Tante storie diverse, un unico tema: “scoprirsi gay”
Articolo di Flavia Accorsi pubblicato sul sito Psychologies (Francia), liberamente tradotto da Marco Galvagno
L’hanno sempre saputo o hanno avuto una relazione per caso durante un incontro. Con i loro dubbi e le loro messe in discussione, tutti evocano una voce interiore che cresce fino a diventare una certezza. Laurent, Simon, Florence, Max e Philippe offrono la loro testimonianza.
“Non mi sono svegliato una mattina dicendomi: Sono omosessuale”. Credo d’averlo sempre saputo anche se non so spiegare né il come ne il perché. Da quando mi ricordo mi sono sempre sentito diverso dagli altri ragazzi. Quando a 14 anni ho preso una cotta per il maestro di vela, è stata come una prova.”
Vincent non ha vissuto la scoperta della propria omosessualità come una rivelazione. Evoca una coscienza diffusa e precoce della propria diversità: “Le mie reazioni e i miei interessi non avevano niente in comune con quelli degli altri maschietti della mia età e questo già da quando avevo 4 o 5 anni, non è casuale il fatto che mi dessero della bambina.
Max, al contrario, non ha dimenticato lo schiaffo morale che ha impressione di aver ricevuto 15 anni fa, quando la sua presunta eterosessualità è crollata. “Ero studente con i miei amici, sono andato in una discoteca alla moda dove c’erano molti gay. Durante la serata mi sono lasciato corteggiare da un ragazzo stupendo. È stato come un fulmine nella mia testa, mentre cercavo di mantenere il controllo e respingere le sue avances mi rendevo conto di non aver mai desiderato una persona con tanta intensità”.
Il turbamento è stato così potente che Max ci ha messo ben due anni prima di desiderare di avere una relazione omosessuale. Che lo si sia sempre saputo di essere gay o che si abbia avuto una rivelazione, le difficoltà ad accettare questa scoperta sono di uguale intensità, anche se di tipo diverso, dato che sentirsi gay fin dalla più tenera infanzia comporta delle sofferenze, ma anche rimettere in discussione da adulti ciò che si è costruito non è una passeggiata.
Questa messa in discussione radicale della propria vita Simon l’ha vissuta a 42 anni. Dirigeva un’azienda, era sposato e aveva dei figli ed era molto noto nella sua zona. A un certo punto, in pochissimo tempo ha buttato tutto all’aria per trasferirsi a Parigi con Cris, un cuoco californiano.
“Non ero certo un donnaiolo, ma le donne non mi facevano nemmeno schifo. Prima di Cris non avevo mai avuto relazioni omosessuali. Ci siamo incontrati ad un torneo di tennis ed abbiamo subito fatto amicizia. Ci siamo visti come amici per circa due mesi e poi una sera, tornando da una partita, mi ha invitato a mangiare qualcosa a casa sua, è stato come il clic di un revolver, da allora non ci siamo mai lasciati.
Questo incontro ha concretizzato tutto ciò che avevo sempre desiderato sia a livello sessuale che affettivo e relazionale, si può dire che fino ad allora la mia vita era stata imprigionata.
Mio padre era un vero macho, sarà per quello forse che avrò respinto fin da bambino probabilmente il mio vero orientamento sessuale. È strano, però recentemente mi è tornato un ricordo di quell’epoca che avevo dimenticato da molto tempo: agli scout un mio amico mi aveva dato un bacio per farmi vedere come si baciava e ricordo che quel bacio mi aveva procurato una emozione intensa.
Ancora oggi a dire il vero non so se sono fondamentalmente gay o no, ma per quanto riguarda la mia relazione con Cris va tutto a gonfie vele, cito sempre la frase di Montaigne: Sarà perchè sono io, sarà perchè è lui…’”
Un incontro, una certezza che cresce sempre più, fantasie erotiche ricorrenti, la scoperta della propria omosessualità può rivestire molti volti. Florence ricorda di avere avuto fantasie lesbiche durante i rapporti eterosessuali.
“Ci ho messo del tempo a capire e ad ammettere di essere lesbica. All’inizio ho avuto tre storie etero, ma rapidamente mi sono resa conto che per provare piacere dovevo pensare a delle donne. Ma non facevo il legame tra questa cosa e la mia omosessualità, pensavo di essere perversa. Ho saltato il fosso a 22 anni quasi per caso, è stato con la baby sitter dei figli di amici dei miei.
Aveva 24 anni, ci ha provato con tanta insistenza che mi son detta perché no? Quando abbiamo iniziato a fare l’amore sono stata subito scossa in tutti i sensi esteticamente, fisicamente, nei sensi. Ero sollevata e morta di paura per ciò che stavo scoprendo su me stessa. Ma per dichiararmi agli occhi degli altri e ai miei mi ci è voluto un viaggio a San Francisco e un soggiorno nella comunità gay locale. È là che tutti i miei dubbi, le mie paure e le mie inibizioni sono svanite”.
Per Florence, come per molte donne, la prima esperienza omosessuale è stata intensa e ricca di emozioni come per i gas maschi, ma a differenza di loro le donne non sentono d’aver sconvolto la propria esistenza, gli uomini invece avvertono in maniera più forte il senso della trasgressione delle norme e delle aspettative sociali. Forse questa differenza si potrebbe spiegare con il fatto che l’omosessualità femminile è socialmente più accettata di quella maschile in Francia.
Philippe: “Credevo di essere gay, ma mi sbagliavo. Romain era al contempo mio fratello e il mio idolo, ma credevo di essere gay, invece mi sbagliavo. Come essere sicuri?” Se c’è una domanda inevitabile, almeno i primi tempi, è quella sul carattere definitivo del proprio orientamento sessuale. Un’unica esperienza gay, anche se soddisfacente, non fa testo, soprattutto se è avvenuta per caso, per gioco.
L’adolescenza è un periodo di ricerca di sé. Molti giovani sono turbati dall’assenza di punti di riferimento. Allora come identificare chiaramente la propria omosessualità, mentre è attiva la bisessualità psichica? Come fare a capire la differenza tra una semplice fantasia e un vero e proprio desiderio? tra un’attrazione passeggera e l’espressione profonda del proprio essere? “Sono passato attraverso un periodo difficile durante il quale ho creduto di essere gay” spiega Philippe.
“A 17 anni provavo sentimenti fortissimi verso il mio miglior amico e ne ero un po’ turbato. Romain era mio fratello, ma anche il mio eroe, ma ricordo di non aver provato desideri fisici nei suoi confronti, ma mi dicevo che forse provavo una forma di omosessualità. Qualche mese dopo, la prima volta con una ragazza ha messo fine a questo turbamento, mi sono reso conto di essere davvero eterosessuale”.
Questa attrazione affettiva ma non erotica per una persona del proprio sesso viene chiamata omofilia, lo psicanalista Cristophe Parmentier la vede come una delle maggiori fonti di confusione sul proprio orientamento sessuale.
Philippe Brenot, autore del libro Médecins de l’amour (Zulma, 1998) ne cita un’altra: l’omoerotismo. Il primo approccio al corpo dell’altro con carezze, toccate e masturbazione reciproca avviene tra persone dello stesso sesso. Una tappa ricorrente prima del passaggio alla sessualità adulta, che poi sarà orientata secondo il percorso psicoaffettivo verso l’omosessualità o verso l’eterosessualità, a seconda dei casi. Questa fase omoerotica inizia a 10 anni e si conclude definitivamente a 20 anni, ma può prolungarsi ulteriormente per soggetti immaturi.
Laurent si ricorda delle fantasie omosessuali che aveva negli spogliatoi della sua squadra di calcio. Evoca un desiderio pulsionale che era diretto sia verso i ragazzi che le ragazze, al punto che credeva di essere bisessuale. “Ho l’impressione che la mia omosessualità sia come un fiume sotterraneo che è andato man mano facendosi strada nel tempo. Ho avuto esperienze sessuali etero di cui non ho un brutto ricordo.
Ciò che è strano è che se la prima esperienza gay non è stata così indimenticabile dal punto di vista erotico, invece dal punto di vista emotivo è andata al di là di tutto ciò che avevo vissuto fino a quel momento ed ha avuto per me il valore di una conferma”.
Al di là della diversità delle esperienze emotive, sentimentali ed erotiche vissute, sembra che l’unico criterio che fonda la certezza del proprio orientamento sessuale sia quella del vissuto emotivo.
Che siano uomini o donne, che la loro rivelazione sia stata precoce o tardiva, la maggior parte delle persone evoca una voce interiore che cresce fino a diventare una certezza. Come un’evidenza che finisce con l’imporsi una volta che abbiamo accettato che la nostra sessualità sarà diversa da quella della maggioranza.
La difficoltà ad accettare ciò che si è porta molti adolescenti e giovani adulti gay a chiedere agli psicoterapeuti una correzione di ciò che viene vissuto come anormale o a trovare rifugio nel rifiuto e nella repressione delle proprie tendenze. A questa sofferenza se ne aggiungono altre, come il rifiuto brutale da parte della propria famiglia dopo aver fatto coming out.
Anche le famiglie cosiddette aperte e tolleranti spesso mandano messaggi contraddittori su questo tema. Ecco perché Xavier Pommereau, psichiatra autore del libro Quand l’adolescent va mal (J’ai lu, 1988) consiglia ai giovani che scoprono la propria omosessualità di non cercare sistematicamente l’appoggio della propria famiglia, anche nel caso in cui questa potrebbe essere accogliente.
È inutile aspettarsi un aiuto esterno quando non accettiamo noi stessi. Uno dei lavori da fare su se stessi potrebbe essere parlarne a uno psicoterapeuta, non per correggere una sessualità cattiva ma per avanzare più liberamente e serenamente per la propria strada.
Simon, 30 anni, omosessuale da sempre, candidato all’oscar del “Gay Best Friend”, ha sempre collezionato storie d’amore complicate e idee cattive, come quella di innamorarsi sistematicamente di eterosessuali. Una fatalità che finirà quando si innamorerà di una delle sue migliori amiche.
Se Simon è nato dalla penna ironica dello scrittore americano John Raster, le “conversioni” di gay ci sono anche nella vita reale, ma non è la magia dell’amore a far cambiare le cose. Si cambia per due cause: 1) Il ritorno a un eterosessualità che era stata mascherata o contrastata; 2) l’astinenza volontaria da pratiche omosessuali.
Delusioni o fallimenti nelle relazioni eterosessuali, così come la confusione tra omofilia ed omosessualità vera e propria o il prolungamento della fase omoerotica possono portare la persona ad avere rapporti omosessuali, ma basterà un nuovo incontro eterosessuale determinante per scatenare il ritorno all’eterosessualità.
Al contrario, nel caso di un’omosessualità fondamentale la conversione è solo apparente, non si smette psichicamente di essere omosessuali perché ci si astiene dai rapporti gay. Questa astensione può avvenire per varie cause: l’incapacità ad accettare socialmente la propria omosessualità, o la concretizzazione di fantasie eterosessuali che anche i gay hanno, o più spesso il desiderio di avere dei bambini e di fondare una famiglia.
Testo originale: Le jour où j’ai découvert mon homosexualité