Ex trans, ora donna, e il matrimonio che “non sa da fare!”
Articolo di Laura Montanari tratto da firenze.repubblica.it del 19 gennaio 2008
Sandra, ex trans ora donna, si vuole sposare in chiesa. Ma il cardinale Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, taglia di netto con “no!” le sue speranze. E così dopo aver subito il divieto dei cappellani di farla andare a messa, e l´esclusione dalla comunione, come figlia di un Dio minore, ecco un altro no. Certe vite non sono facili nemmeno, si chiede Sandra: «Mi sento come una malata, una tenuta a distanza. Ma perché?». Se qualcuno che crede in Dio ancora c´è, bisognerà che prima o poi risponda alle domande di Sandra e a quelle delle persone che vivono la sua stessa situazione.
«E´ un matrimonio canonicamente nullo. Mi dispiace, ma è così». Il cardinale Ennio Antonelli (n.d.r. Arcivescovo di Firenze) taglia di netto con poche parole messe in fila, la speranza di Sandra che «a sessantatré anni e cinque insuline al giorno» sognava di sposarsi in chiesa. Lei che un tempo lontanissimo era un uomo: «Non sono un trans la prego lo scriva, avevo già forme femminili prima dell´operazione degli anni Settanta, ero già una donna allora, la sente la mia voce? Le sembra quella di un uomo?».
No Sandra no, stia tranquilla. Il cardinale dice che non si potrà celebrare quell´unione con Fortunato, non in una chiesa, non avrebbe alcuna validità. Don Santoro dalle Piagge (prete dell’omonima comunità di base Fiorentina) risponde rifiutando ogni commento.
Invece Sandra parla, si commuove, piange e non promette ribellioni dalla sua casa alle Piagge. «Sono cattolica, cresciuta a Torino alle scuole dei salesiani, mi sto chiedendo cosa posso fare» riflette. Accusa il colpo, si accascia: «Mi sento espulsa, lo capisce vero? Mi sento rifiutata come se il mio credere in Dio non fosse uguale al suo, a quello di un´altra persona qualunque perché è di questo di cui stiamo parlando no?». Si ferma, torna indietro con il pensiero: «Lo sapevo che avevano detto di no, me l´ha detto un parroco qualche giorno fa».
Che parroco, don Santoro? «Non glielo posso dire perché se no lui si arrabbia. Mi ha detto: Sandra il matrimonio che volevi, in chiesa non si può fare. Io ho risposto con le buone maniere, ma mi sento annientata, piango sì piango e poi che vita è questa, ho passato quattordici anni in prigione, mi hanno dato anche il falso ideologico per aver messo una "a" al posto di una "o" sul nome della mia carta di identità. E adesso dovrei vivere con una pensione di 240 euro al mese, venite voi a provare e spiegatemi come si fa se non ci fosse lui Fortunato, il mio compagno da venticinque anni».
Fortunato e Sandra si sono sposati a Sollicciano nel 1983 con rito civile. Si erano incontrati in un altro carcere fiorentino, quello delle Murate nei primi anni Settanta, ed era stato subito amore: «Quando io uscii mi disse: ti sposerò. Ma mi sembrava una battuta. Chi l´avrebbe mai detto?» confessò Sandra a un giornalista molto tempo dopo. «Sono stata educata in una famiglia di credenti – aggiunge lei – e la mia fede non è mai venuta meno, neppure nei momenti più bui.
Con sofferenza, in carcere, ha subito il divieto dei cappellani di farla andare alla messa, poi l´esclusione dalla comunione, come i figli di un Dio minore. Certe vite non sono facili nemmeno quando hai più di sessant´anni e pensi di aver navigato tutte le tempeste: «Mi sento come una malata, una tenuta a distanza. Ma perché?».
Se qualcuno che perdona ancora in giro c´è, bisognerà che prima o poi risponda alle domande di Sandra, e di quelle come lei.