Christine, una lesbica cattolica nella grande mela
Articolo di Andrea Visconti tratto dal settimanale D di La Repubblica, 15 dicembre 2012, p.82-86
Al matrimonio di Christine Quinn, presidente della giunta comunale di New York, c’era tutto il gotha politico della città. Tra i 275 ospiti che gremivano la sala del Highline Stages, uno degli spazi eventi più cool di New York, nel Meatpacking District, c’erano il sindaco Michael Bloomberg e il governatore Andrew Cuomo.
C’erano anche la senatrice Kirsten Gillibrand e il senatore Chuck Schumer. Non potevano mancare neppure il commissario della polizia Raymond Kelly e il deputato Charlie Rangel.
E poi il vicesindaco Patricia Harris, una dozzina di membri della giunta, e parecchi membri del Congresso di Stato.
La sposa, in abito bianco avorio senza maniche disegnato da Carolina Herrera, è arrivata all’altare al braccio del padre Lawrence. Be’, non proprio l’altare, perché non era un matrimonio religioso: la Quinn, candidata a sindaco di New York, ha preferito un rito civile officiato da Judith Kaye, giudice della Corte d’Appello che, conclusa la cerimonia, ha invitato le spose a scambiarsi il rituale bacio: è allora che la raggiante 45enne Christine e Kim Catullo sono diventate ufficialmente moglie e moglie.
“In accordo con le leggi nello stato di New York e in base all’autorità che rivesto vi dichiaro completamente, assolutamente e permanentemente sposate”, ha detto il giudice mentre gli invitati applaudivano fragorosamente. Compreso papà Lawrence, benché anni prima, quando la figlia aveva fatto il coming out, avesse reagito in modo molto negativo.
Il matrimonio delle due donne – insieme da dieci anni – è avvenuto il 19 maggio scorso, meno di un anno dopo che nello stato di New York le coppie dello stesso sesso hanno conquistato il diritto legale di sposarsi. “Quando fu approvata la legge per la parità dei diritti matrimoniali la gioia era palpabile”, ha commentato la Quinn. “Le paure dei contrari ai matrimoni gay si sono dimostrate infondate. Anzi, c’è nell’aria un senso di gioia e amore, perchè davanti ai nostri amici e alla nostra famiglia possiamo finalmente dichiarare anche il nostro impegno legale, non solo affettivo, nei confronti della persona che amiamo”.
Negli Usa ci sono nove Stati in cui il matrimonio fra due uomini o due donne è equiparato a tutti gli effetti a quello fra coppie eterosessuali. Fra questi i tre Stati – Maine, Maryland e Washington State – dove, a differenza degli altri, il matrimonio gay è stato approvato per referendum popolare, non per decisione del corpo legislativo.
Mentre il 6 novembre scorso (2012) l’America andava alle urne per scegliere fra Barack Obama e Mitt Romney, gli elettori erano chiamati anche a esprimere la loro preferenza a favore o contro il matrimonio fra persone dello stesso sesso. In Maryland il 51,9% ha detto sì, in Maine e Washington la percentuale è stata addirittura del 53%. La battaglia si sposta ora in Oregon, Delaware e Illinois, dove ci sono ottime probabilità che i diritti matrimoniali vengano estesi alle coppie dello stesso sesso.
Nel frattempo, il 6 novembre ha riservato sorprese anche su scala nazionale, perché 118 candidati gay, un po’ dappertutto hanno vinto. Compresa Tammy Baldwin, senatrice democratica in Winsconsin, che è diventata la prima lesbica in Senato. È in questo clima che Christine Quinn, da anni dichiaratemente gay, si prepara a un’agguerrita campagna elettorale. Si è candidata infatti a occupare la poltrona che Michael Bloomberg, dopo tre mandati, dovrà lasciare libera alla fine del 2013. Ci sono ottime probabilità che il primo gennaio 2014, alla guida della più popolosa metropoli americana, ci sarà per la prima volta una donna. E che, se eletta, occuperà Gracie Mansion, la residenza ufficiale del sindaco, assieme a sua moglie Kim.
[ … ] Christine Quinn, pupilla ed erede naturale di Bloomberg (ndr attuale sindaco di New York), convolando a nozze con Kim ha aperto il libro sulla sua vita privata. È una mossa astuta in vista della campagna elettorale, perchè gli americani amano sapere tutto sulle figure pubbliche che li rappresentano e sono sensibili quando i politici proiettano un’immagine di normalità che li avvicina all’elettorato.
Ecco allora che Christine e Kim hanno incominciato a parlare senza filtri di sé e della loro vita insieme. “Mi piace molto cucinare torte, ma detesto sparecchiare”, dice la Quinn rivelando di essere una pessima cuoca. Poco dotata ai fornelli, ha scoperto però qual è il segreto della loro relazione. “Sono le cuffiette per sentire la televisione che mi regalò il papà di Kim. Lei ama leggere, io mi rilasso davanti alla tivù e in questo modo non ci disturbiamo a vicenda”.
La coppia vive in un appartamento nel quartiere di Chelsea insieme a due cagnolini, uno shar pei di nome Sadie e un mezzo labrador chiamato Justin. Solitamente la cena non è mai prima delle 8 e mezzo, tardi per New York, e quando Christine e Kim non hanno voglia di cucinare le si vede spesso da Moonstruck, un coffee-shop sulla Nona Avenue all’angolo della Ventitreesima prediletto dalle lesbiche del quartiere. Lì ordinano a colpo sicuro: polpettone di tacchino. “Anche se c’è un nuovo piatto a base di pollo e formaggio feta che mi attira”, aggiunge Christine, confessando di essere a dieta permanente. Negli ultimi tempi i suoi sforzi hanno dato buoni risultati: è riuscita a perdere 12 chili.
Il weekend è sacro. Hanno una casa al mare a Bradley Beach, in New Jersey, dove la Quinn si sente a casa anche se politicamente è un pesce fuor d’acqua: la villetta con quattro camere da letto e due bagni si trova nella contea di Monmouth, risaputamente repubblicana. Ma lei non viene qui per far politica: viene per riposare e stare vicina ai quattro fratelli. “Questa casa è un punto di riferimento per ritrovarci. Qui vengo per rilassarmi e lasciarmi alle spalle lo stress”. Ironicamente, quando sono a casa loro a Bradley Beach, Christine e Kim tecnicamente non sono più moglie e moglie.
Il New Jersey infatti non riconosce il matrimonio gay e questo è sempre stato motivo di conflitto con il governatore Chris Christie, che lo scorso febbraio aveva usato il suo potere di veto per bloccarne la legalizzazione.
Nella corsa alla poltrona di sindaco della Grande Mela, la Quinn non si posiziona comunque come candidata lesbica: la sua omosessualità fa parte della sua vita privata.
Tuttavia, in una città come New York, dove la comunità gay conta più di mezzo milione di persone, essere un’omosessuale dichiarata non è politicamente sconveniente.
Si è sempre schierata contro l’intolleranza sessuale e, sebbene cattolica irlandese, si è sempre opposta alla Chiesa per le sue posizioni. “Sono quella che sono: cattolica “e” gay. Non ci posso fare granché”, dice.
“Se la Chiesa non mi accetta, non è un problema mio. Perché dovrei abbandonare la mia fede? È la mia Chiesa, sono loro dalla parte del torto. Se dovessi andarmene darei loro ragione”. Coerente con le sue posizioni, ogni anno la Quinn si rifiuta anche di marciare nella parata più importante di New York, quella che si tiene il 17 marzo per San Patrizio, il santo protettore dell’Irlanda.
E la polemica nei confronti del cardinale di New York Timothy Dolan potrebbe costarle cara l’anno prossimo, quando in piena campagna elettorale dovrà trovare il giusto equilibrio fra tendere la mano ai cattolici e non tradire i gay.