La lobby gay in Vaticano è proprio come la si descrive?
Articolo di Andrew Brown, Kate Connolly e Lizzy Davies tratto dal sito del Guardian (Gran Bretagna), del 31 luglio 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Sul volo di ritorno da Rio a bordo dell’aereo papale noto ai vaticanisti come Shepherd One, papa Francesco ha riaperto la questione più urgente del suo pontificato.
Rilassandosi dopo l’enorme successo del tour brasiliano culminato nella celebrazione di una messa che ha visto l’afflusso di tre milioni di pellegrini sulla spiaggia di Copacabana, il pontefice si è recato verso i sedili posteriori del suo aereo parlando a ruota libera ai giornalisti stupefatti sulla vexata quaestio di Vaticano e omosessualità. Per prima cosa ha dato un taglio al disgusto dei suoi predecessori per la parola “gay”.
“Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà chi sono io per giudicarla?” I gay non dovrebbero essere emarginati dalla società, dice prima di affrontare in maniera diretta la questione molto discussa dell’esistenza di una potente “lobby gay” in Vaticano.
Se una cosa simile esistesse, non sarebbe la maggiore forma di corruzione: “Il problema non è avere questa tendenza. Sono fratelli. In questo caso il problema è fare lobby, lobby di persone con questa tendenza, ma potrebbero essere lobby di avari, di massoni.”
Per capire il significato dell’omosessualità per il Vaticano, bisogna sapere che si ritiene che una forte minoranza di preti cattolici sia gay e che questi preti conoscono anche troppo bene l’insegnamento del catechismo che afferma “Gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati”.
Aggiungete a questo la tradizione vaticana di screditare i nemici accusandoli di essere gay, e il risultato è un numero non indifferente di gay non dichiarati in posizioni di autorità che celano segreti potenzialmente pericolosi. Facendo degli atti omosessuali un peccato, la Chiesa ha portato l’omosessualità dall’essere una semplice questione di orientamento sessuale al risiedere nel reame della cospirazione e della politica.
Il problema è aggravato da un documento preparato da papa Benedetto XVI quando era cardinale, che sembra obbligare i preti gay a nascondersi per tutta la vita. Nonostante condanni l’omosessualità come un’attrazione verso “un intrinseco male morale”, gli uomini che riescono a rimanere casti per tre anni probabilmente non hanno un orientamento omosessuale “profondamente radicato”. In un’atmosfera simile non c’è da stupirsi che l’espressione “lobby gay” sia diventata così forte e che quasi tutti siano sospettati di farne parte.
Un recente e prestigioso bersaglio di sospetti era il nuovo rappresentante personale del Papa alla banca vaticana in difficoltà, monsignor Battista Ricca, accusato di vivere apertamente con il suo amante al tempo in cui era diplomatico vaticano in Uruguay, alla fine del secolo scorso. Il papa, sul volo che lo riportava a Roma, ha detto che queste accuse sono risultate senza fondamento e che in ogni caso riguardano solo un peccato che Dio può perdonare e non un crimine.
Questa è non sono un’affermazione della sua autorità sulle malelingue del Vaticano ma anche un tentativo di trattare le persone gay in maniera realistica, in quanto persone. Queste due strategie sono strettamente collegate alla sua lotta per riformare la Chiesa e domare la burocrazia vaticana, conosciuta come Curia.
Il teologo inglese James Alison, lui stesso apertamente gay, calcola che più del 40% del clero cattolico odierno è costituito da gay, ma pochissimi tra loro riconoscono la loro omosessualità o sono a loro agio con essa. Altri osservatori esperti concordano con questa cifra, ma pochi all’interno della Chiesa parlano dell’argomento.
“Il concetto di lobby gay è complesso. Ci sono molti modi di utilizzare l’espressione” dice Alison. All’interno del Vaticano l’espressione si riferisce di solito a chiunque, al di fuori della Chiesa, affermi che essere omosessuali è normale. Un altro significato, dice Alison, è legato a false concezioni del tipo “Questo cosiddetto insegnamento scientifico è semplicemente il prodotto di una potente lobby gay.” Questo mostra che la più grande e potente lobby gay in Vaticano è quella dei gay non dichiarati.
Il vaticanista veterano John L Allen del National Catholic Reporter ritiene che l’espressione, per come viene intesa in Italia, ha una sfumatura diversa dal suo corrispondente inglese. “Se dici ‘gay lobby’ all’anglofono medio, questi penserà… a un gruppo di interesse che persegue degli obiettivi. Ma gli italiani non intendono questo quando dicono ‘lobby gay’.
Quello a cui pensano è un network clandestino di gente del Vaticano che ha degli scheletri nell’armadio, che cerca di scovare i suoi simili, e per quanto riguarda gli italiani, tali scheletri non hanno in certi casi nulla a che fare con il sesso. Se la domanda è ‘Ci sono dei gay in Vaticano?’ allora sì, certo che ce ne sono.
Ma se la domanda è ‘Esiste un qualche tipo di network organizzato di gay in Vaticano che si proteggono a vicenda e che mirano ai propri interessi’ allora posso dirvi che in quindici anni di permanenza non ho mai avuto una prova che ciò esista.”
Secondo Alison, anche il concetto di lobby di gay non dichiarati si rivela complicato. “È un vespaio di armadi chiusi. Non tutti si conoscono. Tutti conoscono qualcuno che conosce qualcun altro. Quindi c’è tutto un… gioco di ricatti. Le persone con la più forte motivazione a mantenere il presente sistema sono coloro che, magari con le migliori intenzioni, hanno optato per il “sacrificio” di quella parte di loro stessi per ciò che ritengono la gloria di Dio.
Si trovano a dover costantemente ripetere quel sacrificio per altre persone, come se l’annichilimento della personalità fosse quello che davvero Nostro Signore vuole. Il loro sacrificio non solo è vano, ma è un monumento all’autodistruzione, indipendentemente dal fatto che la persona in questione abbia o meno avuto dei partner.”
Un altro punto di vista viene offerto dal teologo tedesco David Berger, che per vent’anni ha fatto parte del chiuso ambiente tradizionalista della Germania (Alison nota di sfuggita che il più piccolo gruppo cattolico possibile sarebbe una riunione di preti eterosessuali tradizionalisti). Berger venne denunciato e licenziato dal suo posto di insegnante quando uscì allo scoperto nel 2010 e ora dirige una rivista gay.
“A Roma ho visto che questi network [gay] esistono, ma non per prendere il potere. Il nepotismo basato sull’amicizia comunque esiste in Vaticano. Lo scopo principale di questi circoli è semplicemente avere accesso al sesso senza avere complicazioni. Si paga spesso per avere sesso, ma altrettanto spesso non si paga. Non c’è nessuna cospirazione gay in Vaticano.”
Berger possiede grandi filze di lettere di preti, soprattutto dei Paesi di lingua tedesca, in cui sono raccontate in modo esplicito storie molto complicate di omosessualità e sacerdozio.
Un prete era talmente sconvolto dai tentativi di ricatto e dal suo senso di colpa che si inzuppò di benzina di fronte all’altro sacerdote con cui aveva una relazione e si diede fuoco. Questi morì, mentre il compagno sopravvissuto vive oppresso da un grosso fardello psicologico.
Alcuni osservatori affermano che c’è tutta una generazione di sacerdoti gay anziani che vive in modo meno conflittuale. Un cattolico inglese molto in alto dice: “Ho conosciuto un certo numero di preti gay di quella generazione, che accettavano l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità senza dover affrontare l’odio verso se stessi.
Non vedevano l’omosessualità come fondamentale per la loro identità. Erano gay, punto. Ma quello che era al centro del loro essere è che potevano amare, e lo sorte volle che alcune delle loro più profonde esperienze di amore fossero per altri uomini.”
Questo adattamento a una vita di castità, in cui il sesso non ha alcuna importanza né interesse se confrontato con un amore che sembra non avere bisogno di esprimersi nel sesso, esiste certamente tutt’ora, ed è stato riconosciuto da tutte le persone interpellate dal Guardian. Ma non è facile nell’era attuale.
“Roma è uno degli ultimi posti sulla Terra dove il ‘non chiedere, non dire’ conserva tutto il suo significato” dice Alison. “È una cultura tradizionale monosessuale, proprio come l’esercito britannico lo era nel 1890. Le donne e il sesso sono semplicemente irrilevanti.
Non importa ciò che fai finché non vieni beccato e non causi scandalo. È una notevole sopravvivenza culturale di un mondo premoderno. Ma le persone che lo abitano sono gente moderna. Ecco quindi la dissonanza cognitiva. Ci sono vari modi di sopravvivere: puoi vivere una doppia vita, con tutto il dolore che essa comporta, o puoi scegliere di soffocare la tua vita affettiva e pensare solo alla carriera.”
Bisognerà vedere se papa Francesco riuscirà a maneggiare questa questione che è diventata politica, una conseguenza della quale è che l’accusa di omosessualità rimane una delle forme di attacco più comuni ed efficaci. Talvolta la cosa sfugge di mano.
Un blogger tradizionalista ha bollato l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, come “omosessuale” per aver speso parole cordiali verso il clero gay della sua diocesi. Similmente, una lettera che denunciava per nome un certo numero di prelati tedeschi e austriaci, dentro e fuori dal Vaticano, venne fatta circolare l’anno scorso tra tutti i vescovi di lingua tedesca e i media, incluso il Guardian.
Molti sospettano che i prelati si muovano nell’ambiente gay. Alcuni sono accusati di complicità nelle manovre attorno allo scandalo Vatileaks, in cui il maggiordomo di papa Benedetto venne accusato di passare dettagliate informazioni personali ai giornalisti. Sembra probabile che questa lettera sia parte di un dossier presentato a papa Benedetto in febbraio dai tre cardinali incaricati di investigare nell’affaire Vatileaks.
Come sottintende la sua conversazione sull’aereo, una maggiore onestà nell’atteggiamento cattolico verso l’omosessualità e gli omosessuali deve fare parte di ciò per cui è stato eletto Francesco: riformare il Vaticano. Un compito gigantesco.
Testo originale: Pope Francis: gay priests in the Vatican? Yes. A gay conspiracy? No