Questioni di cuore. Non ho avuto il coraggio di fare «coming out» e ho rinunciato a vivere
Lettera inviata a Natalia Aspesi* tratta da Il Venerdì di Repubblica del 24 maggio 2013, pag.17
Un suo lettore di Padova scrive di non trovare il coraggio di confessare alla moglie la sua vera natura sessuale che da tempo è riaffiorata in lui (sul N° 1299 del Venerdì).
Il sottoscritto è un uomo settantenne che da più di 35 anni, dopo un esaurimento, si è ritrovato con una natura opposta a quella naturale di un coniuge, anch’io non ho trovato il coraggio di dirlo a mia moglie e ai figli perché troppo giovani e perché temevo di farli troppo soffrire. Ora da anni viviamo come fratello e sorella, da parte mia spero ogni giorno che sia l’ultimo per me.
Pertanto, dato che quel lettore è ancora abbastanza giovane, mi permetto di consigliarlo di spiegare a sua moglie la situazione, cercando insieme una soluzione, parlandosi apertamente e se possibile con tranquillità, altrimenti si avvicinerà sull’orlo della pazzia come è capitato a me.
Varie volte ho pensato di farla finita, ma non è giusto nei confronti di mia moglie, specie quando si ha bisogno uno del- l’altro in età avanzata.
A lei mi permetto di far presente che è vero che non siamo più negli anni 50, ma per chi ha famiglia non è così facile fare «coming out» perché re- stano coinvolti figli e parenti.
Max – Milano
La risposta di Natalia Aspesi
Ecco la storia rovesciata,con la differenza che quest’uomo ormai in età è stato infelice per 35 anni o forse per tutta la vita,
per paura di essere se stesso e dare un dolore ai figli. La faccenda dell’esaurimento lei sa che non è credibile, ma non importa. Certo quando lei era giovane, mettiamo pure 40, 50 anni fa, di matrimoni gay non si parlava, e l’amore tra uomini,
o tra donne, era socialmente sgradito.
Infatti i meno coraggiosi si sposavano, per occultare la loro vera natura, però non rinunciavano ai loro piaceri. C’erano mogli che si angustiavano per l’indifferenza sessuale del marito, altre che capivano e poi sceglievano la separazione, restando in buoni rapporti con chi continuava ad essere l’affettuoso padre dei loro figli.
Due cose le chiedo: più che continuare a desiderare di morire (fortunatamente restando in vita), non era meglio liberarsi dalla menzogna ed essere se stessi? Lei è certo di essere stato un padre e un marito migliore per aver avuto paura di vivere?