L’omosessualità in Marocco è ancora un tabù
Articolo di Mohamed Alaoui pubblicato sul sito Le360 (Marocco) il 22 maggio 2013, liberamente tradotto da Domenico Afiero
L’omosessualità rimane un tabù in Marocco, la cui società avanza verso la modernità ma la tradizione e la religione musulmana, però, si oppongono duramente a ogni cambiamento sociale.
Gli osservatori sostengono che le autorità marocchine hanno recentemente dimostrato, in due processi per omosessualità, che la libertà individuale contrasta sempre le leggi del codice penale del regno che reprimono e sanzionano le relazioni eterosessuali fuori dal matrimonio, l’omosessualità, il consumo d’alcol e il non rispetto del digiuno in pubblico.
Scandalo a Souk Larbaa
A Souk Larbaa, 140 km a nord di Rabat, la giustizia marocchina ha condannato due uomini alla reclusione e al pagamento di ammende per omosessualità.
In questa città, due mogli hanno denunciano i rispettivi mariti dopo averli trovati a letto insieme. Le due donne sono cadute dalle nuvole affermando, in tribunale, di non «aver mai avuto il minimo sospetto dell’omosessualità dei mariti».
I due uomini sono stati condannati a tre anni di reclusione . Un cittadino di Souk Laarba, intervistato da noi di Le360, dice che la religione musulmana è «contro l’omosessualità. L’islam lo vieta. E’ vero, l’omosessualità è praticata da secoli, ma con molta discrezione ».
A Temara, 15 km al sud della capitale, due gay sono stati condannati a quattro mesi di reclusione. Gli osservatori commentano che, se la sentenza è stata giudicata morbida, il processo fornisce in sé dei segnali e conferma che la società marocchina sanziona decisamente l’omosessualità.
Le famiglie dei condannati non hanno gradito l’attenzione al processo. I difensori degli imputati hanno rifiutato di presentarsi alla stampa, ma hano auspicano di essere citati con l’anonimato.
Dopo il processo, i due avvocati hanno spento i cellulari , rifiutando di commentare la sentenza. Infine, un impiegato del tribunale si è detto sorpreso dell’interesse che la stampa estera ha dedicato alla vicenda e ha sentenziato, aggredendo in viso il nostro corrispondente,: «E’ una vergogna. Che Dio vi perdoni!».
Un giurista marocchino, che rifiuta di rivelare la sua identità, dice:«In Marocco, come in tutte le società del mondo, esiste l’omosessualità, ma la legge la reprime e grida: guai a chi afferma di essere gay in pubblico. Bisogna scegliere tra anni di galera e la clandestinità».
A Rabat, un dirigente amministrativo , tirando in ballo un altro argomento , afferma convintissimo: «In Francia, paese laico, paese cristiano, paese libertino, i Francesi non riusciranno sempre a cavarsela con un problema del genere che li affatica». E un attore sottolinea:« Immaginiamo che un uomo si avventuri a mangiare in pubblico durante il Ramadan. E’ la realtà: quell’uomo sarà linciato».
Lo scrittore Abdellah Taïa, omosessuale, è uno dei pochi a difendere pubblicamente l’omosessualità in Marocco. Il romanziere ha appena realizzato, in Francia, un film d’ispirazione autobiografica adattando la sua opera L’esercito della Salvezzza, pubblicata nel 2006 . Nel romanzo A. Taïa racconta i ricordi della sua infanzia e della sua adolescenza , come pure il suo risveglio sessuale.
Altre priorità
Ahmed El Haiej,il nuovo presidente dell’Associazione marocchina dei diritti umani (AMDH), ricorda che «l’omosessualità è un fenomeno presente nella storia dell’umanità, la si pratica ma non è riconosciuta».«L’omosessualità è una problematica che l’opinione pubblica sa spiegarsi come fenomeno. Eppure, vi sono vari dibattiti pubblici che la evocano anche se è oggetto di numerosi aneddoti, ma l’omosessualità rimarrà sempre argomento tabù che la legge sanzionerà nelle società che si ispirano ai principi islamici».
Molte persone, intervistate da Le360, sostengono che il Marocco di oggi pensa molto ad altre priorità e giustificano questa preoccupazione. Questi intervistati alludono alla parità tra uomo e donna, alla lotta contro lo stupro o alla pedofilia e ,infine, allo sviluppo socio-economico.
Najat Anwar, presidente dell’associazione “Touche pas à mon enfant” (NdT, Non toccare mio figlio), è contenta che la lotta contro la pedofilia dà i suoi frutti.
«Cominciamo a vedere la fine del tunnel, ma vi è un ritardo nell’applicazione di una disposizione della nuova Costituzione che insiste sul ruolo della società civile marocchina come collaboratrice delle istituzioni del governo». La presidente , poi, conclude dicendo: «Bisogna adeguare la legge marocchina alle convenzioni internazionali in materia dei diritti del bambino».
Testo originale: Homosexualité au Maroc, ce grand tabou