro volto per paura del giudizio della Chiesa.”
Non c’era astio nelle loro voci, solo amore per la Chiesa e il desiderio di essere accolti. Questo incontro mi ha insegnato che la sinodalità non è solo un metodo, ma una via per costruire relazioni, per iniziare percorsi di guarigione e riconciliazione.
In questo mese di novembre, quando ricordiamo i defunti e riflettiamo sulla nostra vita terrena, siamo chiamati a pentirci, riconciliarci e aprire i nostri cuori all’amore. È il momento di ascoltare e accogliere chi vuole camminare con noi nella Chiesa. Solo così potremo costruire, insieme, una comunità più forte, capace di testimoniare il Vangelo con autenticità.
Ascoltiamo e apriamo le porte. Forse, nel camminare fianco a fianco, scopriremo che abbiamo tutti molto da imparare e che il Vangelo dell’amore si realizza proprio nel riconoscerci come fratelli e sorelle.
Testo originale: Reflections from the cardinal: Listen…I belong