Il Papa, Fioroni e le coppie di fatto
Lettera con risposta di Furio Colombo pubblicata su il Fatto Quotidiano del 24 dicembre 2013
Caro Furio Colombo, Renzi o non Renzi, nuovo o non nuovo, appena qualcuno prova a dare diritti ai conviventi (vade retro se si tratta di gay), entra la forzuta pattuglia dei “veri cattolici” e brandisce la sacralità della parola (matrimonio) usandola come scusa e minaccia.
E di nuovo siamo a uno squallore unicamente italiano. O tipico di certi Stati islamici che impongono la religione come legge.
Vittoria
La risposta…
Credo che a Renzi vada dato il riconoscimento di avere nominato ciò che il Pd per anni ha reso innominabile, le coppie di fatto, gay o non gay, e i loro diritti, che si chiamino in un modo o in un altro.
Certo, non ha coinvolto tutto il partito. Finora i cosiddetti laici, del Pd sono sempre usciti con le mani alzate e hanno lasciato che i “forconi” retorici ma politicamente minacciosi di Fioroni e Binetti scorrazzassero su tutto il territorio disponibile, fingendosi in preda a crisi mistiche o voti di obbedienza.
Erano i tempi in cui il Vaticano come Stato, e non solo la Chiesa attraverso i vescovi, si occupava in dettaglio della politica italiana, nomine e operazioni finanziarie incluse (solo per clienti che ardevano di fede, naturalmente).
Era il tempo in cui venivano indicate le persone che contano (che devono contare) in tutti i settori della vita pubblica.
Tutto ciò spiega la gran folla di manager e di leader politici di tutti i livelli (chi per entrare, chi per salire, chi per restare, chi per spiccare il salto) che si affollavano intorno alle loro eminenze, alle feste comandate e facoltative e a dir bene di ogni papa e di ogni vescovo con slancio sincero, perché forte (e comprensibile) è l’amore per se stessi.
Ora che Renzi pronuncia la frase semi-blasfema “coppie di fatto”, che potrebbe anche includere i gay, la mobilitazione è pronta, trasversale, intransigente come la fede. Qualcosa però è successo sul versante fede che, d’ora in poi, darà qualche problema ai finti credenti.
Poiché un requisito essenziale di qualunque carriera è piacere al Papa, come farà questa gente a piacere a questo Papa?
No, non prendetemi per uno così ingenuo da estrapolare troppi significati dalla frase di Francesco “chi sono io per giudicare?”, Francesco che ha un modo bellissimo di stare tra la gente, non è in procinto di cambiare la dottrina.
Ma la riporta a un grado di civiltà che l’Italia, dal fascismo in avanti, non ha mai conosciuto: il fatto che la Chiesa non fa le leggi dello Stato e lo Stato non si rivolge alla Chiesa per sapere qual è, punto per punto, il giusto comportamento.
Adesso ci accoglie tutti il gran sorriso di Papa Bergoglio che nella politica italiana non entra e non vuole entrare, perché lui è il Papa, e quel tipo di veri credenti gli interessano poco.
Meno, molto meno degli scampati di Lampedusa e dei barboni con cui celebra il compleanno, della signora a cui raccoglie la borsetta, dei bambini che gli giocano con lo zucchetto mentre lui fa il discorso. Temo momenti difficili per i Fioroni e le Binetti di tutto il mondo. Certo per quelli italiani.