Gay e lesbiche evangelicali alzano la testa
Articolo di Rachel Zoll tratto dal sito della ABC News (Stati Uniti), del 30 giugno 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
C’è chi sta spingendo gli evangelicali [protestanti delle Chiese più conservatrici n.d.t] a cambiare la loro visione dell’omosessualità, e sono pressioni che non vengono dal movimento per i diritti LGBT o da epocali sentenze giudiziarie.
Prima nascosti per timore di essere emarginati, sempre più evangelicali gay e lesbiche parlano pubblicamente della loro lotta per conciliare fede e orientamento sessuale.
Studenti ed ex-studenti delle università evangelicali stanno organizzando gruppi di sostegno per gay e lesbiche, una svolta che nemmeno chi fino a poco tempo fa studiava in questi atenei poteva immaginare. I gay evangelicali pubblicano libri che pungolano i credenti tradizionalisti perché riesaminino il loro concetto dell’omosessualità.
Tra i più recenti è il libro di Jeff Chu “Does Jesus Really Love Me? A Gay Christian’s Pilgrimage in Search of God in America” (Gesù mi ama davvero? Il pellegrinaggio americano di un cristiano gay in cerca di Dio).
A Paul Southwick, un procuratore gay evangelicale che vive in Oregon, si deve un progetto video di sostegno alle persone LGBT, “On God’s Campus: Voices from the Queer Underground” (Nell’università di Dio: voci dall’omosessualità sotterranea), che presenta testimonianze di gay e lesbiche che studiano negli istituti cristiani.
Gli obiettivi di questi attivisti e scrittori sono vari. Alcuni argomentano che i matrimoni omosessuali monogami siano in armonia con la tradizionale visione biblica e sperano di rimanere nelle chiese conservatrici.
Altri sostengono l’insegnamento tradizionale sul matrimonio e si impegnano a rimanere celibi a vita, ma si espongono perché si sentono demonizzati all’interno delle loro comunità.
Qualunque sia l’obiettivo, il loro impatto è innegabile. “C’è sempre più gente come noi che è cresciuta ascoltando certe storie sull’origine della nostra attrazione omoaffettiva che a noi non quadravano” dice Wesley Hill, 32 anni, che insegna in un seminario anglicano conservatore della Pennsylvania, la Trinity School for Ministry, e ha scritto il libro “Washed and Waiting: Reflections on Christian Faithfulness and Homosexuality” (Purificato e in attesa: riflessioni sulla fedeltà cristiana e l’omosessualità).
“Noi vogliamo imbastire delle conversazioni che le generazioni precedenti di evangelicali non conoscono o non hanno voluto conoscere”.
Un’inchiesta recente della Public Religion Research Institute ha rilevato che in totale, tra gli evangelicali bianchi, sette su dieci sono contrari al matrimonio gay. Tuttavia, il 51% degli intervistati più giovani lo approva.
I giovani evangelicali sono cresciuti tra amici e parenti apertamente gay e spesso ritengono che la lotta dei più anziani in favore del matrimonio tradizionale sia di danno alla Chiesa. Comunque è solo negli ultimi anni che gay e lesbiche evangelicali sono diventati così aperti sulla loro omosessualità; in passato era molto più comune, per chi proveniva da Chiese conservatrici, unirsi a denominazioni liberali o abbandonare qualsiasi religione organizzata.
Un recente sondaggio, condotto tra gay, lesbiche e transessuali americani dal Pew Research Center, ha rivelato che il 48% non aderisce a nessuna religione, contro il 20% della popolazione in generale. Tra chi ha legami con un’organizzazione religiosa, un terzo afferma di vivere un conflitto tra credenze religiose e orientamento sessuale.
I leader evangelicali prendono nota. Dopo che la Suprema Corte ha riconosciuto i matrimoni gay, molti di loro hanno reagito non solo rinnovando il loro impegno per il matrimonio tradizionale, ma anche incoraggiando i cristiani che condividono la loro visione a esprimere ciò in cui credono in maniera più sensibile.
Per chi vive al di fuori delle Chiese conservatrici forse questo non conta molto, ma è un cambiamento notevole per i cristiani che pensano che la loro fede richieda di opporsi alle relazioni omosessuali.
“Dobbiamo dimostrare grazia e amicizia a chi sta lottando e nel contempo tenerci saldi in ciò che le Scritture insegnano. Senza nascondere ciò che crediamo, dobbiamo cercare delle opportunità di parlare, costruire rapporti e dimostrare grazia” scrive Ed Stetzer, capo della sezione ricerca della Southern Baptist Convention nel suo blog “The Exchange”.
Una settimana prima, il capo di Exodus International, un’organizzazione cristiana che aiutava i cristiani in conflitto con se stessi a liberarsi delle tendenze omosessuali attraverso la terapia psicologica e la preghiera, ha porto le sue scuse alla comunità gay per aver inflitto “anni e anni di sofferenze non meritate”.
Alan Chambers ha dichiarato di continuare a credere “nella concezione biblica che ritiene che l’intento originario della sessualità sia il matrimonio eterosessuale”. Ad ogni modo l’organizzazione ha chiuso i battenti e Chambers lavorerà per promuovere la riconciliazione tra persone con vedute contrastanti.
Negli ultimi anni sono stati creati più di quaranta gruppi di sostegno per gay e lesbiche nelle università cristiane, secondo la stima di Southwick. Il ventinovenne avvocato ha contattato questi gruppi per il suo progetto video ed è attivo in OneGeorgeFox, il gruppo di sostegno fondato da studenti e laureati della sua alma mater, la George Fox University, un istituto cristiano dell’Oregon.
Pochi dei gruppi sono stati formalmente riconosciuti dalle università, e alcuni di essi si incontrano segretamente al di fuori dei campus, dice Southwick. Le università cristiane hanno in genere delle norme di comportamento che proibiscono il sesso fuori del matrimonio tra un uomo e una donna.
Gli studenti temono che essere pubblicamente identificati come omosessuali – casti o meno – possa mettere a repentaglio il loro futuro scolastico. “L’obiettivo è sopravvivere” dice Southwick. “Se parlate con un qualsiasi studente o studentessa LGBT in quelle università, vedrete che vivono in ambienti veramente ostili.”
Ad ogni modo, almeno una importante università cristiana dell’Illinois, il Wheaton College, ha ufficialmente riconosciuto il suo gruppo di sostegno, chiamato Refuge, quattro mesi fa. Wheaton è conosciuta come la Harvard delle scuole evangelicali: da lì son usciti il predicatore Billy Graham e altri influenti leader.
LaTonya Taylor, portavoce di Wheaton, dice che l’obiettivo di Refuge “è che gli studenti che vivono un’attrazione omosessuale siano seguiti da una comunità cristiana” all’interno dei tradizionali standard biblici “invece di lottare da soli in silenzio”. Altre scuole, inclusa la George Fox, hanno risposto organizzando discussioni su Bibbia e omosessualità, invitando anche oratori che approvano le relazioni omosessuali.
Un altro segno del cambiamento: i gay evangelicali stanno già scatenando reazioni. L’influente rivista pentecostale Charisma ha pubblicato una serie di tre articoli intitolata “Può un cristiano essere gay?” in risposta al recente libro “Torn: Rescuing the Gospel from the Gays vs. Christians Debate” (Lacerati: salvare l’Evangelo dal dibattito tra gay e cristiani) di Justin Lee, fondatore del Gay Christian Network. Lee è gay e vive nella castità ma incoraggia il dialogo tra evangelicali con diverse vedute. Per lui le parti in causa sono i “cristiani A” e i “cristiani B”.
I “cristiani B” credono che gli omosessuali debbano vivere nel celibato a causa del coerente insegnamento cristiano secondo cui il sesso si vive solamente all’interno del matrimonio tra un uomo e una donna.
I “cristiani A” credono che Dio benedica le relazioni omosessuali perché i particolari versetti biblici citati per condannare l’omosessualità non riflettono le nostre conoscenze più avanzate sull’argomento.
Lee ha fondato il suo network come comunità online nel 2001. Da allora è cresciuto ed è diventato un’organizzazione a livello nazionale con base a Raleigh nella Carolina del Nord, che tiene dei congressi annuali che vedono centinaia di partecipanti, dicono gli organizzatori.
Negli articoli della rivista Charisma il predicatore Larry Tomczak scrive di voler fare chiarezza nella confusione causata dagli argomenti di Lee: “Un intero capitolo dell’Antico Testamento fa una lista di alcune attività e le chiama “detestabili”, proclamando in termini non ambigui “Statene alla larga!”.
Il Nuovo Testamento usa cinque termini per descrivere la condotta omosessuale, sia quella maschile che quella femminile: ‘innaturale’, ‘pervertita’, ‘degradante’, ‘vergognosa’ e ‘indecente’” scrive Tomczak. “Non per fare una battuta, ma è tanto difficile da capire?”
Tomczak dice che essere omosessuale è una scelta che disonora Dio. Inavvertitamente, Exodus e altre organizzazioni che promettevano la transizione verso l’eterosessualità hanno avuto un ruolo nell’emergere di gay e lesbiche evangelicali.
Molti di loro che avevano cercato senza successo una “cura” in quei programmi ne sono usciti con enormi dubbi sul modo in cui i cristiani affrontano l’argomento. Laureatosi nel 2005 alla George Fox, Southwick venne incoraggiato dall’ateneo a sottoporsi a una terapia di due anni presso una filiale di Exodus, compresa una cerimonia di laurea che Southwick liquida come “un diploma etero”. Durante il programma conobbe depressione e pensieri suicidi.
Lee, del Gay Christian Network, cresciuto in una famiglia battista, credeva che i gay potessero divenire eterosessuali “se avevano fiducia in Dio e forza di volontà”.
All’università frequentava gli incontri di Exodus e cercava altre organizzazioni dello stesso tipo sperando di essere attratto dalle donne, ma non funzionò. Lee afferma di essere sempre stato casto, perciò il programma centrato sul cambiamento comportamentale non fu di aiuto.
“Ero concentrato sull’attrazione verso le donne. Questo mi portò a farmi molte domande difficili: l’attrazione poteva cambiare? Capii che non poteva” dice Lee.
Il reverendo Russell Moore, capo delle relazioni esterne della Southern Baptist Convention, mette in guardia dalle speculazioni sulla chiusura di Exodus International o sui discorsi a proposito dell’atteggiamento più compassionevole degli evangelicali verso gay e lesbiche.
“Non c’è e non ci può essere nessun cambiamento nell’etica sessuale cristiana. Per noi è questione di fedeltà all’Evangelo” dice Moore, che considera la chiusura di Exodus la fine di un approccio terapeutico sbagliato, che secondo lui prometteva una pronta guarigione che non poteva mantenere.
“A noi piacciono le storie di conversione, ci piacciono risolte in quattro e quattr’otto con un lieto fine, ma non è così che funziona la vita cristiana nelle Scritture”. Moore è però d’accordo sul fatto che i cristiani conservatori stiano almeno affrontando il dibattito sull’omosessualità in modo diverso, con quello che chiama “un dibattito più autentico e onesto sulla sessualità”.
Al Fuller Theological Seminary, un importante istituto evangelicale di Pasadena, California, ha preso forma il gruppo OneTable per dare il via a una discussione aperta su religione e omosessualità.
Lo scorso ottobre il vescovo episcopaliano Gene Robinson, il primo vescovo del mondo anglicano a vivere apertamente con un partner dello stesso sesso, ha parlato agli studenti in occasione della proiezione del film “Love Free or Die” (Ama liberamente o muori) sulle dure polemiche seguite alla sua elezione, nel 2003, a vescovo del New Hampshire.
“Tutti pensavano che ci sarebbero state delle forti proteste, invece è stata una serata fantastica. Le domande che mi sono state rivolte erano assolutamente sincere, profonde e piene di fede” dice Robinson, che recentemente è stato emeritato.
“Molta gente è arrivata piena di certezze e molta gente se n’è andata confusa, il che non è poco”.
Testo originale: Gay, Evangelical and Seeking Acceptance in Church