Andare oltre la comunità dei prescelti da Dio (Isaia 42:1-9)
Riflessioni bibliche* di Angela Bauer-Levesque, Mary Foulke e Robert Griffin tratte dal progetto Out in Scripture (Stati Uniti), del gennaio 2008, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Nelle varie epoche gli studiosi hanno fatto molte congetture sull’identità del servo in Isaia 42:1-9. Emergono due interpretazioni: una identifica il servo con un individuo eroico, l’altra con Israele come collettività.
I lettori contemporanei, che inclinano verso la seconda ipotesi, possono sostituire il popolo di Israele con le comunità LGBT che troviamo nel nostro ambiente. Potremmo quindi chiedere, con Israele, come ci poniamo in quanto scelti da Dio, in quanto diletti dell’essere di Dio (l’ebraico nefesh ha un significato più olistico di quanto suggerisca il termine anima), dotati dello spirito di Dio (versetto 1).
C’è molta gioia in questo passo, la gioia che si trova nella lotta. Un Dio dall’identità femminile prende per mano un “tu” femminile (versetto 6).
I confini di genere sono diventati fluidi. L’obiettivo della lotta, ovvero “stabilire il diritto sulla terra”, è tutto ciò che conta: la giustizia per tutti, ovunque (versetto 4).
Questa promessa universale offre speranza, anche se alcuni possono pensare che l’imparzialità di Dio (vedi anche Atti 10:34) sia difficile da tollerare, perché significa che Dio è imparziale anche verso le persone LGBT.
Chiaramente permane la tensione tra la promessa universale di Dio e la sua scelta di un popolo in particolare. Questa scelta è stata a lungo concepita come un privilegio, che ha provocato violenza e terrore, con molte vittime.
Cosa cambierebbe se noi concepissimo tale scelta come un essere amati? Una tale teologia offre delle ricche possibilità, togliendo enfasi alle supposte qualità di chi è amato e sottolineando invece il dono di grazia dell’amore stesso.
Purtuttavia l’idea della scelta solleva serie questioni, come quella su chi viene escluso dalla scelta ed escluso dall’amore. Il passo di Isaia aggiunge un importante criterio, l’essere portatori di giustizia: ciò ci induce ad affermare che se noi amiamo, compiamo la giustizia. Sentirsi amati aumenta l’autostima e, di conseguenza, la capacità di agire in maniera giusta e di estendere l’amore oltre la ristretta cerchia dei prescelti.
– Cosa significa il battesimo per voi? In che modo potrebbe connettervi agli altri o, al contrario, separarvi dagli altri?
Matteo 3:13-17 è il passo che connette i nostri passi. Il battesimo viene presentato come un atto che produce uguaglianza. In un contesto cristiano questo rituale annoda e riconferma dei forti legami. Dall’altro lato, nei contesti ecumenici e interreligiosi il battesimo è talvolta visto come una barriera posta davanti alla propria identità.
Il Salmo 28 (29) è stato scelto per il suo legame con il battesimo di Gesù; come nel racconto di Matteo, qui “il Signore tuona sulle acque… sull’immensità delle acque” (versetto 3). Ma le parole potenti del salmo, che tuonano sulle acque, non dichiarano benedetto un solo individuo, bensì dimostrano la potenza di Dio, la sua maestà e la benedizione che effonde su tutta la creazione.
Ma cosa vuol fare Dio con tutta quest’acqua? Cosa sottintende il battesimo, un rito che segna l’inclusione in, o l’esclusione da, una comunità di persone prescelte, riguardo coloro che non entrano in acqua? In che modo esprimiamo apertura verso le altre fedi?
Quali rituali potrebbero marcare l’operare di Dio al di fuori della comunità dei battezzati? I doni dello spirito di Dio e dell’amore divino sono gli esiti rituali del battesimo di Gesù.
Il risultato è che anche noi diveniamo agenti dello spirito, della misericordia e della giustizia di Dio nel mondo, una parte del patto battesimale che spesso e volentieri ci dimentichiamo.
Che differenza scorgiamo nella nostra vita di fede allorquando viviamo veramente il nostro patto battesimale? Come credenti LGBT battezzati siamo chiamati a non svicolare dal nostro patto battesimale. Anche se esistono coloro che cercano di spingerci fuori della comunità, noi siamo la comunità dei battezzati, noi siamo amati. Il nostro battesimo ci chiama a lavorare per diffondere le sue benedizioni a tutto il corpo di Cristo.
A noi sembra che queste benedizioni includano il matrimonio e l’ordinazione per le persone LGBT che vi sentono la vocazione, ma alle quali questi riti sono negati. Al tempo stesso siamo chiamati a guardare al di là della nostra comunità di prescelti per vivere in carità e giustizia con i figli di Dio di tutte le religioni e tutte le fedi.
– Se non siete battezzati, che cosa in questa conversazione vi invoglia a cercare il battesimo o, al contrario, rifiutarlo? Se vi battezzaste, quale differenza ci sarebbe nel modo in cui considerate gli altri o agite nel mondo?
La nostra preghiera
Fratello Gesù, che nel tuo battesimo
ci hai lasciato un segno del tuo amore e della tua accoglienza
fa’ che ti invochiamo, così da onorare la tua chiamata
che possiamo sempre percepire la nostra preziosità ai tuoi occhi
spingici a condividere il dolore di chi vive ai margini
facci promuovere, in ogni ambito della vita,
la dignità e la libertà di ogni essere umano.
Nel tuo santo Nome ti preghiamo.
Amen
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI
Testo originale: Human Rights Campaign: Out in Scripture