Due vescovi cattolici si interrogano sul matrimonio omosessuale
Articolo di Francis DeBernardo tratto dal blog New Ways Ministry (Stati Uniti), del 1 settembre 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Due vescovi dagli estremi opposti del nostro vasto Paese hanno recentemente discusso sull’uguaglianza del matrimonio, ed è interessante notare i diversi toni assunti da ciascuno riguardo a questo tema piuttosto controverso per i cattolici. Il vescovo Larry Silva, della diocesi di Honolulu nelle Hawaii, ha conquistato i titoli dei giornali pubblicando una lettera aperta ai cattolici i cui dichiara che opporsi al matrimonio omosessuale è una forma di discriminazione “giusta”. La lettera ha fatto seguito all’annuncio del governatore della probabile convocazione di una sessione legislativa speciale per discutere una proposta di matrimonio per tutti. Nella sua lettera, Silva spiega cos’è la “giusta discriminazione”:
“Le persone omoaffettive sono parte della nostra comunità, della nostra comunità cattolica, e meritano dignità e rispetto. L’ingiusta discriminazione nei loro confronti non è accettabile. Tuttavia, non tutte le discriminazioni – che significa operare delle distinzioni – sono ingiuste… Discriminare tra coppie eterosessuali ed omosessuali riguardo al matrimonio non è, nonostante il battage pubblicitario, una ingiusta discriminazione.”
Stranamente, questa citazione non è la parte peggiore della lettera di Silva. La parte peggiore, a mio avviso, sono le speculazioni sui pericoli che il matrimonio per le coppie lesbiche e gay potrebbe arrecare alla società:
“Se diamo alle coppie dello stesso sesso il diritto legale di sposarsi con il pretesto che la discriminazione che le esclude dal matrimonio è ingiusta, perché non potremmo concedere lo stesso diritto a chi vuole avere più mogli o mariti al tempo stesso? Perché noi contribuenti dovremmo essere esentati dal contribuire alle agevolazioni economiche di tutte quelle mogli e tutti quei mariti? Perché dovremmo discriminare chi decide di sposare la madre o il padre, il fratello o la sorella in modo da ottenere agevolazioni economiche per loro? Una volta che introduciamo la falsa nozione che le coppie dello stesso sesso hanno il diritto di sposarsi, come possiamo ragionevolmente negare lo stesso “diritto” a chiunque scelga di contrarre “matrimonio” con un parente stretto o un minorenne consenziente?… Se il matrimonio omosessuale divenisse “norma”-lizzato, i genitori sarebbero da considerarsi dei bigotti se allevassero le loro figlie in modo che provino attrazione per i ragazzi e viceversa? O i genitori devono essere completamente neutrali e non guidare i loro figli nella scelta di un compagno o una compagna?”
La poligamia e l’incesto sono naturali conseguenze del matrimonio omosessuale? Non credo proprio. Tali speculazioni sono risibili. Ancora più risibile tuttavia è la fine della seconda citazione. Davvero il vescovo pensa che i genitori possano influenzare lo sviluppo dell’orientamento sessuale di una persona o che possano scegliere un futuro marito o una futura moglie? Se questa è la sua impressione, mi sa che dovrebbe prendere qualche lezione sull’educazione dei figli, la sessualità e l’affettività.
All’altro capo del Paese, il cardinale Donald Wuerl dell’arcidiocesi di Washington DC ha scritto un post sul suo blog intitolato “Vogliamo parlare con chi non è d’accordo con noi sul significato del matrimonio”. Il suo saggio tuttavia non adempie la promessa del titolo (non dice mai come parlare a chi sostiene il matrimonio omosessuale). Come potremmo aspettarci, come il vescovo Silva anche Wuerl si oppone al matrimonio per le coppie lesbiche e gay. Il suo tono è in qualche modo più pastorale, ma il post del cardinale Wuerl contiene anche alcuni errori. In un paragrafo dichiara:
“Il conflitto sorge solitamente quando qualcuno preme perché la Chiesa modifichi il suo magistero. Con ciò si intende che la Chiesa dovrebbe riconoscere e persino benedire gli atti omosessuali come normativi. Questo la Chiesa non può farlo più di quanto non possa riconoscere e benedire gli atti eterosessuali al di fuori del matrimonio. A prescindere dall’orientamento sessuale, le persone non sposate sono chiamate a una vita di castità (Catechismo della Chiesa cattolica, 2359). Ad ogni modo, la Chiesa non può dare il suo assenso al cosiddetto ‘matrimonio omosessuale’.”
Come ho detto precedentemente, nessuna delle leggi sull’uguaglianza del matrimonio approvate negli Stati Uniti ha premuto su qualche Chiesa perché cambiasse il suo magistero sul matrimonio. Nessuna di queste leggi ha chiesto a qualche istituzione religiosa perché benedisse le coppie gay e lesbiche. Wuerl dichiara anche che la gente ha una visione del matrimonio che coincide con la sua:
“Tutti riconosciamo che la parola ‘matrimonio’ viene oggi usata in molti modi diversi. Tutto ciò che il governo civile può fare è occuparsi delle conseguenze legali di una specifica unione che ha scelto di chiamare ‘matrimonio’. Ma il matrimonio in sé continuerà ad essere concepito dalla maggior parte della gente come l’incontro di un uomo e una donna che si impegnano a vivere insieme con la possibilità di generare e allevare dei figli.”
Chiaramente, l’ultima frase non è vera. Chiedete a qualcuna delle migliaia di coppie dello stesso sesso legalmente sposate e alla maggioranza di americani che approvano il matrimonio omosessuale se la definizione di Wuerl coincide con la loro. La risposta è no. Anche prima che sorgesse la questione del matrimonio omosessuale, erano presenti nella società molte definizioni diverse del matrimonio. Nemmeno le religioni sono tutte d’accordo su questa definizione. A differenza di Silva comunque Wuerl sembra più incline a considerare la questione dal punto di vista pastorale e non solo politico. In un altro paragrafo afferma:
“Noi siamo seguaci di Gesù Cristo, quindi il nostro messaggio deve consistere in ciò che lui ha proclamato. Il magistero della Chiesa è un magistero di uguaglianza. La Chiesa non propone differenti standard di morale sessuale a seconda dell’inclinazione sessuale. Al contrario, l’insegnamento cattolico sull’omosessualità è lo stesso che è per tutti, ovvero amare Dio e amarsi l’un l’altro nella verità (Matteo 22:36-40; Efesini 4:15; Filippesi 1:27; cf. Gaudium et Spes, 24; Caritas in Veritate, 1-2; Familiaris Consortio, 11 et seq.). Perciò è semplicemente falso accusare la Chiesa di discriminazione, bigotteria o odio per quanto riguarda le persone omoaffettive. Al contrario, la Chiesa li accoglie e li accetta.”
Penso che l’accoglienza di Wuerl sia sincera, tuttavia non penso che sia consapevole che, a causa di dichiarazioni di gente come Silva, molte persone LGBT non si sentono accolti dalla Chiesa cattolica. Penso che questo renda ancora più urgente per i cattolici pro-LGBT essere ancora più accoglienti nelle loro relazioni con le persone LGBT. Un ultimo dettaglio del pezzo di Wuerl: anche se non le chiama per nome, sembra aprire uno spiraglio alle unioni civili o a qualcosa di simile:
“Le unioni di persone che scelgono di vivere insieme per un grande numero di ragioni sono una cosa, e queste potrebbero essere ufficializzate con effetti civili in modo da beneficiare chi fa parte di queste unioni.”
I due vescovi farebbero molto bene ad ascoltare e parlare con delle coppie lesbiche e gay e con dei single per apprendere un po’ di cose sulla realtà della loro vita. Tali conversazioni li aiutaerebbero ad evitare gli errori da loro fatti nel discutere il matrimonio omosessuale.
Testo originale: A Tale of Two Bishops