La mia chiesa mi addolora!
Riflessione di Bruno Renaud tratta da Adista Documenti N°84 del 2007
"Mi addolora la mia Chiesa, che parla di dialogo, ma che lo pratica così poco. Che parla di ricerca di riconciliazione e pace, ma è costantemente giudice e parte ad un tempo. Che parla di morale e applica tante volte la doppia morale. Che invita al perdono, ma non è per niente disposta a chiedere perdono per i suoi stessi peccati ("e quando mai abbiamo commesso errori noi prelati?"). Sì, mi addolora la mia Chiesa, ma …".
Mi addolora la mia Chiesa, guidata da un gruppo di uomini poco vincolati alle grandi speranze dei poveri. Sono maschi (nessuna donna, come si sa), guardiani della religione (non necessariamente dell’amore), vigilanti severi del tempio, dei buoni costumi e dell’ordine. Sono dignitari che spesso hanno dimenticato la loro origine semplice: la (de)formazione sacerdotale e, in essa, le ambizioni umane li hanno modellati sullo spirito di questo mondo.
Si lamentano di una mancanza di libertà nel progetto politico venezuelano, ma se c’è un posto in cui si respira poca libertà è nel loro soffocante ambito ecclesiastico.
In questo piccolo mondo, non tutti i vescovi (e meno ancora i sacerdoti) accettano di buon grado le parole della gerarchia che ha definito “immorale” il progetto di riforma; ma che faranno, che diranno? Per non parlare dei battezzati, mai consultati.
Mi addolora la mia Chiesa, ossessionata dai demoni del socialismo del XXI secolo e incapace di discernere tra il passato e la speranza. I suoi chierici leggono nel nuovo progetto socialista, senza fare una piega, quello che non c’è: il presunto marxismo-leninismo. “È inevitabile”, gridano i vescovi.
Così fanno gli avversari della fede, identificando a priori la Chiesa del XXI secolo con gli orrori reali delle crociate o dell’Inquisizione, o con i tragici errori sociali e politici della Chiesa del XX secolo.
Forse la risposta episcopale dovrebbe consistere nell’avvicinarsi a cuore aperto a quanti sono in basso, alla base, per “evitare il marxismo-leninismo”; e, partendo da un’altra sensibilità, i pastori sarebbero meglio situati per avanzare eventuali critiche. Ma saranno capaci di trovare, un giorno, altri consiglieri e di lasciarsi guidare dalla fiducia invece che dalla paura e dall’odio?
Mi addolora la mia Chiesa, che parla di dialogo, ma che lo pratica così poco. Che parla di ricerca di riconciliazione e pace, ma è costantemente giudice e parte ad un tempo. Che parla di morale e applica tante volte la doppia morale. Che invita al perdono, ma non è per niente disposta a chiedere perdono per i suoi stessi peccati (e quando mai abbiamo commesso errori noi prelati?).
Sì, mi addolora la mia Chiesa. Ma non ne ho un’altra!