«Non ho mai baciato nessuno e non ho mai detto che sono gay»
Articolo del 27 maggio 2013 di Elena Tebano pubblicato su La ventisettesima ora
Lucia* aspetta di andare via e iscriversi all’università per cominciare a vivere. Ha 19 anni e una consapevolezza che impressiona, eppure tutto quello che sa di sé non l’ha mai provato. «Sei la prima persona a cui ho detto che mi piacciono le ragazze», spiega al telefono dal paesino dell’estremo Sud in cui vive con i suoi genitori. «Per me è un enorme passo avanti», aggiunge.
Il primo, da cui è scaturita anche la nostra telefonata, è stato scrivere a Le cose cambiano (il sito che raccoglie i video contro l’omofobia) per ringraziare del progetto: «Mi ha incoraggiata a pensare che ci può essere un futuro di felicità rispetto alla mia vita sentimentale».
Oggi nessuna delle persone che la conoscono, nessuna delle persone che incontra ogni giorno in carne e ossa sa cosa le fa battere davvero il cuore: né i compagni di scuola, né i familiari, né la sua migliora amica. Nessuno. La sua storia mostra quello che succede ogni giorno, tra il silenzio o il troppo rumore degli adulti, a tanti ragazzini gay e lesbiche che crescono nelle province d’Italia, da Nord a Sud. Ce ne sono uno o due in ogni classe di scuola, se si considerano le statistiche secondo cui è omosessuale tra il 5 e il 10% della popolazione.
Spesso se ne parla solo quando succede qualche fatto efferato: suicidi o aggressioni. Nella vita di Lucia, invece, non ci sono tragedie: studia, va d’accordo con i suoi, è una ragazzina assennata. Eppure sperimenta quotidianamente un’altra forma di violenza, una cappa di silenzio che rende più difficile ciò che riconosciamo come il sacrosanto diritto di ogni adolescente: andare incontro a se stesso.
«A 15 anni ho iniziato a provare delle cose che non sapevo cosa fossero. Mi sembrava di essere sola al mondo: l’unica a sentirmi così. Non ne ho mai parlato a nessuno. E non ho mai baciato nessuno», racconta.«Ho trascorso tutta l’adolescenza fingendo di non interessarmi all’amore. In realtà intorno ai 17 anni ho provato dei sentimenti veri verso un’amica. Ma non glielo ho mai detto: sono sicura che non ricambierebbe».
Mentre la su vita “reale” si srotolava quasi senza di lei, Lucia ha cercato risposte altrove. Una, inaspettata, è arrivata dalla tv, grazie a una serie americana che si chiama Glee e va in onda anche in Italia. Racconta le vicende di un coro scolastico in cui si rifugiano tutti i ragazzini di una scuola superiore che per qualche motivo escono dalla “norma”. Uno dei personaggi, Santana, è una cheerleader bella e aggressiva, che considera un punto d’onore sparare cattiverie contro gli altri.
«C’è una puntata in cui Santana fa coming out con la nonna e le spiega di aver passato un sacco di tempo a sentirsi arrabbiata con tutti, perché non riusciva ad ammettere il vero motivo della sua rabbia: provava delle cose per un’altra ragazza. È anche la mia storia: ho passato l’adolescenza a tenere il muso», ammette Lucia.
Nel telefilm manca il lieto fine: la nonna reagisce malissimo. Nella realtà Lucia non ha mai detto niente in famiglia. «Penso che i miei non capirebbero. Di fronte ai loro amici sostengono che per loro non ci sono problemi. Ma quando rimaniamo tra le quattro mura, sento che i commenti non sono per niente positivi. A casa abbiamo sempre ascoltato Tiziano Ferro. Poi nel 2010 ha fatto coming out e ora quando passa il video fanno la battuta: “ah il finocchietto”». Parole dette con leggerezza, magari per abitudine, ma sulla pelle di Lucia rimangono incise a fuoco.
Le parole non sono mai neutre: lei fa fatica anche a pronunciarle. In tutta la telefonata dice “gay” e “lesbica” solo una volta. E suona come un marchio: «Mi spaventa. È come se, quando tu dici di essere gay o lesbica, sia l’unica cosa che arriva. Ho paura che passino in secondo piano i vari aspetti del carattere: io sono molto più di chi mi piace».
È lo stesso motivo, afferma, per cui non si è mai rivolta a un’associazione lgbt: «Mi fa strano riunirsi solo perché si è omosessuali. Un po’ come gli alcolisti anonimi». Allora si è messa a cercare su Internet, «che è più impersonale», in base ai suoi interessi: ha chiesto consigli a un sito lesbico che si occupa di tv e musica e poi ha contattato Le cose cambiano.
A una domanda però non ha trovato ancora risposta, e vorrebbe chiederlo a chi la rassicura dai video: «Tutti quelli che fanno coming out dicono che l’importante è accettare se stessi. Io vorrei poterlo dire apertamente: vivere in una continua bugia non mi piace per niente. E quando sono sola, la maggior pare del tempo sono assolutamente convinta di quello che sono. Ma il problema è dirlo agli altri, perché ho molta paura del loro giudizio. Come si fa a non pensare a quello che diranno gli altri?».
Una risposta importante a Lucia e ai ragazzi più giovani di lei, l’hanno data il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quella della Camera Laura Boldrini nella giornata contro l’omofobia. Non può essere l’unica. Sta a tutti noi continuare a ripetere nelle parole e nei fatti che non c’è niente di male a essere gay e lesbiche. Che sono quelli che li giudicano ad avere torto. Che amare non è mai sbagliato.
*Il nome è di fantasia