La misoginia e l’omofobia nascosta di molti gay
Articolo di Simon Moritz tratto dal sito The Huffington Post (Stati Uniti), del 17 aprile 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Non me ne sto tranquillo durante il sesso: comunico i miei desideri e chiedo ai miei partner di fare lo stesso. Credo che questo non solo crei un’esperienza sessuale sicura ma contribuisca anche alla massima piacevolezza per tutti e due.
Se emetto dei suoni che non sono parole, più o meno vuol dire che mi sto divertendo.
Gli altri generalmente rispondono con favore a questo tipo di comunicazione non verbale; ho incontrato una sola persona che ha obiettato al mio uso di espressioni non verbali, e questa persona è Peter.
Peter è un gay con cui ho dormito una volta. Lo incontrai in un bar gay quando vivevo a New York, e pensai che era perfetto. Lavorava con i senzatetto e i giovani omosessuali. Aveva un cane. Era un po’ più alto della media, tarchiato, con i jeans, una t-shirt e scarpe da ginnastica alte della Puma. Aveva la barba. Diceva cose tipo “non assomigli per nulla ai ragazzi della tua età” (aveva 11 anni più di me) e “Non vado mai a casa con qualcuno la sera stessa in cui l’ho conosciuto”.
Quando alla fine venne a casa con me e fummo nudi nel mio letto, mi baciò il collo e io cominciai a mugolare e ansimare, su di giri. Lui si fermò, mi guardò negli occhi e disse “Non farlo. È da froci.”
Questo è stato molti anni fa e non avevo ancora imparato che con la gente come Peter bisogna o non farci caso, o riderci su, oppure insegnarle qualcosa, quindi diventai una caricatura del “non frocio”: mi misi a grugnire (senza mugolare), a fingere di non essere stato ferito da ciò che aveva detto (i sentimenti sono cosa da ragazze, mi ricordai di avere imparato nell’infanzia), e provai ad agire nella maniera più maschia possibile, perché questo è il contrario dell’essere frocio, il contrario della checca che gesticola, parla in fretta con la vocina acuta e dice “caro”. Diventai così sciocco perché volevo che Peter mi amasse.
All’appuntamento seguente mi diede buca e da allora non l’ho più sentito. Più tardi, superando la tipica fase “Dove ho sbagliato?” dell’autocolpevolizzazione, mi chiesi “Cosa significa che Peter mi abbia dato del frocio per aver espresso il mio piacere?” E così imparai che la gente come Peter fa parte di un problema più vasto: la pervasiva misoginia.
In inglese usiamo molte parole come “signorina” e “fata”, oppure nomi femminili, come parole omofobe, e nonostante siano certamente utilizzate per perpetuare l’omofobia, di per se stesse non esprimono questo: l’uso di queste parole in senso offensivo si rivolge di solito alle persone dal corpo mascolino che non si comportano abbastanza da maschi. Danno valore alla mascolinità demonizzando la femminilità.
Questo probabilmente è radicato in qualche lettura superata ed essenzialista del genere, per la quale le donne sono il sesso biologicamente più debole e patetico, ma oggi sappiamo che, oltre ad essere assolutamente offensivo, l’essenzialismo di genere è più o meno una cazzata, perché le donne possono votare e lavorare e picchiare uomini sottomessi, e gli uomini possono cucinare e pulire e stare a casa con i bambini.
Ma anche se è relativamente facile decostruire la misoginia dell’inaccettabile atteggiamento di Peter, andare alla radice del perché un uomo, mentre è nudo a letto con un altro uomo e lo bacia, considera l’espressione di piacere di quell’uomo troppo gay, è una cosa più complicata. Il mio suggerimento è che il fatto che Peter mi desse del frocio faccia parte del retaggio culturale generale di noi omosessuali.
Gli omosessuali vivono in una lotta continua: oggi lottiamo per il diritto a sposarci legalmente e nel 2003 lottavamo per il diritto al sesso consenziente, ma sessant’anni fa i modelli di ruolo gay lottavano per il diritto ad esistere in pubblico o in privato. Per guadagnare questi diritti hanno usato un’efficace strategia chiamata assimilazione, che imponeva alle persone omosessuali di sembrare e comportarsi il più possibile come gli etero.
La Mattachine Society e le Daughters of Bilitis lo fecero intenzionalmente negli anni ’50, e probabilmente fu la cosa più aggressiva da fare dire “Noi siamo normali, proprio come voi” in un’epoca in cui la polizia era autorizzata a compiere retate nei bar gay, arrestare chi li sovvenzionava e pubblicare nomi e foto nel giornale del giorno dopo.
In ogni caso, il “Proprio come voi” cancellava letteralmente gay e lesbiche di colore dal movimento e rendeva invisibili i transgender, perché il “Proprio come voi” si riferiva agli uomini bianchi al potere e alle loro mogli, che avevano il potere di convalidare legalmente qualsiasi identità omosessuale.
L’assimilazione fu un successo nel senso che la discriminazione contro le persone LGBT è ora illegale in molte forme, ma creò un “uomo gay accettabile”, bianco e mascolino, che certamente non diceva “caro”. Inoltre creò e convalidò una delle scuse preferite dal bigottismo omofobico, “Mi vanno bene i gay, a patto che non lo esibiscano”, perché all’improvviso ci furono dei gay che non erano “normali”. I gay “normali” oggi scimmiottano gli etero bigotti che giustificano il maltrattamento dei gay in generale con la scusa dei gay “anormali”.
Peter è un gay “normale”, così, quando io ho cominciato a uscire dalla “normalità”, mi ha ripreso in modo molto simile a quanto avrebbero fatto un poliziotto, un istruttore di ginnastica o un genitore negli anni ’50 (e anche oggi, per essere giusti). E anche se sono passati più di sessant’anni dagli anni ’50, questo atteggiamento rimane pervasivo: guardate un qualsiasi sito di incontri gay o app per smartphone e vedrete il nostro contorto retaggio sotto forma di “preferenze” basate sulla gerarchia di ciò che può sembrare tipico di un etero di successo: “mascolino, muscoloso, no effeminati, solo bianchi”.
Anche se non mi sfugge l’ironia del fatto che nessuno di noi è etero, mi preme di più evidenziare quanto sia regressivo tutto questo: stiamo letteralmente contribuendo alla nostra oppressione sostenendo questo bizzarro lascito della misoginia creata negli anni ’50.
Rendiamo le cose più facili a tutti gli LGBT e smettiamola di imitare la parte peggiore dell’eterosessismo. Chi lo sa? Potremmo persino cominciare a sostenerci l’un l’altro. Questa sì che sarebbe una rivoluzione.
Testo originale: What I Learned From Gay Sex: Misogyny and Homophobia
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