Davide, la Boldrini e i diritti degli altri
Articolo del 26 maggio 2013 di Chiara Lalli pubblicato su Giornalettismo
Davide scrive, l’Italia risponde. Davide chiede “solo di esistere”, l’Italia risponde che sì, certo Davide che puoi esistere. A chi si può negare – soprattutto esplicitamente – di esistere? Nessuno lo farebbe, nemmeno il più conservatore e tradizionalista. E di certo non una persona gentile come Laura Boldrini.
È poco più che un ragazzino, Davide. Come non immaginare l’umiliazione che può spingere un adolescente a scrivere una lettera per chiedere l’autorizzazione di esistere?
Quasi tutti, però, accettano che possa esistere a marcia ridotta, con delle eccezioni, con quei “ma” e quei “però” che seguono molti presunti discorsi sull’uguaglianza o premesse fuori tema, sfocate.
“Ho molti amici gay”. Però. Ma. Per una volta che avrebbe fatto comodo un filosofo esistenzialista, non se ne trova manco uno. Perché avrebbe avuto senso suggerire che l’esistenza, forse, non è mera sopravvivenza. Non è la soddisfazione di una pacca sulla spalla, di una pietistica assistenza, di un invito a “non mollare”.
Mi viene in mente l’oscena descrizione della sopravvivenza di Curzio Malaparte in La pelle. “Oggi si soffre e si fa soffrire, si uccide e si muore, si compiono cose meravigliose e cose orrende, non già per salvare la propria anima, ma per salvare la propria pelle.”
L’anima di un paese è fatta dalle leggi – o almeno le leggi sono una parte che ne determina il colore. Se esiste una legge discriminatoria, una legge cioè che ti dice che tu – senza che vi sia uno straccio di ragione – non puoi fare questo e quest’altro, non basta uno strato di cerone per dissimularne l’acne, il colore terreo. L’anima ha la dermatite.
La retorica del caso umano annienta il panorama in cui il caso umano è radicato. Non che in un paese senza leggi ingiuste saremmo tutti felici e contenti, ma almeno potremmo non vergognarci di usare la parola “uguaglianza”. Le leggi non discriminatorie non basterebbero, certo. Le leggi non sono mica una bacchetta magica.
Davide scrive, Laura Boldrini risponde. E lo fa verosimilmente con le migliori intenzioni. Però. Ma. Dietro c’è quel fantasma della uguaglianza, quella vera, quella che non può essere un pezzo o una parte, che è uguaglianza oppure non è. Non è che si può essere un po’ meno uguali.
Dietro c’è quel disturbo dissociativo di un paese che vuole un reato ma non l’uguaglianza rispetto alla possibilità di sposarsi, di adottare bambini, di regolarizzare una famiglia in cui uno solo è genitore biologico e quindi riconosciuto dalla legge. Massì, a piccoli passi.
Massì, forse domani ce ne siamo scordati. E poi nelle riserve non si vive tanto male, no? Basta non alzare troppo la testa e non esagerare. Basta non desiderare i diritti degli altri, di quelli là fuori. Basta non rendersi conto di essere segnati, giusto per sicurezza: se lo conosci non ti uccide. Il circolo viola dell’infetto, dell’untore, se lo conosci lo eviti.
Insomma, Davide, ti difenderemo dagli insulti, dalle parole. Ma non dalla discriminazione giuridica. Non morirai di fame, Davide, ma non potrai avere l’ambizione (l’ambizione?) di gustare una pietanza prelibata, dovrai accontentarti di pizza fredda e birra calda. Ma insomma, Davide, non è mai morto nessuno mangiando solo pizza, no?