Rileggendo la Bibbia: l’omosessualità e il messaggio di Isaia
Articolo di Frederick J. Gaiser tratto dal sito Religion Online (Stati Uniti), liberamente tradotto da Simone Ramacci
Se quelli che nella chiesa sono favorevoli a cambiare comportamenti e usi di vecchia data nei confronti degli omosessuali fossero solo dei relativisti senza considerazione alcuna per la Bibbia o la tradizione, il dibattito sarebbe più facile.
Varrebbe lo stesso discorso, ovviamente, se quanti vogliono mantenere questi usi e comportamenti fossero solo inguaribili omofobi che scelgono i passi della Bibbia che fanno loro comodo. Ma non è così.
Benché vi possano essere delle persone che rientrino più o meno in queste categorie, la dura verità è che i Cristiani di buona volontà – o meglio, i Cristiani di comprovata fede – per i quali la Bibbia rimane fonte e legge per la fede e la vita, sono sinceramente in disaccordo su quanto i passi biblici sui comportamenti omosessuali siano attinenti alla situazione corrente. In altre parole l’esegesi – per quanto importante – non risolverà il problema.
Cosa fare dunque? Ci sono molti modi per continuare responsabilmente questa discussione. Un modo è cercare una soluzione in una situazione presente nella Bibbia in un certo senso simile.
La situazione che ho in mente è quella che il popolo di Israele fu costretto ad affrontare dopo l’esilio. Spazzate via tutte le istituzioni preesiliche, cosa avrebbe indicato la strada da seguire? Era forse ora di mettersi sulla difensiva e proteggere le tradizioni del passato dal rischio di pericolose influenze straniere, in una situazione caotica venutasi a creare con l’annessione alla Persia?
Alcuni dicevano di sì, e trovavano solide giustificazioni bibliche in molte parti della legge di Dio che esortano alla purezza, alla santità e alla separazione dal mondo. Altri pensavano che questo potesse essere il momento di accogliere lo straniero e aprirsi a nuove possibilità. Quanti sostenevano questa tesi ricordavano la chiamata di Dio a essere una città sulla collina e una benedizione per tutte le nazioni. Entrambe le parti potevano dichiarare di essere fedeli alla Bibbia e e di trarre da essa un legittimo sostegno.
Ecco il profeta di Isaia 56. Parlando di Dio dice:“Lo straniero che si è unito al Signore non dica: «Certo, il Signore mi escluderà dal suo popolo!» Né dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco!» Infatti così parla il Signore circa gli eunuchi che osserveranno i miei sabati […] «Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto e un nome, che avranno più valore di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più. Anche gli stranieri che […] si atterranno al mio patto, io li condurrò sul mio monte santo e li rallegrerò nella mia casa di preghiera […] perché la mia casa sarà chiamata una casa di preghiera per tutti i popoli” (56:1-7).
Spalancate le porte, dice il profeta. Dicendo questo si metteva chiaramente contro quella parte della legge che comandava il contrario. Dice il Deuteronomio: “L’eunuco, a cui sono stati infranti o mutilati i genitali, non entrerà nell’assemblea del Signore.” (23:1). Un passo simile nel Levitico dice che “nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi” al santuario, compreso uno che abbia “i testicoli ammaccati” (21:18-20).
Alcuni studiosi considerano questo sviluppo presente in Isaia come il corrispondente dell’Antico Testamento di quella reinterpretazione radicale, o addirittura abrogazione, della precedente parola di Dio che ha caratterizzato lo stesso ministero di Gesù (“Vi è stato detto… ma io vi dico…”). Come è possibile?
Il profeta, come Gesù, dichiara di parlare come “uno con autorità”, ovvero proprio come profeta, uno che comunica per conto di Dio parole nuove che danno la vita. Ma quelle antiche parole che escludevano gli eunuchi dall’assemblea e ne limitavano l’accesso agli stranieri, venivano considerate ugualmente autorevoli. Il profeta promuove forse il caos esortando la gente a fare così? No di certo. La promessa, per quanto radicale, rimane sempre all’interno del patto di Dio con Israele.
“Rispettate il diritto e fate ciò che è giusto” dice Isaia (56:1), osservate il sabato e rimanete fermi nel patto. Gli stranieri e gli eunuchi devo osservare la Torah e confessare la loro fede esattamente come fanno gli altri Israeliti. Questa inclusione proclamata in Isaia 56:1-8 non è un’ideologia che annuncia semplicemente l’accettazione, delegittimando ogni pretesa di verità e differenziazione. Invece intende che gli eunuchi e gli stranieri che confessano Yahweh come Dio e sottostanno al patto sono i benvenuti.
Inoltre, la promessa è non un diritto, ma un dono. Un discorso sui diritti civili è sempre necessario, certamente – soprattutto per quanto riguarda la sessualità umana – ma Isaia sta parlando della straordinaria generosità di Dio, che dice “darò loro un nome eterno” agli eunuchi, proprio quelli che non potevano darsi un nome attraverso il normale processo di procreazione.
Il testo va oltre leggi e ordini e parla dalla prospettiva di una grazia divina che cambia tutto. Lo fa, in parte, vedendo il presente alla luce del futuro di Dio. Una nuova salvezza è all’orizzonte, una che, come la vecchia, sarà “una buona notizia per gli umili” e “libertà per quelli che sono schiavi”. La nuova vita sarà possibile anche fra speranze politiche infrante. Come dice Isaia, Dio sta “per fare una cosa nuova” (43:19) – o, per dirla in maniera più moderna, Dio farà quello che nessuno ha mai fatto prima.
Infine, agli occhi del profeta, la questione non è “permettere” a eunuchi e stranieri la partecipazione a una comunità che è in sé completa e che ora si degna d’accettare persone che, purtroppo, non sono come gli altri. Piuttosto è Dio che sta accogliendo “altri” fra “gli esuli d’Israele” che “sono già raccolti” (56:8). Il popolo d’Israele può accettare l’inclusione degli altri perché sa di essere lui stesso esule e peccatore, accolto nella casa di Dio a causa di chi Dio è e cosa ha fatto, non per le proprie virtù. Non c’è un “noi” che magnanimamente accoglie “loro”; c’è una comunità di esuli che insieme ammette la comune necessità di una grazia non meritata.
Cosa può significare questo per l’attuale discussione sul posto nelle chiese dei credenti di orientamento omosessuale? Può la chiesa moderna sentirsi chiamata in causa, insieme alla sua situazione corrente, da sorprendenti parole profetiche che, in nome di Dio, mettono in questione le precedenti parole di Dio? Ovvero, può essere che Dio chiami a “una cosa nuova” nella quale nemmeno le precedenti parole di Dio – buone e adeguate a loro tempo – possano opporsi alla più grande comunità che Dio ha ora in mente?
Una risposta affermativa non sarà universale, ovviamente, come non lo fu al tempo del profeta. Le nuove parole del profeta erano canoniche? Capirà il popolo di Dio che Dio sta lavorando a qualcosa di nuovo? Il tempo (e lo Spirito) ce lo diranno, e la preghiera sarà necessaria.
Allo stesso tempo, la discussione sull’inclusione di “altri” potrebbe trovare un modo per opporre l’esortazione del profeta che tutti – membri ed ex esterni in egual misura – siano chiamati a “rispettate il diritto” e fare “ciò che è giusto”, osservare il sabato e attenersi al patto. “Va bene tutto” non è l’idea del profeta.
Cosa significherà per le coppie omosessuali (o eterosessuali, in questi tempi difficili) osservare il sabato? Cosa significherà per entrambi gli schieramenti di questa discussione – almeno nella misura in cui avviene fra credenti, dentro la chiesa e per il suo bene – superare le ideologie politiche e le guerre culturali e sottostare insieme alla parola di legge e all’evangelo di Dio? Ancora una volta, la conclusione di un tale processo sarà difficilmente scontata, ma Dio potrebbe ancora una volta fare cose sorprendenti fra le persone che si abbandonano alla parola vivente di Dio.
Sottostare alla parola in preghiera attendendo un chiarimento da parte dello Spirito non soddisferà né quelli che chiedono “giustizia ora” né quelli per i quali la stessa fede è a rischio a causa di questo problema – e queste persone continueranno necessariamente con le loro dichiarazioni e proteste. Ma una tale attesa potrebbe evitare di lacerare il corpo di Cristo e permettere finalmente una moderna comprensione che, come il canone biblico, mantenga uno spazio sia per la tradizione che il rinnovamento, sia il vecchio e il nuovo.
* Le citazioni bibliche sono prese dalla Nuova Riveduta (2006)
Testo originale: Homosexuality and the Message of Isaiah