Sui gay “chi sono io per giudicare?”. Le reazioni alle parole del Papa
Articolo di Francis DeBernardo tratto dal blog di New Ways Ministry (Stati Uniti), 4 settembre 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il commento estivo di papa Francesco sui preti gay – Chi sono io per giudicare? – continua a stimolare i commenti degli osservatori cattolici. La quantità di “inchiostro” che è scorsa sull’argomento conferma l’importanza e la forza di questa dichiarazione apparentemente semplice.
L’ultimo commento viene da William Dohar, professore di studi religiosi all’Università di Santa Clara (USA), in un saggio intitolato “I preti gay del Papa”. Dohar fa notare che molti vescovi statunitensi hanno cercato di “contenere” la dichiarazione del Papa, ma la forza di questo messaggio sta nel fatto che si è prodotto una grossa divergenza tra Francesco e il suo predecessore:
“Papa Benedetto XVI, prima da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e poi da pontefice, vedeva l’essere omosessuale, per quanto riguardava i preti come chiunque altro, come un problema. Per essere più precisi… i soli peccati a cui il Papa si riferiva quando discuteva la questione dei preti gay erano le macchinazioni della “lobby gay” del Vaticano, e non perché questi preti, vescovi e cardinali fossero gay, ma perché erano una lobby. Le lobby, per loro natura, non fanno che promuovere se stesse e la loro fazione e Francesco, i cui primi atti da pontefice sono consistiti nell’unire e nell’evangelizzare, non ha tempo per lobbisti egocentrici, che siano gay o meno.”
Dohar rileva anche che la reazione dei vescovi si è rivolta all’omosessualità in generale ma ha evitato l’argomento dei preti gay, sui cui si incentrava invece il commento di papa Francesco: “Ogni vescovo sa di avere dei preti gay nei suoi ranghi; pretendere altrimenti costituisce sicuramente un problema morale tanto quanto il matrimonio omosessuale.
I preti gay lavorano nelle diocesi e negli ordini religiosi come pastori, insegnanti, amministratori, bracci destri, cappellani, liturgisti e predicatori. Anche molti vescovi sono gay. Statistiche precise sono difficili da ottenere perché la grande maggioranza dei preti gay vive nascosta, ma alla luce del lavoro fatto da Donald Cozzens (The Changing Face of the Priesthood, 2000) e altri, stimarli al 50% circa può essere esatto, forse anche di più tra i preti giovani… I vescovi sanno tutto questo e tuttavia pochi sono in grado di parlare con quel candore che il Papa dimostra ogni giorno.”
Forse l’affermazione più provocatoria di Dohar è che nessun vescovo ha fatto eco al commento di Francesco: “Nessun vescovo, nessun leader della Chiesa si è schierato con Francesco e ha detto pubblicamente “Sapete una cosa, il Papa ha ragione. Chi siamo noi per giudicare?”… Non so bene perché pochi o nessuno di loro abbia colto questa opportunità.
Forse perché, anche se colgono il cambiamento di tono di Francesco, è un tono così diverso da quello cui Roma ci ha abituati da decenni che è difficile da cogliere, figuriamoci imitare. Il giudizio verso i gay – e mi limito anche qui ai preti gay che vivono nel celibato – è sempre stato categorico e negativo, fin da quando la parola “omosessuale” è entrata nel lessico vaticano mezzo secolo fa.”
Penso che l’articolo di Dohar sia accurato, tuttavia ci sono stati alcuni vescovi che hanno lodato la nuova direzione presa dal Papa. Ho menzionato alcuni di loro in un mio post precedente. Ecco una citazione del vescovo di Grand Rapids nel Michigan, David Walkowiak: “La Chiesa non ha detto molto sull’omosessualità, e quando l’ha fatto, non ha fatto che ripetere il suo insegnamento.
Questo può aiutare, è vero. Ma il tono usato non è solitamente una fonte di incoraggiamento o sostegno… Noi speriamo che il tono usato dal Papa crei una speranza e un atteggiamento tali per cui se tu entri in chiesa verrai rispettato, sarai accolto e riceverai il sostegno dei sacramenti. La mia speranza è che le persone omoaffettive si sentano più incoraggiate a entrare in una chiesa cattolica.”
La conclusione di Dohar merita di essere riportata per intero, in quanto offre una prospettiva molto positiva per i preti gay e per i e le fedeli omosessuali: “Fino a che i preti gay – e le persone omosessuali in generale – non verranno incoraggiati a comprendere la loro innata bontà e a vedere le prospettive di una relazione d’amore con Dio in quanto persone gay, verranno caricati di un aspro giudizio da parte della loro Chiesa…
Il rifiuto implicito del Papa a giudicare il cuore di una persona gay che sta compiendo un cammino verso il Divino è un riconoscimento del fatto che Dio possa compiere qualcosa di buono nella vita di quella persona, non attraverso il disgusto di se stessa o il silenzio pieno di vergogna ma attraverso la realtà stessa dell’attrazione omosessuale. È una cosa molto problematica per alcuni teologi associare l’omosessualità al bene; dopo tutto non si può esibire fieramente un disordine oggettivo…
Ciò che papa Francesco ha offerto in un modo che è stato definito troppo frettolosamente “del tutto improvvisato” – è ovvio che ha pensato a lungo all’argomento – sono un’apertura e una fiducia che potrebbe spingere altri preti gay a uscire dall’oscurità. I vescovi forse dovranno far appello a tutte le loro forze per trattare la questione con una maggiore onestà, oppure spalancarle le braccia…
Nel frattempo, per il prete gay che soffre perché la Chiesa svilisce la sua sessualità donatagli da Dio ed è spinto a negare una parte essenziale della sua identità, sapere che il Papa preferisce non giudicare è un balsamo di Galaad.”
In chiusura, voglio tornare a quanto Dohar dice sulle parole di Francesco che non erano certo “del tutto improvvisate”, come è stato detto da molti. La settimana seguente le dichiarazioni del Papa mi trovavo ad un incontro di responsabili di comunità religiose maschili americane.
Chiacchierando sull’argomento con un gesuita che era presente all’incontro, questi fece notare una cosa che dovrebbe essere evidente a chiunque: “un uomo non diventa Papa perché dice cose improvvisate. Il pontefice deve sapere che tutte le sue parole vengo scrutate con la massima attenzione, e quindi ogni cosa che dice, specialmente su un tema tanto controverso, viene attentamente ponderata prima di essere espressa”.
Cosciente di questa dinamica, penso che Francesco fosse anche cosciente di cosa stava dicendo, dell’importanza e del valore che avrebbe avuto. Il fatto che, più di un mese dopo, siamo ancora qui ad esaminare queste parole del Papa è un’ulteriore prova del fatto che sapeva esattamente cosa stava dicendo e che quello che ha detto è una grande possibilità di cambiamento.
Testo originale: Why Weren’t Bishops More Supportive of Pope’s Gay Priests Comment?