L’altra metà del clero. Donna, madre e pastora valdesa
Articolo del 22 maggio 2013 di Sara Macchi pubblicato su listonemag.it
La bambina della pastora valdese ha colori scandinavi e occhi blu Dresda. Con una così ci fanno la pubblicità del BabyJohnson. Giuseppina Bagnato, detta Giusy, catenina con croce ugonotta al collo, la tiene in braccio, come una madonna moderna.
Per un non protestante rappresenta un elemento di rottura incredibile: donna, giovane, sposata, mamma di due bambini e prete, per usare un termine volutamente sbagliato. Laureata alla facoltà valdese, alle spalle studi di teologia ad Amburgo, abita a Ferrara da più di otto anni, insieme al marito tedesco, nato sotto la DDR. “Vi siete conosciuti ad Amburgo mentre scrivevi la tesi” immagino. “No, in un campeggio in Calabria” risponde con un sorriso. Se non li conosci lì, i tedeschi.
La domenica è il suo giorno più lungo: la mattina alle 9 il culto alla chiesa valdese di Felonica, alle 11 tocca a quella battista di Ferrara, in via Carlo Mayr 110/A. Nessuna sorpresa: da anni le chiese evangeliche hanno i pastori in comune. In Italia le differenze teologiche tra i BMV- battisti, metodisti, valdesi, le confessioni protestanti europee- in Italia sono minime.
Le chiese protestanti si assomigliano un po’tutte: panche di legno scuro, pareti bianche, leggio rialzato, croce senza crocifisso. In più una vasca. Ma non deve sorprendere: i battesimi battisti si fanno per immersione e solo da adulti. Come il primo bambino della pastora, che, come racconta “ha il diritto di seguire il suo percorso interiore, di scontrarsi con Dio, se accadrà, e di farci pace, se crede”.
Quello che salta agli occhi di cattolico che varca la porta di una chiesa protestante è la mancanza di immagini. Niente statue di santi, nessuna decorazione. La croce c’è ma spogliata dal corpo sofferente di Gesù “Perché Gesù è risorto – spiega Bagnato con garbo – da quella croce si è staccato, quindi la croce vuole essere un simbolo positivo di speranza.”
Ma chi sono i battisti? Di solito si fa l’esempio di Marthin Luter King a cui è dedicata la sala della chiesa, e il brainstorming che ne risulta è sempre positivo: diritti civili, alfabetizzazione delle fasce più deboli, I have a dream. I protestanti italiani, il cui motto si potrebbe riassumere nelle stesse parole di Giuseppina “ogni cosa va calata nel contesto in cui si vive” si distinguono non poco in ambito sociale e politico.
Animati da uno spirito laico e moderno si sono sempre dichiarati a favore della fecondazione assistita, della ricerca sulle cellule staminali, dell’aborto, del testamento biologico e da anni sono molto impegnati nel tema dell’omosessualità, l’apertura al matrimonio omosessuale e organizzazione di veglie contro l’omofobia sono alcuni dei segnali forti. Proprio l’omosessualità è uno dei temi cari alla pastora.
Uno dei suoi compiti è far visita ai membri della chiesa e durante una delle sue visite pastorali non è raro che la discussione – sempre libera e vivace, dato che non c’è nessuna direttiva imposta dall’alto perché nella concezione protestante nessuno si sostituisce a Dio – verta sul tema dell’omosessualità, e ci vuole la preparazione e il garbo di Giuseppina per discuterne con una signora di ottant’anni. Nel 2009 ha anche avuto l’idea di creare un gruppo di studio biblico sul tema dell’omosessualità con Cristina Zanella, dell’associazione Arcilesbica di Ferrara. Progetto mai andato in porto, purtroppo.
Come sono i rapporti oggi con il mondo cattolico ferrarese? “Ottimi – esclama – in particolare con Don Andrea Zerbini, parroco della chiesa S. Francesca Romana: ci siamo uniti per una predicazione ecumenica insieme al pope ortodosso in occasione della settimana ecumenica a gennaio.” I tempi in cui, nei primi del ‘900, i giornali ferraresi definivano gli evangelici “coloro che sono contro” e nella chiesa battista si predisponeva una cassa mutua per aiutare i membri della chiesa “licenziati dal loro lavoro a causa della loro fede evangelica” sono passati.
Ma qual è stata la reazione dei fedeli della parrocchia alla vista di una donna prete? “Di stupore. E di curiosità. Dalla coppia di anziani a bocca aperta al bambino tutto occhi che alza la mano e ti chiede: ma sei femmina e te lo lasciano fare? Le più entusiaste sono le catechiste. E le suore. Dopo la predicazione una madre superiora mi ha abbracciato e mi ha detto grazie, con gli occhi lucidi. Sai, loro sono sempre lì impegnate in lavori sociali o a cucinare per il prete. In tutti gli incontri ecumenici ho sempre trovato una curiosità sana e allegra, mi sembra un ottimo segnale”.
Tra un cucchiaino di omogeneizzato alla pera e l’altro ripercorriamo un po’ tutti gli shock culturali che si possono avere al contatto con una confessione cristiana che ha fatto la storia dell’Europa dal 1500 in poi (i valdesi sono nati secoli prima, contemporaneamente a S.Francesco). Quello che colpisce di più è la figura della Madonna: il dogma della verginità non è contemplato perché “Maria è vista come una donna del suo tempo, una moglie ebraica che ha avuto altri figli oltre a Gesù, come tra l’altro è scritto nel Vangelo”.
La storia della prima gravidanza della pastora è emblematica: “Ruben è stato concepito prima del mio matrimonio, e questo ha fatto un po’ di scalpore. Ma se si pensa al cristianesimo com’è nato? Da una gravidanza non prevista, non ben accolta dallo sguardo degli estranei. Le benedizioni di Dio non possono dipendere da decisioni umane. E la Bibbia è piena di persone imperfette, fatte di carne, benedette da Dio nella loro umanità imperfetta ed è questa è la cosa più perfetta dell’annuncio del Vangelo”.
Chi sono i membri della comunità ferrarese? Protestanti della zona certo. Ma sempre di più sono i rappresentanti delle realtà evangeliche di tutto il mondo, che vengono anche di passaggio-rumeni, brasiliani, filippini, nigeriani, camerunensi,svizzeri, coreani. La comunità protestante ferrarese, come molte altre realtà protestanti italiane, ingloba quindi culture diverse e diversi modi di intendere la fede. Le confessioni di matrice europea sono ormai molto simili mentre se si considera l’intero mondo evangelico troviamo le posizioni più diverse, dalle posizioni liberali a quelle conservatrici antiaborto.
Le chiese etniche hanno una storia diversa da quelle europee, che discendono o si sono unite nel 1500 alla riforma protestante luterana. E’ necessario un lavoro di integrazione e mediazione interculturale, ed è nata una Commissione apposta. All’estero, in Germania e a Londra, non è così, spiega Bagnato. “Vige la separazione: le black churches da una parte, le chiese filippine dall’altra. Da noi c’è un’unione di fatto. Non è sempre facile perché le differenze sono tante e la chiesa metodista di Bologna sta facendo un ottimo lavoro di integrazione.”
In una chiesa protestante in Italia è quindi comune trovare, gomito a gomito, una giovane famiglia ghanese con i vestiti a festa di ogni colore, pronti a festeggiare cantando e ballando e una signora anziana con il libro degli innari tra le mani, crocchia e occhialetti dorati, composta e muta, con una sobrietà tutta europea.
L’unico segnale che permette di individuare Giuseppina come pastora è la toga. La toga gliel’ha fatta la mamma. I genitori, calabresi, si sono convertiti al protestantesimo in tempi diversi a Catanzaro. Tra l’estate e l’autunno esaurirà il suo mandato, prossima tappa Rimini. La vita di una pastora è sempre on the road.