I cattolici LGBT+ in una Chiesa sinodale
Testo di P. Timothy Radcliffe OP* letto alla conferenza LGBT+ Catholics in a Synodal Church: Voices from a Journey (Cattolici LGBT+ in una Chiesa Sinodale: Voci da un Cammino) il 25 maggio 2024, nell’ambito della celebrazione del 25° anniversario del gruppo pastorale LGBT+ Catholics Westminster (Londra, Gran Bretagna).
Mi dispiace profondamente non poter essere con voi oggi. Conservo ricordi molto felici del tempo in cui ero incaricato di celebrare la Messa per i nostri fratelli e sorelle LGBT+ a Soho, prima che la celebrazione fosse affidata ai Gesuiti di Farm Street. Mi è stato chiesto di dire qualcosa sul posto che i cattolici LGBT+ occupano in una Chiesa sinodale.
Mi spiace che il mio intervento sarà breve, ma sono appena rientrato da un ciclo di conferenze in Italia e Francia e tra pochi giorni partirò per Israele, dove sarò con i Domenicani di Gerusalemme all’École Biblique. A dire il vero, mi sento piuttosto travolto dagli impegni.
Alcuni giorni fa, il Vaticano mi ha chiesto di fare qualcosa che, fino a qualche anno fa, sarebbe stato impensabile. Mi è stato chiesto di scrivere la prefazione all’edizione inglese di un libro di un giovane italiano, Luigi Testa, intitolato The Via Crucis of a gay boy (Via Crucis di un ragazzo gay).
La prefazione dell’edizione italiana, che è straordinaria, è stata scritta da un vescovo italiano, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana. Il libro racconta le sofferenze di Luigi come giovane omosessuale mentre percorre la Via Crucis accompagnato da Gesù. È un testo profondamente toccante. Il libro fa parte di una serie promossa dal Vaticano, dedicata alla teologia che nasce dalle periferie. Questo è un segno della profonda conversione che sta avvenendo nel cuore della Chiesa, mentre essa si apre a chi è stato emarginato e rifiutato, affermando: “Questa è la vostra casa. Siamo incompleti senza di voi.”
Prima del Sinodo, Papa Francesco ha più volte sottolineato che tutti sono i benvenuti. Lo ha ribadito anche lo scorso agosto, in Portogallo, durante la Giornata Mondiale della Gioventù: “Tutti, tutti, tutti! – Todos, todos, todos!” Il suo messaggio includeva le persone divorziate e risposate, le persone omosessuali, le persone transgender. In precedenza, aveva scritto: “La Chiesa è chiamata ad essere la casa del Padre, con le porte sempre spalancate… un luogo in cui c’è posto per tutti, con tutte le loro difficoltà, per accompagnare chi sente il bisogno di riprendere il cammino di fede.”
Quando il Sinodo è iniziato, lo scorso ottobre, molti partecipanti hanno condiviso l’entusiasmo di Papa Francesco nel ribadire che la Chiesa è davvero per tutti. Dovrebbe essere il luogo dove ciascuno può sentirsi a casa. È questo messaggio di speranza e di amore che, venticinque anni fa, ha portato alla fondazione delle Messe per le persone LGBT+.
Durante il Sinodo, questo messaggio è stato ribadito, ma si è percepita anche una certa inquietudine. Alcuni partecipanti si sentivano a disagio persino nel sedersi accanto a padre James Martin SJ, che da anni si batte con coraggio per un’accoglienza calorosa delle persone omosessuali nella Chiesa.
Qualcuno si è persino rifiutato di sedersi accanto a lui. Anche altri di noi hanno avvertito un certo gelo. Eppure, durante il Sinodo, Papa Francesco ha voluto dare un segnale di apertura invitando pubblicamente a pranzo suor Jeannine Gramick e Francis DeBernardo, fondatori del New Ways Ministry. Ho pranzato con loro il giorno successivo e si sentivano profondamente incoraggiati.
Tuttavia, nel documento finale della prima sessione del Sinodo, la Sintesi, il termine LGBT+ è stato eliminato, nonostante sia stato utilizzato in altri documenti vaticani e dallo stesso Papa. Sembrava, dunque, esserci un passo indietro rispetto all’apertura che molti di noi speravano. Tuttavia, l’Assemblea ha votato quasi all’unanimità questa affermazione:
“In modi diversi, coloro che si sentono emarginati o esclusi dalla Chiesa a causa del loro stato matrimoniale, della loro identità o della loro sessualità chiedono di essere ascoltati e accompagnati. Nell’Assemblea si è avvertito un profondo senso di amore, misericordia e compassione per coloro che si sentono feriti o trascurati dalla Chiesa e che desiderano un luogo da chiamare ‘casa’, in cui sentirsi al sicuro, ascoltati e rispettati, senza paura di essere giudicati. L’ascolto è il prerequisito per camminare insieme nella ricerca della volontà di Dio.” (Sintesi, 16.h)
Questa discussione è particolarmente urgente in un mondo in cui, in molti Paesi, l’omosessualità è ancora criminalizzata e disprezzata. Il Sinodo ha cercato di affrontare questa sfida, ma rimane una domanda aperta: come può la Chiesa essere accogliente per tutti senza tradire le culture che ancora non riconoscono pienamente la dignità delle persone LGBT+?
Questa tensione si è manifestata in modo evidente nel dicembre scorso, con la pubblicazione del documento Fiducia Supplicans da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede. Il documento concede ai sacerdoti la possibilità di benedire persone in situazioni definite “irregolari”, come i divorziati risposati e le coppie omosessuali. Papa Francesco ha sottolineato che tutti abbiamo bisogno della benedizione di Dio, mentre cerchiamo di camminare nella carità.
Il dibattito su queste tematiche si inserisce in un panorama geopolitico complesso, in cui alcuni leader politici strumentalizzano la questione LGBT+ per consolidare il proprio potere. La Russia, per esempio, ha fatto della lotta contro i diritti delle persone LGBT+ una parte della sua propaganda culturale e politica, cercando di contrastare quelli che considera valori decadenti dell’Occidente. Ma anche nei Paesi occidentali si assiste a un aumento delle tensioni su questi temi.
Il Sinodo si trova di fronte a una doppia sfida: essere aperto a tutti e, allo stesso tempo, rispettare le diverse culture. Come possiamo portare avanti entrambi questi principi senza creare divisioni? Non si tratta di vincere una battaglia ideologica, ma di discernere come la Chiesa possa essere un luogo in cui tutti gli esseri umani trovino una casa e la gioia del Vangelo.
Una delle immagini che più mi colpiscono è quella di San Pietro in Giovanni 21. Dopo una notte in cui non hanno pescato nulla, i discepoli vedono un uomo sulla riva che dice loro di gettare la rete dall’altro lato della barca. Seguendo il suo consiglio, la rete si riempie fino quasi a rompersi. Pietro trascina la rete a riva, e in essa ci sono 153 pesci, simbolo di tutte le nazioni del mondo. La rete, però, non si spezza.
Così, come possiamo gettare la rete senza spezzarla? La Chiesa è solo all’inizio di questa riflessione, e spero che possiate aiutarci in questo cammino. Vi chiedo di pregare affinché il Sinodo possa aprire i nostri cuori e le nostre menti, sfidando ogni nostro pregiudizio.
* Timothy Radcliffe OP è un sacerdote domenicano e teologo cattolico di fama internazionale. È stato Maestro dell’Ordine dei Predicatori dal 1992 al 2001. È autore di numerosi libri sulla teologia, la spiritualità e la vita cristiana, ed è conosciuto per il suo impegno nel dialogo ecumenico e per il suo approccio aperto alle questioni sociali e morali, inclusa l’accoglienza delle persone LGBT+ nella Chiesa cattolica. Attualmente è coinvolto in conferenze e attività pastorali in tutto il mondo.
Testo originale: LGBT+ Catholics in a Synodal Church