Il Pride. L’integrità e la fierezza di fronte alla vergogna
Sermone tratto dal sito della comunità unitariana universalista di Puerto Rico (Stati Uniti), liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Come spesso accade nel giorno del Gay Pride, oggi siamo ben pochi in chiesa. Molti dei nostri membri, gay, lesbiche, bisessuali, transgender ed etero sono in centro a marciare nella sfilata.
Anch’io ho marciato gli altri anni. Ma quest’anno mi tocca essere qui a predicare sul Pride e in particolare sul perché noi unitariani universalisti sosteniamo i diritti LGBT e il Pride da così tanto tempo. Quest’anno abbiamo preso in prestito il concetto di “fierezza” come emblema del mese.
La scorsa settimana ho parlato un po’ sulla fierezza, su come possa essere una cosa positiva nella nostra vita. Oggi voglio parlare più in particolare sulla fierezza come potente strumento politico e personale. Voglio capire con voi cosa abbiamo da imparare dal Gay Pride.
La maggior parte di noi conosce il potere che la vergogna ha sulla vita. La vergogna e la violenza sono i due più potenti strumenti di controllo sociale che esistono nelle comunità umane. Vengono usate per tenerci in riga, per tenerci tranquilli, per maltrattare la nostra autostima e sconfiggere il nostro senso di forza.
Di solito la vergogna viene per prima, sufficiente a tenerci in riga. I bambini sensibili, di buon cuore e creativi sono di solito i primi a sentire i potenti effetti della vergogna. È un qualcosa di sottile, ma molto in fretta i bambini, tutti i bambini, imparano che se piangono o ridono troppo, se preferiscono i giochi intelligenti alla competizione, o sono più teneri che duri, sentiranno il potere e il dolore della vergogna.
Anche le bambine ovviamente provano questo, anche se la nostra società è un po’ più tollerante verso i maschiacci. Tuttavia, se una bambina non si cura del suo aspetto, se vuole riparare un motore invece di diventare una cheerleader, o se preferisce i robot o la pesca alle principesse Disney, imparerà anche lei presto il potere e il dolore della vergogna.
E non dimentichiamoci dei ragazzini che non rientrano per nulla nella dicotomia di genere, quelli che non riescono a inserirsi con nettezza in una casella di genere: essi sentono il potere e il dolore della vergogna ogni giorno, e purtroppo nella maggior parte dei casi si consiglia o si impone ai genitori di essere i primi a obbligare i figli al conformismo di genere.
La vergogna è onnipresente per i gay. Per strada ogni giorno sento i ragazzi che si dicono “Questa roba è gay”. Non intendono dire “felice” ma “stupida”, “brutta”, “imbarazzante” o “inaccettabile”. Nella cultura popolare, dire “Questa roba è gay” è il massimo insulto. Ma la vergogna non è sempre così manifesta.
Crescendo, tendiamo ad essere un po’ più sottili. I miei amici adulti non dicono “Questa roba è gay”. Piuttosto si chiedono perché gli omosessuali devono sbatterti in faccia la loro condizione. Si chiedono perché non possono essere discreti. Voglio dire, che bisogno abbiamo di una sfilata e delle magliette e di parlare tutto il tempo della nostra vita e delle nostre esperienze?
Il reverendo Mrk Belletini è stato uno dei primi pastori UU dichiaratamente omosessuali. Quando uscì dal seminario incontrò molte difficoltà a trovare una congregazione che potesse considerarlo come il pastore fantastico che era, invece di vederlo e temerlo come gay. In seguito, dopo aver trovato un posto in cui lavorare, scrisse questo:
“La vergogna è un modo efficace per farci stare zitti e isolati. Quando qualcuno come Mark parla, tutto questo si interrompe. Quando migliaia di anonimi marciano sotto palloncini arcobaleno per le vie principali di Salt Lake City, tutto questo contribuisce a penetrare negli strati di vergogna che cercano in tutti i modi di soffocare lo spirito.”
Ecco perché so che possiamo tutti imparare qualcosa di importante dal Gay Pride: perché la vergogna, nella nostra cultura, non è riservata ai gay. La vergogna ha mano libera su di noi ogni volta che siamo un po’ “bizzarri”, ogni volta che cessiamo di nascondere il fatto che siamo in qualche modo diversi dalle norme che ci circondano. Il messaggio della vergogna è sempre “Non dovresti farlo sapere a nessuno”. La vergogna taglia fuori la persona da alcune parti di se stessa.
La vergogna ci convince che dobbiamo nasconderci, trattenerci, non far sapere a nessuno che non siamo come i Jones o come chiunque altro. E questo nascondersi, questo trattenersi e specialmente il profondo senso di inadeguatezza che essi fanno nascere danneggiano lo spirito umano.
Lo dico di nuovo, perché penso che sia di vitale importanza. La vergogna danneggia lo spirito umano. Attacca le persone nella parte più profonda del loro essere e le convince che non valgono nulla, che non sono importanti, che non vanno abbastanza bene, che non sono accettabili così come sono.
E questa è una patente contraddizione con ciò che noi unitariani universalisti riteniamo vero. La vergogna non crede nell’intrinseco valore e dignità di ogni persona: infatti, la vergogna distrugge quella dignità.
Ecco perché abbiamo tutti qualcosa da imparare dal Gay Pride. Ecco perché dovremmo ascoltare con partecipazione chi ha trovato la forza di alzarsi e rivendicare la propria dignità di fronte alla vergogna.
Perché la fierezza, la fierezza gay come ogni sana fierezza, riguarda l’integrità. L’integrità che rimette assieme tutti i pezzi di una vita e dice “Quello che sono va comunque bene”. Uno dei miei colleghi, il reverendo Keith Kron, ha predicato un sermone che inizia descrivendo la doppia vita che doveva condurre come insegnante gay. Poi, verso la fine del sermone, benedice gli ascoltatori augurando loro una sola vita, un’unica e integrata vita di integrità.
Quando qualcuno come James Broughton penetra nella vergogna per scrivere le parole che abbiamo udito nella nostra lettura, dovremmo ascoltare. Perché quando lui si è mosso dalla vergogna alla fierezza, non si è fermato lì. Non ha detto “Sono fiero, ora fuori dalle scatole”, è giunto a capire una delle grandi lezioni spirituali: ha capito che ogni persona è divina, ogni persona è un intero universo qui e ora, ogni persona conta ed è sacra. Ha imparato la lezione dell’integrità e della compassione, lezione intrecciata al e rivelata nel viaggio dalla vergogna alla fierezza.
Il reverendo William Sinkford, presidente della nostra Associazione [Unitariana Universalista Americana n.d.t.], che era qui con noi qualche settimana fa per festeggiare, ha detto questo:
“Conosciamo per esperienza le molte benedizioni che gay e lesbiche portano alle nostre comunità e congregazioni. Sappiamo, per l’esperienza che abbiamo vissuto nella comunità religiosa, che le differenze di fede, di razza e di orientamento sessuale non devono dividerci, che le differenze all’interno della famiglia umana possono essere una benedizione e non una maledizione.
Gli unitariani universalisti affermano che è la presenza dell’amore e dell’impegno che noi apprezziamo. Per gli unitariani universalisti è l’omofobia il peccato, non l’omosessualità.”
È la presenza dell’amore che noi apprezziamo e la presenza della fierezza che ci permette di amarci l’un l’altro e di amare gli altri nell’integrità e nell’onestà. Ecco cosa abbiamo in comune con ciascuna delle persone che stanno marciando in centro stamattina, che stanno marciando per l’integrità, per l’amore e la fierezza. Possiamo unirci a loro in spirito, nella lotta per fare più spazio all’amore nelle nostre comunità.
Così sia. Possiamo essere coloro che lo fanno. Amen, Ashé. Sia benedetta.
Testo originale: The Integrity of Pride