Acque agitate. “Non è l’odio ma l’indifferenza”
Riflessioni di Gianfranco Ravasi tratte da Il sole 24ore del 18 agosto 2013, p.23
“Dolce è, quando i venti sconvolgono le acque del vasto mare, contemplare da terra l’altrui fatica”. Ritorno ancora una volta ai classici: è il De rerum natura (II,1-2) di Lucrezio che riecheggia nella mia memoria con un suo distico celebre, mentre dalla mia casa estiva vedo dall’alto scatenarsi sul lago di Como un temporale.
Sottile è il piacere di stare al riparo, mentre intuisci l’affaticamento dei battelli e delle barche sull’acqua agitata.
La metafora è evidente: chiusi nel guscio del nostro benessere, osserviamo con distacco l’arrabattarsi e l’annaspare degli altri. Procediamo sereni lungo una via piana e sgombra, mentre a tanti è riservata una corsa a ostacoli.
Caino reagiva a Dio che gli chiedeva conto del fratello Abele così: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Aveva ragione George Bernard Shaw quando scriveva che “il peggior peccato contro i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza”.