La morte di Gesù, così simile a quella di tante persone LGBT (Mc 15:33-39)
Riflessioni bibliche di David K. Popham pubblicate su The Bible In Drag (Stati Uniti) il 5 aprile 2012, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
“Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso. Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!».” (Marco 15:33-39)
Gesù è morto come una persona lesbica, gay, bisex e trans (LGBT). L’odio, il ridicolo, il disprezzo, la rabbia, l’umiliazione, le percosse: non c’è quasi differenza tra le dinamiche della morte di Gesù e la vita e la morte di innumerevoli persone LGBT. In quanto pastore sono abituato a parlare di “morte serena” o di “trapasso sofferto”. Con Gesù, e con altri che sono morti dopo aver subito degli abusi, dobbiamo usare il termine “vittima”. Qui la morte di Gesù riguarda da vicino la comunità LGBT.
Tra le persone LGBT circola una semplice verità: ci troviamo spesso alla mercé della supremazia eterosessuale. Privi di potere ed emarginati, siamo vittime di un atteggiamento e di una cultura che ci considera persone sacrificabili. I romani dicevano di Gesù “Un ebreo di meno al mondo, che sarà mai!”; il mondo etero dice di noi “Un frocio di meno al mondo, che sarà mai!”.
La storia dovrebbe finire qui, loro gli eterni oppressori e noi le eterne vittime. Eppure la morte e resurrezione di Gesù suggeriscono che questa situazione di stallo può essere sbloccata. Oltretutto è la vittima che ha il potere di farlo. Solo la vittima può perdonare il carnefice: la società non può perdonare il carnefice, il carnefice non può perdonare se stesso, solo la vittima ha il potere di perdonare e di schiudere un futuro che spezzi il circolo della violenza.
Da un punto di vista cristiano, in Gesù il Sacro diviene la vittima dell’ansia e dello scontento del mondo. In Gesù il sacro, in quanto vittima, ha perdonato il mondo per il suo violento scoppio d’ira. Io non sono Gesù. Sono profondamente ferito quando vengo sminuito in quanto gay.
Il mio sentimento di disperazione e di orgoglio ferito pretende di ripagare il male con il male. Sono pronto a combattere e punire con tutta la ferocia a cui posso fare appello. Il perdono non è nelle mie corde. Come gay credente lotto con l’invito a ripagare il male con il bene. È dura perdonare quando la società insiste nel condannarmi. Così io lotto ai piedi della croce…
.
Testo originale: Jesus Died A Queer’s Death (Mark 15:33-39)