Ora sono una persona migliore. Tre storie di coming out cattolici
Articolo di Bob Shine tratto dal blog New Ways Ministry (Stati Uniti), del 11 ottobre 2013, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’11 ottobre è la Giornata nazionale del coming out. Nonostante l’accettazione verso le persone LGBT si diffonda sempre di più, il cammino del coming out rimane difficile e sacro per molti. Bondings 2.0 (un blog gay cattolico) propone diversi passi tratti da racconti di coming out pubblicati recentemente sul tema “coming out e cattolicesimo”.
Per primo incontriamo Jonah Saribay, un omosessuale proveniente da una tradizionale famiglia cattolica filippina, che ha raccontato la sua storia su Honolulu Civil Beat, parlando dello sviluppo del suo coming out e dell’influenza su di esso della discussione sul matrimonio gay.
“Nel suo secondo anno al liceo Farrington nel 2010, Saribay viveva un conflitto. Aveva nascosto il suo orientamento sessuale per anni, e ora cercava di convincere se stesso e i suoi amici di essere bisessuale. ‘Ero così infelice che non vivevo la vita che volevo.
Ero gay, e volevo vivere una vita da gay.’ Verso la fine dell’anno scolastico trovò finalmente il coraggio di rivelare ai suoi genitori una cosa di se stesso che conosceva da lungo tempo. E quando lo fece, grande fu la sorpresa: accolsero bene la notizia e dissero di amarlo senza riserve. La sfida più grande per Saribay era ‘accettare me stesso. Da anni cercavo di uscire dal guscio.’”
In mezzo alla possibile approvazione, da parte del parlamento hawaiiano, del matrimonio per tutti, Saribay ritiene che legalizzare il matrimonio delle coppie omosessuali faciliterebbe il coming out di numerosi giovani LGBT, sviluppando l’accettazione sociale che lui ha ricevuto nella sua famiglia cattolica e conservatrice.
Approvare il matrimonio omosessuale potrebbe anche frenare il bullismo e i maltrattamenti che così frequentemente i giovani subiscono a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere. Potete leggere altro materiale su come il sistema educativo delle Hawaii stia lavorando in vista di questi scopi e la corsa dello Stato verso l’uguaglianza dei diritti sul sito del Civil Beat.
Per seconda abbiamo la storia di Derek Schell, il primo giocatore maschio apertamente gay del basket universitario, che ha scritto un racconto del suo coming out per OutSports. Nel suo saggio Schell tocca i temi della sua educazione cattolica, della sua fede cristiana e della sua rinnovata passione per lo sport. Dopo aver parlato della sofferenza provata nella sua giovinezza passata in una zona conservatrice degli Stati Uniti, Schell passa a scrivere della decisione di uscire allo scoperto e di quanto sia grato di averlo fatto:
“Avendo sperimentato gli estremi opposti dell’omofobia e dell’amore incondizionato, ho imparato moltissime cose da moltissimi tipi di persone e non mi sono limitato a un solo modo di pensare. All’inizio è stata dura ma poi mi sono ritenuto fortunato… Non solo la vita è troppo breve per badare alle aspettative che la gente si fa su di te, ma sei tu a decidere che atteggiamento scegliere e quale la reazione a chi ti circonda…
Talvolta i momenti più oscuri della vita sono la sola porta che conduce ai momenti migliori, quelli che volevi assaporare e vivere per vedere… La mia proposta per voi che leggete è essere onesti con voi stessi e con i vostri sentimenti. Dio non fa errori. Smettete di dire che state bene.
Potete essere quello che siete ed essere comunque degli atleti. Potete fare tutto quello che volete e vivere la vita bellissima che avete immaginato. Dovete trovare la pace mentale sapendo che state offrendo il meglio di voi stessi al mondo. Siate coraggiosi. Siate amore. Ma più importante di ogni altra cosa, siate voi.”
Ultimo, Daniel Reynolds, membro dello staff di The Advocate, scrive di come la sua identità cattolica abbia avuto un’influenza positiva sulla sua esperienza di coming out. Reynolds ha cominciato come chierichetto all’età di sette anni e parla della fede nei miracoli che gli venne inculcata durante la sua istruzione religiosa:
“Mentre crescevo in età e statura e la mia veste bianca mi stava sempre più piccola, cominciai a capire di essere attratto da Matteo, Marco, Luca e Giovanni (proprio nel senso biblico). All’epoca fu una rivelazione terrificante. Mentre mi preparavo per la cresima, il sacramento che chiede a un giovane o a una giovane di essere leale alla Chiesa, ritenevo la mia sessualità un ostacolo insormontabile alla mia ammissione nel gregge… Attorno a quell’epoca avvenne qualcosa di miracoloso.”
Il miracolo fu Antioch, un gruppo giovanile che Reynolds frequentava due volte all’anno, in cui gli argomenti tabù venivano discussi durante dei ritiri del fine settimana e che lo portò poi ad uscire allo scoperto:
“Per la prima volta nella mia vita ero entrato in un circolo in cui ero tenuto al segreto su ciò che sentivo. Attraverso Antioch e la mia parrocchia ricevetti una delle più possenti e durature lezioni della mia giovinezza: la consapevolezza che l’altra gente lotta con il dolore e la responsabilità della comunità di aiutare i suoi membri a vincerla. Prima di conoscere Antioch avevo rivelato il segreto del mio orientamento sessuale a uno o due amici fidati…
Cominciai a capire che raccontare la mia storia sarebbe servito a qualcosa. Nel mio cuore sapevo che altri nel mio gruppo dovevano stare affrontando la medesima lotta, oppure conoscevano o erano parenti di una persona nella stessa situazione. Tenendo questo a mente decisi di uscire allo scoperto di fronte alla mia parrocchia: pensavo che fosse quello che Dio voleva da me.”
Reynolds fece il suo coming out in parrocchia e venne calorosamente accolto dal centinaio di persone presenti, incluso il parroco. Ora le critiche che Reynolds riceve vengono spesso dalla comunità LGBT che non riesce a capire il suo coinvolgimento nella Chiesa cattolica. Mentre conferma tali critiche Reynolds conclude:
“Ma la verità è che la Chiesa cattolica fa parte delle ragioni per cui oggi sono apertamente gay. Mi ha aiutato a diventare una persona migliore. Forse la mia esperienza è l’eccezione più che la regola ma non posso fare a meno di credere che l’amore e il sostegno da me ricevuti in quel locale quel giorno, e che continuo a ricevere dai miei amici cattolici, superino di molto le parole di vecchi sconosciuti a Roma.
Devo ancora trovare una ragione valida per abbandonare la fede che ha guidato i miei genitori, i miei nonni e i miei antenati verso una stella brillante… Per un gay cattolico le parole del nuovo papa sono un segno di speranza.
Forse, prima che io muoia, la Chiesa riconoscerà la santità del matrimonio omosessuale. O forse no. Nel frattempo devo coltivare il mio nuovo equilibrio di fede e amore. Sono gay e sono cattolico. E dopo tutto, i miracoli accadono tutti i giorni.”
Sul Winona Daily News, John Rupkey chiede a ciascuno e ciascuna di noi, omosessuale o etero, qualcosa di importante oggi. Richiamando sia le ferite che la gerarchia omofoba infligge alla comunità LGBT sia quelle che vengono dai sacerdoti gay che si nascondono, Rupkey si rivolge ai laici:
“L’undici ottobre è la Giornata nazionale del coming out. Vorrei suggerire che in quel giorno il popolo non gay di Dio pensi a uscire allo scoperto a sostegno del popolo gay. Uscire allo scoperto non vuol dire cantarsela e suonarsela da soli; il primo passo è uscire allo scoperto con se stessi.
Quando gli hanno chiesto se approvasse l’omosessualità, papa Francesco ha risposto con una domanda: ‘Ditemi un po’: quando Dio guarda una persona gay, approva con amore l’esistenza di questa persona o la rifiuta e la condanna?’ L’undici ottobre, come risponderete a questa domanda?”
Testo originale: Reflecting on ‘Coming Out’ to Celebrate National Coming Out Day