Se anche la regina è gay friendly
Articolo del 19 luglio 2013 di Giovanni Panettiere pubblicato su Quotidiano
Grazie a una firma la regina Elisabetta è diventata una stella della galassia omosessuale. Almeno per un giorno. Siti e pagine Facebook gay friendly inneggiano all’arzilla sovrana, che, nell’attesa di spupazzarsi il Royal baby in dirittura d’arrivo, ha approvato il Marriage (same sex) couples bill, la legge britannica sul via libera alle nozze omosessuali.
<Questa donna conservatrice ha firmato per la legge sul matrimonio egualitario in Inghilterra e Galles>, recita un post trionfale in cui campeggiano foto di un’Elisabetta raggiante in abiti a tinte forti che sono ormai un marchio di fabbrica di Sua Maestà. Lasciando i vestiti in guardaroba, la firma non rappresenta un fulmine a ciel sereno.
Nel marzo scorso, dopo sessantuno anni di regno, Elisabetta ha sottoscritto la Carta del Commonwealth, un impegno storico per promuovere i diritti glbt e della parità di genere. Questo il passaggio più netto del documento, all’origine del semafore verde sulle nozze omosex: <Siamo implacabilmente contro ogni forma di discriminazione, sia radicata in genere, razza, colore, religione, credo politico o altri motivi>. Succedeva quattro mesi fa, ieri il Regno Unito è andato oltre. E anhe stavolta la regina ci ha messo la firma.
ESULTANO gay e lesbiche, tengono il muso lungo i vescovi cattolici, anche se scartano il muro contro muro. La legge trasforma il matrimonio in un’istituzione nella quale <non è più al centro l’apertura ai figli e, con questa, la responsabilità per i padri e le madri di rimanere insieme per allevarli>.
Così si esprimono, in un comunicato rilanciato dal Sir, il presidente e vicepresidente della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles, l’arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols, e quello di Southwark, Peter Smith. Per i due prelati il sì alle nozze omosessuali non è altro se non <un punto di non ritorno> e <un profondo cambiamento sociale>.
COME precisa l’Osservatore romano, la normativa prevede che i matrimoni dello stesso sesso siano celebrati nei luoghi di culto, tranne quelli anglicani. Durante il dibattito in Parlamento sono, tuttavia, stati adottati alcuni emendamenti che garantiscono alle comunità religiose la facoltà e non l’obbligo di aderire alla legge per quanto concerne appunto la celebrazione delle nozze.
Da qui <la gratitudine> di Smith e Nichols che in passato incappò in una tirata d’orecchie da Roma per i suoi giudizi lusinghieri sulle unioni civili tanto da essere ‘invitato’ a porre fine alle messe gay di Soho.
Resta la preoccupazione per la mancata accettazione da parte di Westminster delle modifiche che garantivano alle scuole cattoliche la possibilità di continuare a trasmettere l’insegnamento tradizionale sul matrimonio come unione tra un uomo e una donna, aperta ai figli. Una rassicurazione a riguardo è arrivata, nella Camera dei Lords, dal ministro dell’Istruzione, quando ha detto che le scuole religiose, potranno non <seguire assiduamente> le sue indicazioni, se esiste una buona ragione per non farlo. E sempre che non preferiscano dare la precedenza a convinzioni di fede.